Percival Everett ha riscritto un classico della letteratura come “Le avventure di Huckleberry Finn” (in finale al Booker Prize 2024). Il risultato? “James” è un romanzo epico nel senso più avventuroso del termine, che fa uso della satira e del registro comico per gettare luce sulle grandi contraddizioni su cui è fondata la società (e la letteratura) americana…

È arrivato anche in Italia James (traduzione di Andrea Silvestri), il nuovo romanzo di Percival Everett, pubblicato da La Nave di Teseo, uno dei migliori libri dell’anno secondo diverse testate Usa, e tra i sei libri che si giocheranno la vittoria del Booker Prize 2024.

L’autore, finalista al Premio Pulitzer con il suo precedente romanzo (Telefono, 2021), è attualmente sulla cresta dell’onda dopo l’ Oscar vinto da American Fiction, il film tratto da un altro suo romanzo (Cancellazione, 2001). Lo stesso James, tra l’altro, è stato opzionato dalla casa di produzione di Steven Spielberg (per la regia sarà impiegato probabilmente Taika Waititi).

Percival Everett è una delle voci di spicco della letteratura americana contemporanea, in ogni suo libro sperimenta nuovi generi, nuovi stili, nuove suggestioni letterarie.

James è un’operazione di riscrittura del romanzo-origine di tutta la letteratura americana, secondo Hemingway: Le avventure di Huckleberry Finn di Mark Twain. Ma nel passaggio da Twain a Everett le nuove avventure non appartengono solo a Huck, ma anche allo schiavo Jim.

James, libro di Percival Everett

Grande ammiratore di Twain, Everett ha eseguito una perfetta riscrittura restituendo la stessa ironia nel racconto e, allo stesso tempo, il senso di innocenza e avventura del personaggio di Huck, ma aggiungendo spessore e problematicità grazie al punto di vista del “negro fuggitivo”, lo schiavo Jim.

James è infatti il vero nome dello schiavo. Il romanzo ripercorre due incredibili fughe, quella di Jim, per liberare se stesso e la sua famiglia dalla schiavitù, e quella di Huck, per scappare dal padre violento, una fuga in realtà metaforica, poiché rappresenta il percorso di formazione di un ragazzo e, allo stesso tempo, dell’America che verrà e delle sue contraddizioni: la ricerca della libertà, l’individualismo, l’insofferenza per le istituzioni, il razzismo e la fragilità della democrazia.

Come Twain, anche Everett utilizza la satira per rappresentare l’America di oggi. Se in Cancellazione, l’intento era quello di mettere in mostra gli aspetti più surreali del politicamente corretto nel mondo editoriale, in James la rappresentazione della schiavitù attraverso i pensieri e le azioni dello schiavo fuggitivo Jim permettono di guardare con nuovi occhi la storia americana e il problema intrinseco del razzismo.

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Entrare nella testa di Jim significa che, per la prima volta, l’identità dello schiavo non è legata a ciò che pensa la comunità bianca, ma a ciò che pensa lo schiavo di se stesso, come si relaziona alla sua stessa condizione.

Il meglio di Everett sono le scene e i dialoghi brillanti, pieni di inventiva, in cui per la prima volta leggiamo e quindi vediamo e sentiamo quello che non abbiamo mai potuto leggere: un nero che parla con altri neri, un nero che prova sentimenti per la moglie e la figlia, uno schiavo che non è definito dal suo essere schiavo, che può finalmente permettersi il lusso di provare rabbia, ansia, dolore. Un nero che non dà fastidio se accompagnato da bianchi, ma un nero che da solo rischia di essere impiccato. E ancora, un nero che può anche essere in grado di leggere ed essere istruito.

Jim scopre infatti il potere salvifico della letteratura e della scrittura: è su un taccuino, annotando pensieri e sensazioni, che può dar voce alla propria interiorità e liberarsi dalla condizione di schiavo. Sono suggestive nel romanzo le conversazioni immaginarie sulla razza e l’uguaglianza con i filosofi che legge: Voltaire, Rousseau, Locke.

James è ricco di scene toccanti, tristi o profondamente umane. I personaggi che incontra il protagonista nel suo cammino sono invece lo specchio dei lati peggiori dell’umanità, come ad esempio il gruppo di musicisti bianchi che per intrattenere altri bianchi si dipingono la faccia di nero per sembrare autentici schiavi neri che cantano le folcloristiche canzoni delle piantagioni. Non mancano i due furfanti, personaggi che si trovano anche nel capolavoro di Twain, il Duca e il Re, due imbroglioni opportunisti che mettono in luce tutta la cattiveria e l’individualismo più sfrenato della società americana.

Le avventure di Huckleberry Finn

Lo schiavo Jim restituito da Everett si libera dall’etichetta di schiavo per mostrare il suo lato umano, nella sua impotenza verso i soprusi dei bianchi, nella tenerezza che prova per Huck, nella rabbia e nella vendetta messa in atto nelle scene finali. Jim è infatti due persone insieme: lo schiavo fuggitivo nero che parla come tutti gli schiavi, in modo sgrammaticato e, allo stesso tempo, Jim è James, il suo vero nome, un padre di famiglia, un marito, un uomo, una persona in grado di cogliere l’ipocrisia di tutti, bianchi e neri compresi.

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L’intuizione di Everett è mostrare la performance messa in atto da Jim nel momento in cui si trova a interpretare, e quindi a subire la sua condizione di schiavo e nero, e lo scarto che percepiamo quando invece pensa e agisce come un uomo libero.

In James, il colore della pelle cambia la prospettiva e detta i comportamenti dei bianchi. Ma con una scena, Everett è capace di ribaltare i codici del razzismo: per assurdità Jim non è abbastanza nero rispetto ad altri neri e quando viene assoldato dai musicisti in blackface finisce per sembrare un bianco che sta imitando un nero.

Everett cancella i confini tra le razze e ristabilisce l’uguaglianza in un surreale e intelligente gioco di specchi che conferma il suo talento nel raccontare in modo originale e anche piacevole una storia ancora attuale dopo 140 anni.

James è in sintesi un romanzo epico nel senso più avventuroso del termine che fa uso della satira e del registro comico per gettare luce sulle grandi contraddizioni su cui è fondata la società e la letteratura americana. E così Jim diventa James.

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Fotografia header: Percival Everett nella foto di Michael Avedon

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