“Il tema centrale del libro è proprio il mondo che fa da sfondo alle varie vicende, e l’elemento fantastico risiede non tanto nella sua forma, quanto nel modo in cui al suo interno la fisica e la filosofia arrivino a spiegare le cose…”. Su ilLibraio.it la riflessione di Bruto Tosatti, finalista del Premio Calvino 2018, che racconta “Talib, o la curiosità”: il viaggio del protagonista, gli spunti letterari e dalla cultura pop, le sue considerazioni sul genere fantasy…

Talib, o la curiosità (Tunué) è un romanzo d’avventura umoristico scritto e ambientato nel XVIII secolo in un mondo parallelo al nostro.

La storia narra le numerose peripezie di Talib, un lucidatore di pomelli partito alla ricerca di un diamante grande quanto la testa di un toro. Durante il suo lungo viaggio, il protagonista conosce una serie di personaggi che, come lui, stanno tentando le imprese più bizzarre: c’è un arpista che cerca tra i suoni della natura le note giuste per comporre la propria musica, una compagnia di esploratori che va a caccia dell’animale più grande del mondo (nella fattispecie una salamandra), un saltimbanco che spera che un enorme lombrico lo conduca all’Eldorado, un burocrate che tenta invano di far pagare le tasse a una tribù di selvaggi, un meccanico che ha perso il suo golem servitore, un erudito che intende fermare il moto del Sole, un monaco che vorrebbe chiedere agli dei perché abbiano instillato nell’uomo il Desiderio.

Attraverso le loro imprese, si scopre che la Terra è cava, che le nuvole più alte (i cirrocumuli) sono solide, che Atlantide esiste davvero, che i pianeti del nostro sistema solare sono grandi meduse che si mangiano a vicenda, che la Luna è fatta d’argento e le fasi lunari sono dovute alla sua periodica ossidazione, o che le linee di Nazca servono a comunicare con i mercanti del Cielo.

Il tema centrale del libro in effetti è proprio il mondo che fa da sfondo alle varie vicende, e l’elemento fantastico risiede non tanto nella sua forma, quanto nel modo in cui al suo interno la fisica e la filosofia arrivino a spiegare le cose.

Il mondo di Talib esiste in realtà da molti anni, da prima che cominciasse la scrittura del romanzo, essendo il frutto del lavoro svolto per creare una campagna di Dungeons & Dragons e, ancor prima, di alcune considerazioni sui canoni del genere fantasy a cui il gioco appartiene.

La prima riguarda l’idea di avventura solitamente proposto dal genere: nel gioco ci si ritrova quasi sempre a interpretare personaggi che si fanno eroicamente carico dei problemi altrui, ed è forte la spinta del Bene e del Male sulle scelte dei giocatori. È uno sforzo di immedesimazione che da giocatore di Dungeons & Dragons non ho mai amato (sebbene in effetti il gioco si basi precisamente su questo), e che dunque ho voluto risparmiare al lettore. Nella storia, poi, non c’è neanche un antagonista.

La seconda considerazione riguarda il tema del viaggio: volevo dare ai giocatori (e quindi poi ai personaggi del libro) un mondo vasto e raggiungibile allo stesso tempo, in ogni suo luogo, anche senza l’ausilio della magia (elemento infatti rimosso dall’universo di Talib). Ma, soprattutto, volevo che le peripezie e i pericoli del viaggio fossero inscindibili dalle caratteristiche fisiche del mondo stesso.

La terza considerazione riguarda l’esistenza di un pantheon di divinità che, se da un lato fornisce un codice etico per i personaggi, dall’altro impedisce l’esistenza di una filosofia, dell’indagine sull’essere umano, del tentativo di definire la natura. Nella costruzione del mondo, il primo sforzo è stato fatto proprio per tentare di far coesistere l’indagine filosofica e l’esistenza degli dei.

Nel passaggio dal gioco di ruolo alla stesura del libro, era invece fondamentale l’idea che, sebbene gli eventi del racconto fossero di fantasia, il mondo in cui si svolgono esistesse davvero. Quasi ogni scelta fatta durante la scrittura è stata dettata da questa necessità, tanto che inizialmente ero stato tentato dall’idea di rinunciare alla componente narrativa, presentando il mondo attraverso un atlante.

In questo senso, preziosissima è stata la lezione delle Finzioni di Borges, dove il reale e l’immaginario si confondono soprattutto attraverso l’uso del metatesto.

Così Talib, o la curiosità è stato immaginato come un romanzo filosofico scritto, oltre che ambientato, nel mondo parallelo di Talib. Per questo nel racconto manca una spiegazione di tutto ciò che a noi potrebbe sembrare assurdo. Quando però il suo racconto è giunto nel nostro mondo assieme a una serie di altri libri, un traduttore ha ritenuto di spiegare il necessario apponendo una serie di note nelle quali cita le opere a sua disposizione.

Grazie alle note, si apprende che Newton è esistito anche in quel mondo, che Bacone ha vissuto in Cielo, che le descrizioni delle abitudini degli abitanti delle nuvole a nostra disposizione si devono ai viaggi di Michel de Montaigne, che le teorie atomistiche di Anassagora erano corrette, e così via.

Il libro di fatto nasce dalle note: la storia è stata scritta in maniera tale che queste potessero essere disposte nell’ordine necessario, dal momento che per comprenderne alcune era necessario averne lette altre in precedenza.

Solo da ultimo, dunque, è giunta la parte principale del libro, cioè il racconto. In questo caso la lettura fondamentale è il Candido di Voltaire, al quale si deve tutto dello stile adoperato per il racconto di Talib: la forma semplice della scrittura, più vicina alla narrazione orale, il ritmo serrato, i capitoli brevi, la quasi totale assenza di descrizioni, la caratterizzazione elementare dei personaggi e la narrazione priva di salti temporali.

Ci sarebbero poi molte altre influenze da citare, da De André a Saint-Exupéry. Tra tutte, però, suggerisco un giochetto per smatphone che si chiama Osmos, al quale il mondo di Talib deve la presenza di miliardi di meduse che vagano nello spazio vuoto tra il Cielo e il Firmamento, senza le quali a Tagaste non saprebbero come dissetarsi.

Bruno Tosatti Talib, o la curiosità Tunué

L’AUTORE E IL LIBRO –  Bruno Tosatti, classe ’87, è nato a Roma e con il suo primo romanzo Talib, o la curiosità (Tunuè), è stato finalista al Premio Calvino 2018.  Il libro racconta la storia di Talib, un povero lucidatore di pomelli alla corte di Babilonia, innamorato della figlia del re. Per poterla sposare, il ragazzo dovrà portare in dono al padre un diamante grande come la testa di un toro: partirà quindi per un viaggio dettato dall’amore ma, soprattutto, dalla curiosità…

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