Il 2023 ha sancito la consacrazione di Georgi Gospodinov. L’autore classe ’68, che ha vinto nel 2021 il Premio Strega Europeo con “Cronorifugio”, si è aggiudicato con lo stesso romanzo anche l’International Booker Prize. Un viaggio a ritroso nella sua bibliografia, tra ricordo, malinconia ed epoche lontane, a partire proprio dall’ultima premiata uscita…

Il 2023 ha sancito la consacrazione di uno dei più importanti scrittori bulgari contemporanei: Georgi Gospodinov. L’autore classe ’68 ha vinto nel 2021 il Premio Strega Europeo con Cronorifugio e, con lo stesso romanzo, si è aggiudicato lo scorso maggio l’International Booker Prize, il prestigioso premio letterario britannico assegnato a uno scrittore straniero tradotto in lingua inglese.

Le sue opere sono edite in Italia da Voland con la traduzione di Giuseppe Dell’Agata (a eccezione dell’esordio narrativo, Romanzo naturale, tradotto da Daniela Di Sora e Irina Stoilova).

Uno scrittore eccentrico, vulcanico, dal marcato tratto sognante e postmoderno, la cui produzione è caratterizzata da colonne portanti e tematiche ricorrenti: ricordo, malinconia e passato su tutte. Degli elementi che costellano tutta l’opera dell’autore e che si possono rintracciare attraverso un viaggio a ritroso nella sua bibliografia, a partire proprio dall’ultima premiata uscita: Cronorifugio.

Cronorifugio di Georgi Gospodinov

La storia ideata da Gospodinov ha come protagonisti lo stesso autore e il suo inseparabile compagno d’avventure Gaustìn: un individuo più o meno evanescente, bizzarro, al di là dello spazio ma soprattutto del tempo. Un losco figuro che inaugura a Zurigo una “clinica del passato” – un Cronorifugio, per l’appunto (o all’inglese, Time Shelter) – dove accoglie chi ha perso o sta perdendo la memoria per aiutarlo a riappropriarsi dei ricordi grazie a un’immersione totale in epoche passate.

Gaustìn rappresenta un vero e proprio doppio dell’autore, un suo alter ego, una presenza quasi fantasmatica che lo accompagna nei suoi romanzi come un’ombra che si sviluppa alle sue spalle per mettere in atto piani geniali e surreali. Non a caso lo stesso Gospodinov ammette di aver creato il genietto” con frasi come “Potrei dire che io l’ho inventato proprio perchè lui mi inventasse questo mestiere”, quasi a segnalare una complicità padre-figlio nell’addentrarsi nei meandri del passato (e della letteratura). Sono inoltre esemplificative le parole con cui si apre il testo: “In questo romanzo tutti i veri personaggi sono inventati, solo quelli inventati sono veri”.

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Georgi Gospodinov mette dunque in scena una clinica-hotel in cui ogni piano dell’edificio riproduce nei dettagli un decennio del secolo scorso (un piano gli anni ‘60, uno i ‘70 e così via). A ogni porta lettori e lettrici si trovano di fronte a un mondo inedito, una circostanza spiazzante, un po’ come aprire un varco tra due stagioni diverse. E la prospettiva di un confortevole rifugio dal minaccioso presente finisce per allettare non solo chi è malato ed è alla disperata ricerca dei propri ricordi, ma anche chi è perfettamente sano.

