Figurine, liquirizie, fumetti, videogiochi, biscotti e storie raccontate sottovoce. Nell’immaginario comune, dalla letteratura alla cinematografia, la casa sull’albero è uno spazio destinato a essere abitato soltanto dai bambini. È un nascondiglio, un luogo di fuga, sogno e avventura. Una metafora dell’infanzia che esprime la distanza rispetto all’età adulta… 

Figurine, liquirizie, fumetti, videogiochi, biscotti e storie raccontate sottovoce. Nell’immaginario comune, dalla letteratura alla cinematografia, la casa sull’albero è uno spazio destinato a essere abitato soltanto dai bambini. È un nascondiglio, un luogo di fuga, sogno e avventura. Una metafora dell’infanzia che esprime la distanza rispetto all’età adulta.

Nel saggio La casa sull’albero. Orrore, mistero, paura, infanzie in Stephen King (Einaudi Ragazzi), Antonio Faeti, tra le altre riflessioni, analizza la casa sull’albero nell’universo narrativo dell’autore di Carrie, It e Misery. Lo studioso la definisce un apparato simbolico che sancisce, anzi ribadisce, l’alterità, la separatezza tra adulti e bambini. Quando il bambino si dirige verso la casa sull’albero rifiuta esplicitamente il mondo dei grandi. Si addentra nella foresta e si allontana da tutte le regole, dall’educazione civile dai comportamenti da seguire, per regredire verso un nuovo stato animale e selvaggio.

Per far comprendere al lettore in che senso la casa sull’albero sia un luogo che possa rappresentare non solo uno stadio della vita (l’infanzia) ma anche uno stato d’animo (ribelle e creativo), Faeti spiega la poetica di King attraverso un’immagine: quella di un uomo che scrive rintanato nel proprio nascondiglio sull’albero. Ci sono narratori che si collocano accanto a un caminetto, o nei pressi di un tavolino su cui è posata una tazza da tè, o dietro leggii accademici, o nell’ufficio del loro agente letterario. Secondo Faeti, invece, King scrive nella casa sull’albero, ragazzo tra altri ragazzi, perché solo in quel luogo possono nascere liberamente le storie. Nel racconto Il corpo, contenuto nella raccolta di novelle Stagioni diverse (Sperling & Kupfer), i ragazzi vanno nelle loro case sugli alberi per fumare di nascosto, per consultare riviste erotiche rubate nei grandi magazzini ma, soprattutto, per parlare e creare storie. Il più fantasioso tra loro è Gordon Lachance, un tredicenne che interrompe il corso della narrazione con i suoi racconti e che, alla fine della tragica avventura, diventerà proprio uno scrittore.

stagioni diverse

Che la casa sull’albero sia un luogo di libertà e anarchia è dimostrato anche dal romanzo di Bianca Pitzorno  La casa sull’albero (Mondadori), che racconta la storia di Aglaia, una bambina di otto anni che va ad abitare su un albero insieme a Bianca, la sua amica adulta. La casa, costruita con spine e liane robuste per legare tra loro le diverse parti senza danneggiare l’albero, è accogliente, nonostante non abbia una pianta stabile come tutte le case normali: le abitanti possono cambiare, a proprio piacimento, la disposizione delle stanze. Nessuno potrebbe mai sospettare dell’esistenza della dimora lì sopra, così le due vivono tranquillamente, certe che la loro serenità non potrà mai essere intaccata.

la casa sull'albero

Aglaia e Bianca, però, non sono completamente sole: sull’albero abita anche il signor Beccaris Brullo, un uomo scorbutico che nessuno sia augurerebbe di avere come vicino: è sufficiente pensare che sul suo zerbino, invece del solito Benvenuti, c’era scritto Andatevene. Le questioni domestiche e i problemi quotidiani vengono risolti dalle due protagoniste in maniera divertente e fantasiosa, ma la situazione cambia quando, un giorno, uno stormo di cicogne lascia un fagotto carico di bambini proprio nella casa. Dei piccoli, insieme ad Aglaia e Bianca, si occupano anche la gatta Prunilde e Dorotea, una cagna tata che ricorda vagamente la Nena di Peter Pan. I bambini crescono, imparano a camminare e ad arrampicarsi sull’albero, ma non riescono ancora a pronunciare nemmeno una parola. Infatti, all’inizio, miagolano invece di parlare, ma poi, influenzati dalle poesie di Bianca imparano a esprimersi in versi. La casa sull’albero sembra una torre di Babele, in cui i personaggi si esprimono attraverso un linguaggio misto di miagolii, cinguettii e poesie.

