Ernest Hemingway (21 luglio 1899 – 2 luglio 1961), autore di racconti e libri cult come “Il vecchio e il mare”, “Per chi suona la campana”, “Fiesta” e “Addio alle armi”, è stato tante cose: giornalista, scrittore, cronista di guerra, cacciatore per passione, amante della vita per vocazione… Un uomo che ha vissuto nella perenne ricerca del limite da oltrepassare, sempre proiettato all’avventura di domani, alla narrazione senza fronzoli, ironica e a tratti malinconica, degli eventi che affollano un’esistenza vissuta, appunto, in gran fretta – L’approfondimento sui suoi libri e la sua vita
«La fretta. Quella eccitantissima perversione di vita: la necessità di compiere qualcosa in un tempo minore di quanto in realtà ne occorrerebbe».
Capita sempre quando si ha a che fare con i grandi scrittori: per ricercare poetica, intenzioni, volontà e pensiero, è sufficiente cercare tra le loro parole. Ernest Hemingway non fa eccezione. Questa citazione, tratta da Fiesta, dà infatti un parziale ma efficace scorcio di quella che è stata una delle personalità più influenti della letteratura americana, un uomo che ha vissuto nella perenne ricerca del limite da oltrepassare, sempre proiettato all’avventura di domani, alla narrazione senza fronzoli, ironica e a tratti malinconica, degli eventi che affollano un’esistenza vissuta, appunto, in gran fretta.
Hemingway è stato tante cose: giornalista, scrittore, cronista di guerra, cacciatore per passione, amante della vita per vocazione. E, come accade con tutto ciò che si ama troppo, ha dovuto abbandonarla, la vita, con la sua stessa mano.
In Italia, le sue opere sono state tradotte da Fernanda Pivano e pubblicate da Mondadori.
Può interessarti anche
Ernest Miller Hemingway, da Chicago, Illinois
Ernest Miller Hemingway nasce a Oak Park, un sobborgo di Chicago, il 12 luglio del 1899. Suo padre, Clarence Edmonds, è un medico, mentre sua madre, Grace Hall, è una ex aspirante cantante, appassionata di lirica e grande devota. Quella di Oak Park è una società benpensante, repressiva, di gente che tiene molto all’opinione altrui. Una società che non ci mette molto a star stretta al piccolo Ernest.
Anticonformista nato, Hemingway sogna infatti uno stile di vita più autentico, lontano dal mondo civilizzato. Lo trova in Michigan, nella regione dei Grandi Laghi, presso la fattoria dove la sua famiglia si stabilisce ogni estate. È qui che si scopre ben presto innamorato dell’avventura, della pesca e della caccia, passioni che saranno il filo conduttore della sua esistenza e che si ritroveranno spesso presenti nella sua produzione letteraria.
Ernest Hemingway, scrittore per vocazione
«Avere un cuore da bambino non è una vergogna. È un onore. Un uomo deve comportarsi da uomo. Deve sempre combattere, preferibilmente e saggiamente, con le probabilità a suo favore, ma in caso di necessità deve combattere anche contro qualunque probabilità e senza preoccuparsi dell’esito. Deve seguire i propri usi e le proprie leggi tribali, e quando non può, deve accettare la punizione prevista da queste leggi. Ma non gli si deve dire come un rimprovero che ha conservato un cuore da bambino, un’onestà da bambino, una freschezza e una nobiltà da bambino.»
(da Vero all’alba)
Non ci impiegano molto, i suoi insegnanti, a rendersi conto che Ernest ha un talento e un’inclinazione naturale per la letteratura: qui, tra i banchi di scuola, Hemingway scrive i suoi primi racconti; continuerà a farlo per tutta la vita.
Nel 1917 si trasferisce a Kansas City e lavora come cronista per il quotidiano Kansas City Star: la sua penna comincia ad affinarsi. La scrittura giornalistica è decisamente nelle sue corde: uno stile diretto, veloce, affilato, che non necessita di termini antiquati, stili ricercati e contenuti prolissi per raggiungere l’obiettivo di farsi leggere. Più semplice è, meglio è, diventa presto il suo motto. Semplicità di scrittura che, tuttavia, non è semplicità di pensiero: l’arte, per Hemingway, è non a caso quella di saper riprodurre concetti complicati attraverso un linguaggio semplice, ma non banale.