Un’escalation resa evidente nella seconda parte del romanzo, dove l’autore presenta una brusca variazione: se nelle prime pagine Gospodinov aveva utilizzato una narrazione fatta di sprazzi di Gaustìn e racconti-testimonianza dei pazienti, nella seconda parte tratta invece l’istituzione di un “referendum sul passato“, una campagna elettorale per riportare ogni stato indietro nel tempo, a un decennio scelto più o meno democraticamente. Un’impresa dettata dalla nostalgia, che si fa presto molto movimentata…

Gospodinov intraprende uno sterminato viaggio nel passato tra malinconia, memoria e feticismo di epoche lontane, spaziando dall’onirico al terreno e toccando temi come identità, guerra e spirito reazionario. Il tutto attraverso il ricordo, che riesce a scaturire come una scintilla nei modi più disparati: grazie a un odore fugace, a una luce soffusa, a una canzone che non sentivamo da tempo o a un piatto tipico (qui risulta immediato un rimando alla madeleine proustiana). L’autore non prende in esame solo eventi straordinari, ma anche e soprattutto momenti pregni di quotidianità. Come direbbe lo squinternato Gaustìn: “Senza nulla di particolare, se non la vita stessa”.

Georgi Gospodinov alla cerimonia di premiazione del Booker Prize 2023 con Time Shelter

Georgi Gospodinov alla cerimonia di premiazione dell’International Booker Prize del 2023 con Time Shelter (traduzione inglese di Cronorifugio) – foto GettyEditorial

Fisica della malinconia di Gospodinov

Tematiche che accompagnano la bibliografia di Georgi Gospodinov anche in opere come Fisica della malinconia, il romanzo che ha reso celebre l’autore in Italia (dove è stato pubblicato nel 2013, mentre l’edizione originale è del 2011). In questo caso lo scrittore bulgaro racconta la storia di un ragazzo che custodisce gelosamente un segreto: è affetto da una strana sindrome, un problematico eccesso di empatia che gli permette di entrare in punta di piedi nei ricordi altrui.

Da questo espediente narrativo inizia un viaggio fantastico nel labirinto dei sentimenti, delle cose mai accadute eppure più reali del reale stesso. Un viaggio costellato da soste predisposte meticolosamente dallo stesso autore: “Non sono in grado di proporre un racconto lineare, perché nessun labirinto e nessuna storia è lineare. Ci siamo tutti? Allora andiamo avanti”. Un dedalo atto a scardinare i cassetti della memoria da tempo chiusi a chiave, vagando senza mappa in un lontano passato fatto di dimenticanze, abbandoni e miti estremamente umani, come quello del Minotauro.

Romanzo naturale di Georgi Gospodinov

E arriviamo, in questo scompigliato viaggio nel tempo, all’esordio narrativo dell’autore: Romanzo naturale (uscito nel 1999 e nelle librerie italiane dal 2014, recentemente pubblicato in una nuova edizione). Un testo che parla di un uomo alle prese con la fine del suo matrimonio, un individuo la cui esistenza all’improvviso precipita venendo misteriosamente a coincidere con quella di altre due persone (a riprova che il doppio e lo scambio di identità sono elementi cruciali nella scrittura dell’autore bulgaro).

Una storia che diventa mille storie, nel romanzo come nella realtà. Una miriade di trame, riflessioni e digressioni ritratte da un narratore errante, come se fosse una vera e propria mosca (uno degli elementi principali del testo). Il suo occhio è composto da migliaia di piccoli ocelli, faccette, ognuna delle quali è un esagono leggermente convesso pronto a focalizzarsi su ogni minimo dettaglio. E il narratore paragona proprio il romanzo sfaccettato allo sguardo attento dell’insetto: pieno di particolari e di delicate sfumature invisibili a occhio nudo.

In ultimo, come non citare la produzione dell’autore che esula dal romanzo. …e altre storie (2008), E tutto divenne luna (2018) e Tutti i nostri corpi (2020) sono i titoli delle raccolte di racconti che cristallizzano sotto forma di short stories le atmosfere sospese e atemporali dell’autore bulgaro. Sullo sfondo, in bilico tra realtà e fantasia, tra malinconia e umorismo, si trova come sempre il “posto più triste del mondo”: la Bulgaria.

E oltre ai racconti brevi, l’autore ha realizzato anche raccolte di poesie come Lettere a Gaustìn. Un compendio che presenta, oltre all’inimitabile vagabondo del tempo, tematiche come la fragilità della vita, l’ironia e il doppio.

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