Torna in una nuova edizione un saggio di storia e critica dell’arte diventato ormai un classico: “Il dettaglio – La pittura vista da vicino” dello storico dell’arte Daniel Arasse (1944 – 2003), tra i più importanti studiosi del Rinascimento italiano

La vita dei dettagli, forse il più bello e il più strano dei libri di Antonella Anedda, inizia rievocando uno degli incubi di ogni studente di storia dell’arte: il riconoscimento del dettaglio di un quadro. Ma in questo libro (che emblematicamente ha come sottotitolo Scomporre quadri, immaginare mondi), scrive Anedda nell’Introduzione, accade il contrario: “lo sguardo non riunisce ma scompone, libera i dettagli dal quadro, lascia che diventino un altro quadro. La storia non viene raccontata, ma solo resa possibile”.

La vita dei dettagli è una specie di saggio narrativo sull’esperienza del lutto, costruito a partire da dettagli di opere d’arte collezionati quasi come un gesto apotropaico. È sempre l’autrice a spiegare che per certi versi il libro nasce alla lettura di Arasse, scesa su “un’ossessione, sul desiderio di dare vita ulteriore al dettaglio che di volta in volta mi sorprende”.

Il dettaglio daniel arasse

L’Arasse (Daniel) a cui si fa riferimento è l’autore di un ormai classico volume di storia e critica dell’arte intitolato, appunto, Il dettaglio, pubblicato in Francia nel 1992, tradotto per la prima volta in italiano nel 2007 dal Saggiatore e da poco riproposto in una nuova edizione in un formato grande e con carta lucida che permette di apprezzare a pieno il percorso visivo costruito da Arasse.

Un percorso che, per certi versi come quello di Anedda, trova il suo punto di avvio dall’impossibilità di controllare completamente il dettaglio e dalla passione: “con la valutazione,” scrive Arasse, “meglio con la degustazione dei dettagli si fissa e si sviluppa il piacere del quadro, a rischio di scompaginarne l’unità ideale.

La ricerca sembra nascere proprio da uno sguardo “indiscreto e passionale” (così si legge fra le sue pagine), che può governare solo parzialmente il dettaglio, un elemento irragionevole, che durante la visione crea “un effetto di rimbalzo, suscitando inevitabilmente, fuori da ogni possibile controllo, la dispersione dell’opera”.

Quello di Arasse è in fondo un esercizio di distanza, o forse di “trasgressione” (per usare di nuovo le parole di Anedda), che inizia proprio dalla necessità di avvicinarsi e disubbidire alla distanza. Questa trasgressione è evidente anche nella forma centrifuga del saggio, che non segue (anzi, non può, in quanto una storia del dettaglio è impossibile per Arasse) una progressione storica, ma si articola piuttosto come deviazione, nell’incessante ricerca della bellezza (e del significato) del dettaglio. In questo percorso, non mancano, tuttavia, le puntualizzazioni storiche, tutt’altro: Arasse, partendo dall’esperienza del piacere visivo, ribadisce a più riprese la necessità per gli storici di occuparsi del dettaglio. Perché attraverso questo ci si può interrogare sulla ricezione e la creazione delle opere d’arte, sulle dichiarazioni di poetica, sui grandi sistemi di pensiero con cui il concetto di dettaglio interagisce (per esempio la dialettica singolare/universale, che costituisce il contesto teorico in cui si situa il problema classico del dettaglio).

Continuo a parlarne al singolare, perché il centro della ricerca non è focalizzarsi sui dettagli dei quadri, ma su come il dettaglio (e la riflessione sul dettaglio) ha influenzato la storia della pittura, e come ragionare a partire dal dettaglio possa permettere di riaprire questioni consolidate e farci guardare diversamente a molti dei problemi principali della storia e della critica dell’arte: il problema della differenza tra imitazione e copia della natura, quello tra illusione e verità della rappresentazione; o ancora gli ideali metafisici o politici insiti nella scelta dei dettagli, senza trascurare, sottolinea Arasse, “l’effetto aneddotico, sentimentale, patetico, o ‘devoto’ del dettaglio”.

Il dettaglio, in questo senso, è anche un universo di possibilità, che coinvolge direttamente l’operazione di ritaglio operata dall’occhio di chi guarda (il cui desiderio può anche ‘inventare’ il dettaglio). Un ritaglio che non è solo metaforico, ma anche letterale, se è vero, come racconta in alcune pagine molto suggestive Arasse, che era operazione non così inusuale tagliare via dei dettagli dai quadri per poter prolungare l’esperienza della visione. Proprio per questa attenzione al piacere visivo, Il dettaglio, oltre che a rivolgersi a un pubblico esperto, si offre anche come un percorso di sentieri incrociati per lettori e lettrici appassionati dalla scoperta delle storie che stanno dietro le mosche che si posano su così tante tele, o delle due colombe dell’Annunciazione di Antonello da Messina, o dei piedi di un apostolo nell’Assunzione e incoronazione della Vergine di Albrecht Dürer. In fondo, quello che Anedda dice per La vita dei dettagli potrebbe valere anche per il libro di Arasse: “Di colpo ciò che sembrava trascurabile si è fatto unico, lo sfondo si è ribaltato in un primo piano”.

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