Gli anni della guerra
L’eco del primo conflitto mondiale in Europa ha raggiunto gli Stati Uniti, e con l’ingresso del paese in guerra Hemingway decide di arruolarsi. Scartato per un problema alla vista, viene assegnato ai reparti della croce rossa e inviato in Italia, in quello che sarà solo il primo dei suoi molti viaggi in giro per l’Europa. È proprio qui che, nella degenza in un ospedale militare a seguito di una ferita riportata nel tentativo di salvare un commilitone, conosce il suo primo amore, solo in parte corrisposto, il quale più avanti ispirerà una delle sue opere più note: Addio alle armi.
Addio alle armi (1929)
«Questo si faceva. Si moriva. Non si sapeva di cosa si trattasse. Non si aveva mai il tempo di imparare. Si veniva gettati dentro e si sentivano le regole e la prima volta che vi acchiappavano in fallo vi uccidevano.»
Ambientato in Italia, a cavallo tra l’inizio e la fine della battaglia di Caporetto, Addio alle armi narra le vicende di un soldato americano, Frederic Henry, che svolge servizio di soccorso sui campi di battaglia e si innamora di un’infermiera durante la degenza in ospedale a seguito di una ferita. La storia d’amore è direttamente legata a quella della battaglia con un tragico epilogo che evidenzia la crudeltà della guerra e l’ineluttabilità dello scorrere del tempo.
La “generazione perduta”
Al rientro in patria, Hemingway viene assunto dal quotidiano Toronto Star e conosce quella che sarà la sua prima moglie, Hadley Richardson. È stata proprio lei a suggerire al marito di farsi assegnare dal Toronto Star il ruolo di corrispondente europeo: il quotidiano accetta e i due partono alla volta di Parigi.
Qui Hemingway conosce la scrittrice Gertrude Stein, la quale a sua volta lo presenta ad autori espatriati del calibro di Francis Scott Fitzgerald, James Joyce ed Ezra Pound. È qui che inizia la vera carriera letteraria dell’autore, che diventerà un figura chiave di quel gruppo di artisti rivoluzionari chiamati da Stein “la generazione perduta”.
La collaborazione con il Toronto Star prosegue liscia, proprio come i viaggi in Europa. Milano, Roma, Costantinopoli, Spagna: ogni luogo che Hemingway visita si trasforma in una storia, che diventerà poi un racconto.
I 49 racconti (1938)
«Nel modo in cui ti guadagni la vita, qualunque esso sia, in questo sta il tuo talento.»
(Da Le nevi del Kilimangiaro)
Ne i 49 racconti si possono trovare tutti gli aspetti della vita di Hemingway, una sintesi delle sue passioni e del suo stile; gli argomenti sono i più disparati, dalla boxe alle avventure di pesca, dalle storie di guerra agli amori, perduti o vissuti. E ogni racconto racchiude in sé un’esperienza di vita vissuta in prima persona, una sorta di cronaca di un’esistenza ricca d’esperienze al limite e drammi insuperabili. Lo stile è narrativo, scevro di artifici letterari o retorici, diretto e colmo di dialoghi che rappresentano lo specchio della vita dello scrittore.
L’amore per la Spagna
Il 1923 è poi un anno importante nella vita di Hemingway. Incontra infatti due piccoli editori americani, Bill Bird e Robert McAlmon, disposti a pubblicare i suoi lavori. Inizia quindi a scrivere quelli che diventeranno alcuni dei suoi racconti più famosi: Gatto sotto la pioggia, il mio vecchio e Fuori stagione.
Nello stesso anno, in giugno, si reca per la prima volta in Spagna, paese che diventerà presto lo scenario di alcuni dei suoi testi migliori. Lì assiste alla sua prima corrida importante e si cimenta nelle novilladas, ovvero le corride per principianti.
