“Giura” di Stefano Benni parla di amore e di ricordo, di bugie e di incontri. È un libro maturo, dove la consueta cifra poetica e surreale dell’autore costruisce il suo universo e lo popola di gente bizzarra ma arricchisce anche il suo tono giocoso e magico di un senso malinconico e riflessivo sul nostro tempo: l’amore felice è fatto di istanti eterni, tutto il resto è destinato al disfacimento – L’approfondimento
“Giura che non mi dimenticherai. Giura su ogni scrigno di noce, e su ogni chicco di uva e grillo nascosto e stella del firmamento. Giura per il fiato che manca quando ci tuffiamo nella paglia, giù per dieci metri dal granaio, e dopo tanti voli siamo un po’ pesti ma felici”.
Ci sono leggende e profezie, nella giovinezza di Febo e Luna, che sono destinati ad amarsi fin da bambini, nel paese di Trafiume, sull’Appenino. Luna non parla, è una selvaggia e tutti la prendono per matta, ha una nonna Strega, e da lei sembra aver ereditato la stregaggine. Ma Febo conosce i suoi occhi e la ama, come si ama a quell’età, tuffandosi in un fienile.
Sono il sole e la luna, parte uno dell’altro, e crescono in una terra che sente le ferite, che conosce le saggezze dei contadini insieme ai presagi della natura, e più di tutto celebra i legami: il loro è come quello dei Castagni Gemelli, che dopo il fienile sono il loro luogo sacro. I due alberi sono avvinghiati, i tronchi uniti insieme per sempre, come in un abbraccio.
Giura di Stefano Benni (Feltrinelli) parla di amore e di ricordo, di bugie e di incontri. Una mano di ferro determina il destino dei due giovani, e il loro rapporto: Febo è rabbioso, un visionario sempre pronto a lottare, apocalittico nelle sue idee, nei grandi progetti di difesa del pianeta, Luna è attenta agli altri, generosa, capace di infondere la magia della sua anima in emozione.
Cresceranno lontani, due astri che si sfiorano periodicamente nelle orbite delle loro vite, in paesi diversi abitati da suore e da medici Mangiafuoco, per ritrovarsi su un’isola a forma di sandalo abitata dai delfini, dove vivere un amore che non si tuffa più nel fieno, ma nelle onde, e che scopre il corpo e le sue cicatrici nel buio delle grotte.
Ci sono persone che si piantano nel profondo come frecce, e Luna è questo per Febo, una presenza che lo accompagna, sempre distante ma sempre presente, conficcata dentro, anche quando lui diffonde le sue grandi teorie cosmiche, di iceberg e foreste da salvare, e lei diventa logopedista, e insegna ad altri a recuperare la parola, come lei ha fatto da bambina.
Nell’inseguire i loro sogni Febo e Luna viaggiano, separati a causa di lettere mai arrivate, fino nelle estremità, del freddo e del caldo, dove il pensiero corre sempre a quel modo, che solo loro conoscono, di parlarsi con lo sguardo, recuperando in un niente l’amore che li unisce.
“Di tutti i sentimenti che avevo immaginato, il primo è inaspettato. La completa familiarità. Come se il tempo non fosse passato (“L’anima non invecchia, la prostata si”, diceva Mangiafuoco)”.
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Incontro dopo incontro, si scoprono più ingrigiti in un mondo che si sta sgretolando, e non ci sono magie per salvarlo, se non quella della giovinezza che torna sempre, sotto forma di amore, per una donna o per un figlio. La vita corre, ci sono progetti da curare, ma sempre c’è lo spazio segreto che si è creato nel proprio cuore, solo per lei, solo per lui.
Il ritorno sull’Appennino è ricerca delle tracce di una terra madre che non esiste più, resa fragile dalle scavatrici e dalle costruzioni, è una parvenza sfregiata dell’eden che li ha visti crescere, nella quali addentrarsi tra rovi e bufere, per ritrovare il senso di una purezza primigenia. Per poi continuare la ricerca altrove.
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Il valore di una felicità ammissibile che supera il tempo e il desiderio, è la storia di Luna e di Febo, dall’Appenino all’Amazzonia, alla Norvegia: ombre che si inseguono tra armonie e dissonanze in un mondo che è solo Caos.
Giura è un libro maturo, dove la consueta cifra poetica e surreale di Stefano Benni costruisce il suo universo e lo popola di gente bizzarra ma arricchisce anche il suo tono giocoso e magico di un senso malinconico e riflessivo sul nostro tempo: l’amore felice è fatto di istanti eterni, tutto il resto è destinato al disfacimento. Perché anche il bene è una parte del caos che ci circonda, e la natura, che soffre e spesso soccombe nella violenza, lo riconosce. I castagni lo sanno, anche colpiti dai fulmini, e lo sanno i delfini, insieme fino all’ultimo. Il cielo lo sa, nonostante noi.
La lingua semplice ma ingegnosa di Stefano Benni fa affiorare la magia in una potente storia sulla deriva del nostro mondo, in una miscela di fantasia e spirito caustico che è da sempre la traccia personalissima della sua originalità.
– Zio, ma i pesci hanno un’anima?
Lui rispose:
– Se ce l’abbiamo noi ce l’hanno anche loro.