Vincitore del National Book Award, “Blackout” di Justin Torres è un sovversivo incastro letterario di storie e testi, un’operazione di riscrittura e restituzione dell’immaginario queer, un romanzo che travalica i confini del genere, una riflessione sul potere delle storie e della letteratura come riparazione dei torti della storia dell’umanità…
È arrivato in italiano per Einaudi Stile Libero, con la traduzione di Gianni Pannofino, Blackout di Justin Torres, il libro vincitore del National Book Award 2023, il premio assegnato alle opere di letteratura americana di maggiore qualità.
Così come il libro vincitore del 2024, James di Percival Everett (qui la nostra recensione), Blackout è un’opera di altissimo valore letterario. Alla base c’è un’idea di letteratura viva, la volontà dell’autore di travalicare i confini del romanzo per dare origine a un oggetto testuale ibrido, fatto di tanti testi diversi e immagini.
Ancora più importante è il valore sociale da attribuire a tale “oggetto ibrido”, un uso ammirevole delle storie come costruzione di una contro-narrazione, per dare voce ai soggetti delle comunità più marginalizzate.
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Nel mezzo del deserto, in un luogo decadente, il Palazzo, il narratore, un giovane americano di origini portoricane, fa visita a un vecchio signore moribondo. Si sono conosciuti in un ospedale psichiatrico già dieci anni prima, un diciassettenne e un adulto, entrambi omosessuali e quindi segnati dallo stesso destino.
Il vecchio amico si chiama Juan Gay e ha intenzione di lasciare in eredità al ragazzo (che chiama in spagnolo nene, bimbo) una moltitudine di documenti e di ricerche personali sullo studio dell’(omo)sessualità, affinché possa unirli in una grande opera che faccia chiarezza sulla storia autentica della cultura queer.
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Con un meccanismo narrativo che ricorda Le mille e una notte, la dipartita del vecchio è ritardata dal racconto di storie e di incontri omosessuali. A sua volta, Juan illustra al giovane il fulcro della sua scoperta, un testo critico in due volumi intitolato Sex Variants: A Study of Homosexual Patterns.
Si tratta di una ricerca risalente al 1941 e diretta dal dottor George W. Henry, a capo di una Commissione per lo studio delle varianti sessuali. In realtà, la ricerca fu condotta nei fatti da Juan Gay (nome fittizio per Helen Reitman), lesbica e pioniera degli studi di genere che intervistò più di trecento soggetti queer in tempi in cui l’omosessualità era considerata una malattia mentale.
Lo studio dimostra la mentalità dell’epoca; il nome di Juan Gay fu oscurato dalla Commissione, così come furono annullati i suoi tentativi di demitizzare l’identità delle persone queer.
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In Blackout si susseguono pagine estrapolate dalla ricerca con delle visibili cancellature in pennarello nero volte a eliminare il giudizio patologizzante dei medici della Commissione. In un affascinante gioco metaletterario, secondo un’idea postmoderna di arte come finzione, non sappiamo mai se le cancellature siano opera di Juan o dell’autore stesso.
Torres riesce così nel duplice tentativo di gettar luce sulla censura dell’omosessualità nel passato e far rivivere la dignità delle persone queer attraverso un’operazione altamente letteraria di “blackout poetry”. Le pagine di una brutta storia dell’umanità diventano così poesie della cancellazione, frammenti di parole che illuminano e restituiscono un senso alla marginalizzazione delle minoranze.
Il dialogo tra Juan e il narratore fa emergere i temi più profondi delle persone queer, quali l’ossessione e il disprezzo per il corpo, il desiderio di privarsi del desiderio (o “il liberarsi dal desiderio di liberarsi”), la libido come unica difesa contro la sofferenza derivata dalla stigmatizzazione.
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Per il giovane, un ventisettenne latino “in fiamme”, l’incontro con il vecchio è un’occasione per capire di più sé stesso e la contro-cultura queer. Di riflesso, per l’autore delle poesie, la scrittura immaginativa è dichiaratamente “un tentativo di appagamento libidinico nella fantasia”, non espressione di un caso isolato né di un disadattamento sessuale, ma il risultato della tendenza degli esseri umani a rivelarsi inevitabilmente in tutto quello che leggono e scrivono.
In conclusione, Blackout è un sovversivo incastro letterario di storie e testi, un’operazione di riscrittura e restituzione dell’immaginario queer, un romanzo che travalica i confini del genere, una riflessione sul potere delle storie e della letteratura come riparazione dei torti della storia dell’umanità.
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