Lo scrittore rimane così entusiasta del viaggio che decide di tornare in Spagna il mese successivo, a Pamplona, per la festa di San Firmino. La conoscenza dei toreri più famosi ha lasciato il segno: in ottobre, Ernest e Hadley hanno il loro primo figlio, che chiamano John Hadley Nicanor, in omaggio a uno dei matador del momento.
Dall’esperienza spagnola Hemingway trae ispirazione per il fortunato romanzo Il sole sorgerà ancora, meglio conosciuto come Fiesta.
Fiesta (1926)
«È facilissimo reagire con freddezza alle cose durante il giorno, ma di notte è tutto un altro discorso.” “Non ha senso che per il solo fatto che faccia buio si debbano vedere le cose in maniera diversa da quando c’è luce. No, accidenti, non ha senso!” “Entrai in camera mia e mi sdraiai sul letto.»
È la storia della vacanza a Pamplona, durante la festa di San Firmino, di un gruppo di amici che vivono a Parigi, a fare da cornice all’opera. Durante il periodo di Fiesta in terra spagnola si intrecciano così gli amori appassionati e disattesi dei vari protagonisti. I toni sono scanzonati, cinici, così diretti e crudi da far scalpore nella società del periodo. Il quadro che ne deriva è quello di una profonda disillusione, a tratti malinconica ma sempre oggettiva – un amore che il protagonista, proprio come Hemingway pochi anni prima, riconosce di dover lasciar andare.
L’incontro con Pauline Pfeiffer
Dopo l’uscita di Fiesta, Hemingway si innamora di una giornalista di Vogue, Pauline Pfeiffer, con cui inizia una relazione coinvolgendo sua moglie Hadley. Questa situazione sentimentale verrà poi raccontata in Festa mobile e nel romanzo postumo Il giardino dell’Eden. Sposata infine Pauline, i due fanno rientro in Florida, dove verrà pubblicato nel 1929 Addio alle armi. Il successo del libro è tale da consacrare ufficialmente Hemingway a letterato di fama internazionale.
Poco prima della pubblicazione, però, Hemingway subisce un colpo durissimo: suo padre si è sparato in testa, durante un attacco di depressione dovuto al diabete e a diversi problemi finanziari. Ancora non lo sa, ma anni dopo la stessa sorte toccherà a Leicester, fratello minore di Hemingway, che rimarrà talmente ossessionato dalla vista del padre morto da suicidarsi nello stesso modo. La tragedia, purtroppo, è dietro l’angolo.
L’alcol
«Il vino è uno dei maggiori segni di civiltà nel mondo.»
Dopo la morte del padre, Hemingway è insofferente nei confronti di tutto, in particolare della vita familiare che gli sta sempre più stretta. Mentre Pauline è in attesa del secondo figlio, Hemingway è sempre più un habitué di bar e ristoranti, inizia a bere troppo e a condurre una vita fatta di vizi e sregolatezze. Porta avanti anche una relazione extraconiugale con Jane Mason, che sarà d’ispirazione per il racconto La breve vita felice di Francis Macomber.
Si consolida, intanto, la “leggenda” di Hemingway: l’autore si atteggia da vecchio saggio, si fa chiamare “Papa” e vuole essere dipinto come uomo d’azione, grande eroe di guerra e allo stesso tempo artista un po’ maudit, ma dallo stile limpido ed espressivo.
La terza moglie
Nel 1936 scoppia il moto franchista in Spagna e la North American Newspaper Alliance contatta Hemingway perché invii servizi dalla penisola iberica sulla guerra civile. Hemingway riparte per la Spagna, e lavora anche ad alcuni documentari propagandistici a sostegno dei repubblicani spagnoli.
In Europa, comunque, non va da solo, bensì in compagnia della scrittrice Martha Gellhorn. Non ci metterà molto, Ernest, a divorziare da Pauline e a sposarsi nuovamente. Con lei si sposta a Cuba, a L’Avana, dove scrive Per chi suona la campana, che esce nell’ottobre del 1940. Il libro vince il Premio Pulitzer e, nell’arco di due anni, diventa il più grande bestseller americano fino ad allora, dopo Via col vento. Per dieci anni, Hemingway non scriverà altri romanzi.
