“Il figlio della fortuna” è un racconto preciso, doloroso e sincero della sfera privata e intima di una donna. Dopo 30 anni torna in libreria il romanzo di Yūko Tsushima (1947 – 2016), figlia di Osamu Dazai, celebre scrittore giapponese, un viaggio nel significato più profondo della maternità, della sessualità e della femminilità, con un messaggio risoluto di indipendenza

“Sempre più spesso negli ultimi tempi si era detta che non aveva senso preoccuparsi di ciò che gli altri potevano pensare. Avrebbe presto compiuto trentasette anni. Doveva rispondere solo a se stessa delle proprie azioni. Ora che finalmente aveva preso coscienza di questa ovvia verità, Kōko si era meravigliata, perché nonostante tutto era una verità piena di malinconia e di solitudine”.

Divorziata, sola, con una figlia adolescente, Kōko si arrangia con un lavoro part-time di insegnante di pianoforte. È una donna emancipata, anticonformista, un po’ malmessa, abituata a non prendersi molta cura di sé e della propria casa.

Quella di Kōko è una lotta quotidiana come tante, a far quadrare conti e bollette con pochi soldi, a far incontrare aspettative e realtà: ma quella che lei vive come ostinazione, capacità di gestire la propria vita, per gli altri è un fallimento. Tutti la vorrebbero diversa.

 

il figlio della fortuna

 

Il figlio della fortuna di Yūko Tsushima (ripubblicato in Italia dopo trent’anni di assenza da Safarà, con la traduzione di Maria Teresa Orsi) ha per protagonista una ribelle: il romanzo, uscito nel 1978 e vincitore del Women’s Literature Prize, racconta la psiche femminile scavando dentro tutta la sua complessità, strato dopo strato. Rileggerlo oggi rivela la sua attualità, accanto alla potenza esplosiva che possiamo immaginare sulla scena giapponese degli anni settanta.

Nella rappresentazione della femminilità spregiudicata e indisciplinata alle regole della società, Yūko Tsushima ha compiuto un lavoro di verità, portando l’intimo in superficie, definendo un quadro doloroso della solitudine della donna, la cui mente è capace di mischiare la realtà alla fantasia e al sogno, plasmando il suo mondo. Il figlio della fortuna è un viaggio nel significato più profondo della maternità, della sessualità e della femminilità con un messaggio risoluto di indipendenza.

Kōko non ha avuto una vita facile: prima un’infanzia all’ombra di un fratello disabile sempre bisognoso di attenzioni, ricoverato in un istituto, poi morto in giovane età, il matrimonio finito in divorzio, il rapporto svilente con un’amante sposato.

Lo sguardo indietro, a riempire la testa di ricordi, di scene che si sono cristallizzate fino a forgiare la sua figura di donna, fa da contrappeso allo sguardo dentro di sé, che rivela un mondo parallelo di immaginazione, e crea alternative fantastiche al presente.

La protagonista vive in mezzo ai giudizi della famiglia che non condivide la sua vita economicamente e eticamente precaria. Ma quella che fa più male è la figlia Kayako, che la tratta con sufficienza, con l’insofferenza della giovinezza che vuole sempre di più, magari la vita dei cugini, quella che la zia potrebbe garantirle. La sorella di Kōko incarna il rispetto delle convenzioni, il decoro secondo il pensiero comune: sposata, agiata, con una bella casa, figli ben vestiti e scuole private. Finisce per attirare nella sua vita seducente Kayako, strappandola alla sorella.

Giudicata, mai presa sul serio nelle sue scelte, nel suo anticonformismo, Kōko sperimenta come a trentasei anni non le sia permesso allevare serenamente la figlia, e come la società, rappresentata dalla sua famiglia, la punisca per il suo stile di vita, considerato irresponsabile. Ma Kōko è una donna che nonostante tutto riesce a rimanere fedele a se stessa: forte nel rinunciare alla vita che gli altri vorrebbero per lei, è al contempo vulnerabile e inquieta, piena di indecisioni e di conflitti sulla strada da intraprendere. Lo scoprirsi incinta di un amico la spingerà avanti nel suo percorso di maturazione.

“Ora doveva lasciarsi guidare totalmente dall’istante presente. Questo momento, in questo solo momento non è forse racchiuso tutto il significato dell’universo?”

In momenti di riflessione profonda che sono attraversati da lampi di illuminazione, nelle sue “notti bianche” Kōko si trova a fluttuare in una realtà che percepisce illusoria, mendace, e nella quale la nuova vita che cresce dentro di lei sembra ancorarla al presente, liberandola da falsi legami di dipendenza. La sua gravidanza diventa per Kōko un’asserzione di libertà.

Come tutte le donne, Kōko è la sua più acerrima nemica, fa fatica a conciliare i suoi desideri con la quotidianità e soffre, ma riesce sempre a non perdere di vista la cosa più importante, rifiutare la prepotenza di chi la circonda e la vorrebbe cambiare: la sorella che la vorrebbe sotto la sua ala e la sua direzione, gli uomini che la vorrebbero remissiva e influenzabile.

Quella di Kōko è una sfida alle pressioni, che rivendica il suo diritto a vivere come vuole, e anche a sbagliare.

“Non aveva scelto di vivere in un mondo diverso dagli altri solo perché le faceva comodo. Non si era mostrata ostinata e inflessibile solo nei confronti di Kayako. Per tutta la vita, pur fra mille dubbi, aveva cercato di essere fedele alle proprie scelte. Non sapeva se fossero giuste o sbagliate. Ma chi lo poteva dire?”

La verità dell’intimismo è la cifra narrativa di Yūko Tsushima, romanziera giapponese della femminilità contro ogni convenzione. Il figlio della fortuna è per questo totalmente un “romanzo dell’io” (shishosetsu) nel suo valore di romanzo confessione, immerso nella vita e nelle sue illusioni e fantasticherie, uno sguardo sulle relazioni, sulle paure e sulle aspettative della donna. Emarginazione, solitudine, pressioni sociali sono i temi che Yūko Tsushima affronta con un misto di malinconia e ironia, con un personaggio non facile, non simpatico, ma autenticamente complesso nel suo vivere quella che Simone de Beauvoir amava definire “la grande avventura di essere se stessa”.

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