Come scrive Mirca Casella in Le voci segrete (Mondadori), questo caso merita un’osservazione particolare rispetto agli altri, perché nel libro della Pitzorno viene ribaltato lo stereotipo per cui la casa sull’albero è un luogo solitamente occupato da maschi. Inoltre viene raccontata l’immagine di una famiglia assolutamente distante da quella tradizionale, talmente distante da non trovarsi nemmeno sulla terra, ma in aria. L’unica domanda che ci si potrebbe porre è perché in un luogo così esclusivo per i bambini, ci sia anche un adulto. Probabilmente perché anche il personaggio di Bianca fugge e rifiuta la logica del mondo dei grandi. La bambina e l’amica sanno perfettamente che nessun adulto riuscirebbe a comprenderle e ad accettarle: per questo non svelano a nessuno di abitare su un albero, e chi deve raggiungere il loro rifugio vi viene condotto bendato oppure ipnotizzato da Aglaia, bravissima nei giochi di prestigio.

ilbaronerampante

La stessa dote illusionistica è condivisa da un altro personaggio della letteratura italiana, il barone Cosimo Piovasco di Rondò, protagonista del Barone Rampante di Italo Calvino. È mezzogiorno del 15 giugno 1767 e il giovane barone, appena dodicenne, rifiuta di mangiare un piatto di lumache (“Ho detto che non voglio e non voglio!”), offendendo gravemente il padre. Da questo primo atto di disobbedienza, nasce la ribellione: Cosimo si arrampica su un albero e decide di non scendere mai più. Sugli alberi Cosimo mangia, studia, caccia, amoreggia e, alla fine, svanisce, aggrappandosi a una mongolfiera pur di non mettere piede sulla terra. La casa sull’albero del barone rampante, così come quella di Aglaia e Bianca, è nascosta e deve rimanere un segreto.

Nascondiglio e rifugio: questo è la casa sull’albero, diversa ma non troppo distante dall’Albero dell’Impiccato di Peter Pan. La tana dei bambini sperduti dell’isola che non c’è si trova all’interno di un tronco, solo in questo modo i piccoli possono sfuggire a Capitano Uncino, adulto il cui unico obiettivo è proprio quello di trovare il luogo dove si nascondono. Questo esempio esprime in modo ancora più evidente la simbologia che ruota attorno al nascondiglio sull’albero: i bambini sperduti sono l’immagine per eccellenza del puer aeternus, personaggi che rifiutano completamente il mondo degli adulti e che infatti sono destinati a non crescere mai.

Peter pan

Il luogo eletto dai bambini è anche l’unico dove poter vivere avventure, esperienze che non riguardano l’esistenza noiosa e monotona dei grandi. L’avventura è l’imprevisto, la novità, l’evento inaspettato che genera adrenalina. Chiaramente non c’è spazio per tutto questo nella vita ordinata e pianificata di chi non fa altro che lavorare. La casa sull’albero di 13 piani (Salani) scritta da Andy Griffiths e Terry Dentone è la storia di Andy e Terry che vivono, per l’appunto, in una casa sull’albero di 13 piani, con una piscina panoramica, una sala da bowling, una vasca piena di squali, una biblioteca solo per i fumetti, un laboratorio segreto, una macchina che ti spara le caramelle dritto in bocca quando hai fame e migliaia di altri fantastici marchingegni. E in questo luogo può succedere davvero di tutto.

Non solo in letteratura, anche nei film la casa sull’albero è il luogo preferito di narrazioni che vedono come protagonisti bambini e adolescenti. Oltre a Stand by me di Rob Reiner, che è l’adattamento cinematografico del già citato racconto Il corpo di Stephen King, in Un ponte per Terabthia, tratto dall’omonimo romanzo di Katherin Paterson, i due protagonisti, Jess e Leslie, trascorrono le loro giornate nel bosco, immaginando di trovarsi in un mondo incantato, Terabithia, popolato da antiche creature, i terabithiani, e da esseri malvagi, in cui i due ragazzi rivedono i bulli che li terrorizzano a scuola. Nel bosco trovano anche una casetta sull’albero a pezzi, che si impegnano a ristrutturare rendendola il nascondiglio perfetto per i loro giochi e le loro avventure. Anche in questo film c’è un personaggio che ama inventare e raccontare storie: Leslie, come Gordon di Stand by me, ha una fantasia rigogliosa che ha la capacità di incantare chi le sta intorno, e forse non è un caso che questa creatività cresca e si alimenti proprio all’interno della casa sull’albero, un luogo in cui i ragazzini, lontani da tutte le regole, possono essere liberi di dare sfogo alla loro immaginazione.

un ponte per terabithia

Ma la metafora della casa sull’albero come luogo che separa (e protegge) i bambini dagli adulti è ancora più evidente in Zeppelin la casa sull’albero, un film norvegese del 1981. All’arrivo nella casa dove trascorreranno le vacanze estive, la famiglia della piccola Nina scopre che l’abitazione è stata frequentata da qualcuno. La cosa preoccupa i genitori della bambina che, inutilmente, cercano di scoprire chi è l’intruso, del quale restano solo alcune tracce: un letto disfatto, alcuni piatti sporchi e un paio di scarpe da ginnastica con scritto sopra “Zeppelin”. Ma è proprio Nina, la sera stessa, a scoprire che l’intruso è in realtà un ragazzino, scappato di casa per incomprensioni con i genitori, il quale adesso vive sul folto albero del giardino della casa di Nina. Tra i due si instaura subito un’amicizia, e Nina mantiene il segreto del suo amico, che chiama semplicemente Zeppelin, fino a quando sarà scoperto e costretto a fuggire dal suo rifugio. Alla fine, però, Nina convincerà i genitori di lui a farlo rientrare nella famiglia e dimostrerà a Zeppelin che, in fondo, anche i grandi possono comprendere i bambini.