Per chi suona la campana (1940)
«Preoccuparsi è dannoso come aver paura; serve solo a far le cose più difficili.»
Il romanzo è ambientato nel bel mezzo della guerra civile spagnola. Tratta della crudeltà della guerra, del senso del dovere contrapposto alla nascita di un nuovo amore cui è difficile rinunciare e del sacrificio necessario perché la speranza abbia possibilità di sopravvivere. Le tematiche principali della storia sono la morte, compagna sempre presente nella vita di un soldato, e il suicidio, un gesto estremo ma accettato per la salvezza di molti. Nell’opera è presente una critica feroce all’ideologia fascista, in netta contrapposizione con quella che era la visione politica di Ezra Pound, all’epoca amico di Hemingway.
Gli ultimi anni
Dopo anni passati in viaggio tra l’Estremo Oriente e l’Europa, nelle vesti di giornalista, intervallati dai soggiorni cubani trascorsi a bordo della Pilar, Hemingway partecipa nel 1944 allo sbarco in Normandia. Anche stavolta, è in compagnia di una nuova donna, che sposerà a breve: la giornalista Mary Welsh.
Le condizioni fisiche e mentali dello scrittore sono compromesse da una lunga serie di incidenti e da un impressionante consumo di alcol. Di regola, Hemingway inizia a bere appena sveglio, anche prima dell’alba, e continua fino alla cena. Lo stile di vita sopra le righe incide negativamente sulla vena creativa dello scrittore, che fatica sempre di più a trovare la concentrazione.
Non prima, però, di aver scritto forse la sua opera più famosa e la più consacrata, che gli varrà nientemeno che il premio Nobel per la letteratura nel 1954: Il vecchio e il mare.
Il vecchio e il mare (1952)
«Non lo disse ad alta voce perché sapeva che a dirle, le cose belle non succedono.»
Pubblicato per la prima volta nel 1952 sulla rivista LIFE e vincitore del premio Pulitzer e del premio Nobel nel 1954, Il vecchio e il mare racconta della lotta di Santiago, pescatore cubano ormai in là con gli anni, con un imponente Marlyn, il pesce più grande con cui avesse mai combattuto. Lo stile è scarno, il ritmo narrativo è serrato, incatenato a periodi brevi e cadenzati, che portano il lettore a immergersi nello scontro e prendere di volta in volta le parti dei contendenti. Ricorre anche in questo caso la tematica del tempo, quello scorrere incessante che avvicina il pescatore alla fine delle sue avventure in mare, e della morte, a cui Santiago e la preda cercano di resistere.
La morte
«Morire è una cosa molto semplice. Ho guardato la morte e lo so davvero. Se avessi dovuto morire sarebbe stato molto facile. Proprio la cosa più facile che abbia mai fatto… e come è meglio morire nel periodo felice della giovinezza non ancora disillusa, andarsene in un bagliore di luce, che avere il corpo consunto e vecchio e le illusioni disperse.»
Dopo il Nobel, Hemingway torna a viaggiare e lavorare, continuando però a soffrire di depressioni nervose sempre più gravi, oltre che di disturbi derivanti da pressione alta e malattie al fegato. Nel 1960 viene ricoverato in una clinica del Minnesota, dove riceve trattamenti con l’elettroshock.
Con fatica porta avanti la stesura di un libro sulla Parigi della sua giovinezza, che i suoi curatori intitoleranno poi Festa mobile. Ad aprile 1961, Mary sventa un primo tentativo di suicidio. Da un po’ di tempo ripete ai medici che, non riuscendo più a scrivere, non ha più motivo di vivere e intende farla finita.
Il 2 luglio 1961 Mary Welsh sente uno sparo al pianterreno. Trova Ernest a terra, ucciso da un colpo di fucile da caccia alla testa. Aveva 61 anni. Si dice che le sue ultime parole siano state rivolte alla moglie, alla quale sussurra con dolcezza: “Goodnight, Kitten“.