Famiglie disfunzionali, padri assenti, violenza, droghe, alcol, pillole e sonniferi: Emma Cline, acclamata autrice di “Le ragazze”, dopo “Harvey” torna con dieci racconti che hanno quasi tutti protagonisti maschili – L’approfondimento su “Daddy”, raccolta in cui i personaggi si muovono in una società post-#MeToo, e lo stesso ruolo del patriarca viene sconsacrato, anche se la realtà che viene rappresentata non è mai in bianco e nero…

Dieci racconti che hanno quasi tutti protagonisti maschili: sono uomini di mezza età, incapaci, che si voltano indietro a guardare i loro fallimenti. Ma sono soprattutto dei padri.

A cinque anni dalla pubblicazione del suo primo romanzo, Le ragazze (che le era valso un contratto da 2 milioni di dollari e uno Shirley Jackson Award), Emma Cline torna in libreria con Daddy (Einaudi Stile Libero, traduzione di Giovanna Granato), una raccolta di short stories che conferma il suo interesse per l’esplorazione delle aree grigie dell’essere umano, delle sue azioni e della società che abita.

Emma Cline Daddy Einaudi

È l’ambiguità a fare da filo conduttore a tutte le storie della raccolta, alcune inedite, altre già apparse su riviste come Granta, The Paris Review e The New Yorker. A partire dal titolo, Daddy, che racchiude in sé due mondi antitetici: quello dell’innocenza di una bambina che si rivolge a suo padre; ma anche, e soprattutto, il mondo di una sessualità perversa dove entrano in gioco dinamiche di potere nelle relazioni tra uomini e donne.

Da attenta osservatrice della realtà, l’autrice riproduce famiglie disfunzionali, padri assenti, nel migliore dei casi, violenti perlopiù, relazioni fondate sulle apparenze e su ricchezze precarie. Non mancano droghe, alcol, pillole e sonniferi, unici rimedi per sopportare il peso della propria condizione o, quantomeno, portatori di una felicità sintetica.

La violenza, gli scandali, gli eventi straordinari accadono però fuori dall’inquadratura, spesso molto tempo prima. Cline non mostra mai direttamente il fatto in sé, gioca con il non detto e lascia al lettore il compito – onere e onore – di completare il quadro del suo personaggio, attingendo anche all’immaginazione e alla sua esperienza personale.

C’è un padre che riflette sulle proprie relazioni mentre viene convocato dalla scuola del figlio, coinvolto in un brutto incidente con un altro alunno; un produttore cinematografico in declino, che chiede un ultimo favore a un vecchio amico prima di assistere al disastroso debutto alla regia del figlio, intento a seguire le orme paterne; o ancora, un giovane che sta per diventare genitore e che sogna di fuggire dallo squallore che lo circonda.

I personaggi di Daddy si muovono in una società post-#MeToo. Uomini che credevano di avere il mondo nelle loro mani, che non sarebbero mai stati messi in discussione, ora vedono lentamente le loro carriere rallentare, i telefoni smettere di squillare, i legami sfaldarsi.

Lo stesso ruolo del patriarca viene sconsacrato: come nel primo racconto della raccolta, What can you do with a general?, in cui incontriamo un padre diviso dai propri figli da un muro fatto di violenza, rabbia e paura che lui stesso ha costruito negli anni e che non può essere abbattuto. Un padre che anni prima buttava all’aria le cose, ma che adesso è semplicemente troppo stanco per farlo. Impotente, si appiglia a un ideale di famiglia che non esiste più, e lo osserviamo mentre realizza la perdita della sua autorità: i figli che un tempo avevano chiamato la polizia terrorizzati, adesso si mettono a ridere davanti ai suoi rimproveri.

le ragazze emma cline

Ma la realtà che Cline rappresenta non è mai in bianco e nero, e anche le donne che popolano le sue storie hanno una loro parte di responsabilità: come Thora, protagonista di A/S/L, (acronimo di age-sex-location), una donna ossessionata dalle chat room in cui si finge una minorenne; o Kayla, de La bambinaia, in fuga dai paparazzi che hanno scoperto la sua relazione con un famoso attore, padre del bambino a cui faceva da babysitter.

Non è la prima volta che l’autrice esplora nei suoi lavori l’ambiente dello spettacolo: in Harvey, originariamente pubblicato sul New Yorker con il titolo White Noise e uscito in Italia per Einaudi Stile Libero lo scorso novembre nella traduzione di Giovanna Granato, Cline seguiva da vicino proprio una versione fittizia – e mai citata – di Weinstein, il giorno prima dell’udienza che porterà alla sua condanna.

Lontano dal sistema che lo aveva protetto e spogliato della sua autorità, l’Harvey che l’autrice ritrae appare per quello che è, nella sua essenza più intima: un uomo rimasto solo, che vive ancora delle sue glorie passate e che sembra non aver capito fino in fondo quello che ha fatto e quello che gli sta per succedere. In fondo, un uomo comune, come quelli dei racconti di Daddy, complicati, un po’ inetti e ricchi di contraddizioni.

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