Karin Smirnoff firma “Il grido dell’aquila”, una storia di diavoli e bambini che segue le orme della trilogia dell’autore svedese Stieg Larsson: “Millennium”. I protagonisti sono i celebri “eroi scomodi” Lisbeth e Mikael: impossibile dimenticarli, ingiusto abbandonarli. Una vicenda dal carattere cinico, violento e spietato, ambientata per una volta lontano dalla consueta Stoccolma…

Ci sono personaggi che sopravvivono ai loro autori e si consegnano al pubblico, diventando patrimonio comune dell’immaginazione. L’hacker Lisbeth Salander e il giornalista Mikael Blomkvist sono ormai protagonisti iconici che hanno attraversato le avventure delle loro storie e il destino del loro creatore.

Lo scrittore svedese Stieg Larsson aveva solo 50 anni, nel 2004, quando è morto per un infarto: aveva appena consegnato i primi tre volumi di Millennium, una serie poliziesca che aveva pensato in 10 romanzi. Larsson non ha potuto assistere a quello che aveva creato: il successo mondiale di una trilogia diventata culto, milioni di copie vendute, adattamenti cinematografici e televisivi.

Storie potenti, buie, violente, ritmi serrati, il dito puntato su misoginia e corruzione: Millennium di Stieg Larsson continua a rappresentare un fenomeno editoriale unico, capace di entusiasmare e insieme far riflettere sulle piaghe della nostra società.

Lisbeth e Mikael sono indubbiamente i punti di forza, eroi scomodi, guerrieri dei nostri tempi, di un millennio contradditorio e insano. Aggressiva, asociale, pallida, minuta, con un drago tatuato e un look gotico-punk, Lisbeth è una protagonista geniale e complessa, una nerd piena di piercing capace di esplodere di rabbia contro le violenze e le ingiustizie subite.

Il suo incontro con Mikael Blomkvist dà vita a una coppia insolita: Mikael è un giornalista famoso per le inchieste della sua rivista Millennium, è un donnaiolo, è testardo, non teme le critiche e gli scandali, ed è capace soprattutto di conquistare la fiducia di Lisbeth.

Lisbeth e Mikael: impossibile dimenticarli, ingiusto abbandonarli.

Per questo, quando il testimone della narrazione è passato a David Lagercrantz, giornalista, autore di romanzi e biografie, i lettori hanno potuto godere di un insperato ritorno, altri tre titoli: esperto di giornalismo investigativo, Lagercrantz ha raccolto un’eredità non facile, e ha condotto le sue storie rinnovando continuamente lo scenario dell’indagine, tenendo il passo sulla passione politica che impregnava la scrittura di Larsson, il contrasto agli estremismi di destra, la deriva di violenza e corruzione, la lotta per la democrazia, combattuta con tutti gli strumenti, con sempre più utilizzo della rete, e panorami di cyber crime che mettono al centro lo spirito di vendetta di Lisbeth.

Il grido dell'aquila di Karin Smirnoff

Adesso ci troviamo a un nuovo giro di boa, ed è una donna a prendere in mano la saga: Karin Smirnoff, autrice lei stessa di una trilogia best seller in Svezia, ha firmato il Millennium 7. Il grido dell’aquila (Marsilio, traduzione dallo svedese di Laura Cangemi e Katia De Marco), una storia di diavoli e bambini, ambientata per una volta lontano dalla consueta Stoccolma.

La strada del destino non si può cambiare. Si può solo scegliere su quale lato camminare”.

Sono diversi i motivi che portano i protagonisti nel “profondo” Nord, a Gasskas: Mikael arriva per partecipare al matrimonio della figlia, Lisbeth perché è stata nominata tutrice di sua nipote Svala, figlia del fratellastro Ronald che Lisbeth odiava, il peggiore di tutti. Lisbeth e Mikael hanno perso i contatti da tempo, ma si trovano vicini, in un luogo inusuale, e non per caso: il collegamento si svelerà lentamente. La trama che l’autrice costruisce è infatti alquanto tortuosa, moltiplica i punti di vista, e separa i percorsi della narrazione a lungo, prima dell’accelerazione risolutiva.

Fedele all’impegno di Larsson di raccontare i nostri tempi, la Smirnoff costruisce una vicenda dove la criminalità e la corruzione proliferano sulla speculazione ambientale. Quella del nord è una terra di risorse naturali importanti, imprenditori e leader politici non tardano a vederci un campo di battaglia seducente: più vasto si fa un progetto di turbine eoliche, più soldi la criminalità riesce a far circolare.

Lo sfruttamento ambientale è l’ambito nel quale si incastra tutto: uomini d’affari, avidi di accaparrarsi le ricchezze locali, criminali psicopatici, giovani rifugiate, bambini soli, “spazzini”, che fanno il lavoro più sporco, nidi d’aquila, chiavi nascoste, e simboli di un passato che si sarebbe preferito dimenticare.

L’occhio le cade sulla giacca di pelle. Croce celtica e scure. Il simbolo del Motoclub Svavelsjö. Il male è risorto. E risorgendo ha voluto cambiare aria”.

Il potere è ancora una volta cinico, violento, lucidamente spietato, si esprime in tutte le sue forme di sopraffazione, verso l’infanzia, verso le donne, bambole nelle mani degli orchi. Stay dead: non c’è altra via di salvezza quando i soprusi diventano un’arma. Correre via dalla mano alzata di un padre violento, fingersi morti in mezzo a una carneficina, e attendere il silenzio attorno a sé.

In un buco di paese del Norrbotten, Lisbeth e Mikael sono fuori dal loro consueto habitat, non solo geograficamente: Lisbeth si trova a badare a una ragazzina, ed è un ruolo impensabile per una come lei. Bisogna riconoscere a Karin Smirnoff il coraggio di provocare, costringendo Lisbeth a mettere da parte per gran parte della storia la sua consueta aggressività e improvvisarsi adulta, perdendo un po’ della sua inquietante magia, e guadagnando in introspezione, con tanta rinnovata attenzione alla sua infanzia.

Sono tanti i parallelismi con Svala, anche lei irrequieta e cresciuta troppo in fretta: una ragazza intelligentissima e indipendente, capace di aprire ogni cassaforte e cavarsela da sola contro i boss criminali. Svala sembra più Lisbeth di Lisbeth stessa, e fa pensare a una possibile e intrigante evoluzione del loro rapporto.

Prima era la ragazza che giocava con il fuoco, adesso la ragazza che non aveva scelta”.

Mikael sembra aver perso la sua carica di fascino, e si trova a una svolta della sua vita più riflessiva: è un padre che fa i conti con le sue carenze, è un giornalista che si scontra con il mondo che cambia, la crisi della carta stampata, la chiusura della sua rivista. Sono tutti diventati freelance, e Mikael senza Millennium non è più nessuno, si sente solo e non riesce a pensare di registrare podcast, come vorrebbe la sua ex socia Erika, lui che si vede come un dinosauro nemico del progresso.

Lisbeth e Mikael sono tornati, insomma, ma sono cresciuti, guerrieri adulti e un po’ sfibrati. Karin Smirnoff è una voce completamente nuova, diretta, drammatica e giornalistica, e con Il grido dell’aquila porta i personaggi su un livello diverso: li libera dal pericolo di replicarsi uguali all’infinito, li fa dialogare con se stessi, e li mette di fronte alla loro maturità e alla responsabilità più umana, quella di prendersi cura degli altri.

Cos’hai da piagnucolare?
Mi danno la caccia.
Ma tu hai la chiave.
La chiave di cosa?
La chiave di tutto”.

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