“A differenza delle favole, contrariamente alla favole, le fiabe ci spingono spesso all’azione: a essere migliori, più onesti, leali, coraggiosi, delicati, timidi; a esser meno scaltri, furbi, astuti. Ci permettono insomma non solo di conoscere il mondo, ma anche, soprattutto, di cambiarlo. Le fiabe ci rendono rivoluzionari” – Su ilLibraio.it la riflessione dello scrittore Matteo Cellini, in libreria con il romanzo “I segreti delle nuvole”

di Matteo Cellini

A me questa frase mette la mente di buonumore: “Il cordless è il mocassino dei telefoni“. La conosco da qualche anno, da quando uscì fuori durante un gioco di associazioni a scuola. Diventammo amici. Da allora, ogni tanto, viene a trovarmi. Mi si presenta in testa e si distende sulla fronte come uno striscione. Io la leggo e provo immediatamente quella piccola miracolosa sensazione che proviamo quando dopo infiniti e dolorosi tentativi riusciamo ad aprire l’anellino del portachiavi – separarne i due rebbi e tenerli divaricati senza rimetterci le unghie – per farci entrare altre chiavi, di altre serrature e altre porte. Una fessura tra due mondi. Provate anche voi a leggerla. “Il cordless è il mocassino dei telefoni”. Cosa vedete? Dove siete? Non interamente tra le scarpe e nemmeno soltanto tra i telefoni. Forse in mezzo, a metà strada – in bilico! – tra questi due universi semantici. Da qualche parte, è certo, dovete pure essere. Ve ne accorgerete: è un posto bellissimo.

Quando scrivo che il cordless è un mocassino dei telefoni (e viceversa) io certo offro una spiegazione di un oggetto, di una parte della realtà. Una spiegazione sbilenca, parziale e giocosa; ma pur sempre una spiegazione. Quando leggo ai ragazzi le favole che le antologie propongono di Fedro e di Esopo offro loro, ancora, una spiegazione della realtà attraverso degli animali parlanti. Di una realtà più grande di quella che occupano un telefono e una scarpa, certo, e anche molto più antica. E cosa dicono loro, le favole? Dicono loro che accontentarsi e starsene al proprio posto è molto buona cosa, che il mondo non si può cambiare e che a provarci può andare anche peggio, che aiutare la cicala vagabonda non si deve. Nelle favole ce n’è abbastanza perché io continui a preferire mocassini e cordless, insomma. E c’è di più: vi domando: immaginare le rane parlanti dello stagno della favola di Re Travicello o il lupo prepotente che divorerà l’agnello vi trasporta di colpo (con una piccola vertigine) in un luogo di mezzo, dove non si è soltanto tra uomini, dove non si è soltanto tra lupi e rane?

Non credo: perché le rane e i lupi non sono che il ridicolo travestimento degli esseri umani.

Le favole dunque – le favole classiche – sembrano fatte apposta per essere rivoltate, strapazzate dai bambini. Così come sono, non sono buone a granché. E lo sanno, lo sanno anche loro: hanno fatto ammenda infatti e si sono convertite: oggi farebbero di tutto per essere assimilate, confuse, scambiate con le fiabe.

Le fiabe! Eccoci finalmente. Antichissime, giovanissime fiabe. Anche le fiabe raccontano il nostro mondo attraverso ingredienti non realistici – i maghi, le fate, le streghe, gli orchi e i draghi; le sirene e i soldatini di latta innamorati, gli anatroccoli e i materassi che non riescono a far tacere un unico pisello – ma a differenza delle favole, contrariamente alla favole, ci spingono spesso all’azione: a essere migliori, più onesti, leali, coraggiosi, delicati, timidi; a esser meno scaltri, furbi, astuti. Ci permettono insomma non solo di conoscere il mondo, ma anche, soprattutto, di cambiarlo. Le fiabe ci rendono rivoluzionari.

Ma c’è di più. Se il mocassino e il telefono senza fili (se il cordless e la scarpa senza lacci) costruiscono nella nostra mente uno spazietto nuovo – una mattonella colorata e obliqua sospesa a mezz’aria – le fiabe distendono pavimenti interi, aprono porte sui soffitti, attorcigliano scale ai comignoli, ricavano metri e metri quadrati lì dove non sembrava esserci spazio, lì dove non sembrava esserci nulla. Le fiabe son così: allargano la mente, l’arredano in un modo nuovo, imprevedibile e impensabile. Perché, come scrive Rodari, “toccano, nel bambino, la molla dell’immaginazione: una molla essenziale alla formazione di un uomo completo”.

L’AUTORE E IL SUO NUOVO LIBRO – Matteo Cellini è nato a Urbino, vive a Urbania e insegna lettere in una piccola scuola media. Ha pubblicato Cate, io (2013), che ha vinto il premio Campiello Opera Prima, e La primavera di Gordon Copperny jr (2016). I segreti delle nuvole è il primo libro edito da Bollati Boringhieri.

I segreti delle nuvole – fiaba che fa ridere e commuove – racconta la storia di Tommaso e della famiglia Sili. Tra le nuvole e la piccola cittadina di Urbania, tra il cielo e le verdi colline delle Marche. Racconta la vita dolce e spericolata di questo bambino prima di nascere, a diecimila metri dal suolo, e quella che l’aspetta, in una famiglia felice come tante, infelice come tante. Racconta l’attesa, insieme a migliaia di altri bambini, e poi la discesa sulla terra.

GLI APPUNTAMENTI

-Mercoledì 10 ottobre, alle ore 18, l’autore dialogherà con Federica Manzon alla Libreria Trebisonda di Torino;
-Lunedì 15 ottobre, alle ore 18.00, dialogherà con Andrea Tarabbia alla libreria Zanichelli di Bologna;
-Martedì 16 ottobre, alle 18, dialogherà con Paolo Perazzolo alla libreria Il Trittico di Milano. Non solo: Cellini sarà in libreria dalle 11 e assisterà i librai nel loro lavoro.

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