Nel secondo volume della trilogia di Bois Sauvage, “Canta, spirito, canta”, Jesmyn Ward (due volte vincitrice del National Book Award) racconta la storia di una famiglia assediata dai fantasmi del passato. Il suo è il ritratto vivido e pulsante di un’umanità dimenticata, schiacciata dalla disparità economica e dalle intolleranze – L’approfondimento

“Io lo so cos’è la morte, almeno credo. È qualcosa che potrei guardare in faccia: almeno credo”.

Jojo ha tredici anni e crede di non aver paura della morte. Con la sorellina Kayla e la madre Leonie vive, insieme ai nonni, a Bois Sauvage. La sua famiglia è nata dalla penna di Jesmyn Ward e la sua storia è racchiusa in Canta, spirito, canta (NN editore, traduzione di Monica Pareschi).

Il romanzo è il secondo volume della trilogia di Bois Sauvage – l’editore ha già pubblicato Salvare le ossa nel 2018 – ed è anche il secondo romanzo dell’autrice a valerle un National Book Award (il primo lo ha vinto nel 2011 con il primo capitolo della trilogia), rendendo Ward la prima autrice a imporsi in due occasioni.

Jesmyn Ward

Come il libro precedente, anche Canta, spirito, canta è ambientato nella cittadina fittizia di Bois Sauvage: un paese che si fa simbolo del sud degli Stati Uniti e di una delle realtà più povere dello stato, il Mississippi, in cui razzismo e disparità sociale sono all’ordine del giorno.

La famiglia di Jojo, come quella dei Batiste in Salvare le ossa, è afroamericana, e suo nonno Pop ha vissuto in prima persona, fin da quando era bambino, negli anni ’30, il fardello di essere nero nel Sud: incarcerato da ragazzino per un crimine che non aveva commesso, ha scontato anni di lavori forzati in una delle più grandi prigioni dello stato.

Anche Leonie, la madre di Jojo e Kyla, ha sperimentato il dolore causato dal razzismo: suo fratello è morto in circostanze misteriose durante una battuta di caccia, di cui era l’unico partecipante non bianco. E ogni volta che la donna fa uso di droghe, lo rivede: “Ieri sera mi ha sorriso, questo Given-non-Given, questo Given che è morto da quindici anni, questo Given che arriva tutte le volte che tiro, tutte le volte che mi calo una pasticca. Si è seduto di fianco a noi su una delle due sedie libere, si è chinato in avanti e ha appoggiato i gomiti sul tavolo. Mi guardava, come sempre. Aveva la faccia di Mama”.

Suo suocero non accetta che il figlio abbia una relazione e due bambini con lei: “Anni dopo, quando Michael era andato in prigione, avevo telefonato a sua madre, e grazie a dio aveva risposto lei e non Big Joseph. Lui mi avrebbe sbattuto il telefono in faccia, piuttosto che parlare con la negra che aveva fatto due bambini con suo figlio”.

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Gli spettri del passato della famiglia e il dolore delle loro esistenze vengono controllati da Mam, la nonna di Jojo, una sorta di sciamana ed erborista che sa come risolvere qualsiasi problema con fermezza ma, allo stesso tempo, infondere dolcezza. Purtroppo, quando la sua malattia peggiora, l’anziana donna non riesce a tenere sotto controllo gli spiriti che circondano i suoi cari, e si scatena il caos.

La famiglia viene visitata dal suo stesso passato, e intanto torna tra loro anche il padre di Jojo e di Kayla: Michael. Leonie e i figli partono per un viaggio on the road per andare a prenderlo in prigione: l’uomo, infatti, dopo aver perso il lavoro sulla piattaforma petrolifera Deepwater Horizon a causa dell’incidente nel Golfo del Messico, si è dedicato alla sintetizzazione di metanfetamine e ha trascorso alcuni anni in carcere.

Anche in Canta, Spirito, Canta, Jesmyn Ward disegna il ritratto vivido e pulsante di un’umanità dimenticata, sempre più schiacciata dalla disparità economica e dalle intolleranze.

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