Quando un’utopia diventa una distopia? “Il marchio”, esordio letterario dell’islandese Fríða Ísberg, immagina una comunità talmente tanto consapevole della necessità di mettersi nei panni altrui (e del potere della terapia) da fare dell’empatia lo strumento di selezione tra chi ha il diritto di stare all’interno della società e chi no. Alla scoperta di un romanzo che solleva questioni etiche e morali…

Quante volte, negli ultimi anni, abbiamo ripetuto la parola “empatia” fino a svuotarla di significato?

Dai trend di TikTok dove gli utenti si autodefiniscono talmente tanto empatici da rattristarsi per una sedia lasciata sul ciglio della strada, alla generale esclamazione: “Se insegnassero l’empatia a scuola queste cose non accadrebbero”, dove per “queste cose” si intende ogni stortura del mondo.

Per quanto la capacità di mettersi nei panni altrui sia fondamentale, è necessario avere ben chiaro di cosa si parla. E soprattutto, è sicuro che istuzionalizzare l’empatia sia la soluzione?

Fríða Ísberg, islandese, al suo esordio letterario, immagina questo: una comunità talmente tanto consapevole della necessità di mettersi nei panni altrui (e del potere della terapia) da fare dell’empatia lo strumento di selezione tra chi ha il diritto di stare all’interno della società e chi no.

Il marchio, pubblicato in Italia dalla Nave di Teseo nella traduzione di Silvia Cosimini, segue la vita di più persone in una cittadina islandese mentre si avvicina il referendum che renderà obbligatorio iscriversi al registro delle persone che hanno superato il test di empatia.

Il marchio, Frida Isberg

Può interessarti anche

Sostenuto da un partito di psicologi, che avevano inizialmente messo a punto questo test per capire come aiutare determinate persone ritenute più fragili a curarsi e a non diventare un potenziale pericolo per la società, questo “marchio” ha iniziato ad avere sempre più successo: viene fatto obbligatoriamente ai parlamentari e ai dipendenti pubblici, poi pian piano viene somministrato a chi vuole prendere una casa in un determinato quartiere, alcune aziende lo fanno fare ai loro dipendenti e così via. È la strada per la sicurezza, per la protezione di ogni individuo, e la terapia per chi non lo passa è gratuita.

Per raccontare la trasformazione della società Ísberg non sceglie un unico punto di vista: c’è Vetur, un’insegnante laureata in etica che non è convinta della possibilità di far fare il test agli adolescenti, tuttavia questo sistema la tutela dallo stalker che le toglie il sonno da mesi.

C’è Oli, il portavoce del partito a favore, che crede fortemente nelle derivazioni positive del test e del registro, anche se questa devozione alla causa crea una spaccatura nel suo stesso matrimonio.

C’è Eyja, un divorzio difficile, che racconta di essere stata licenziata dopo che il capo le ha fatto delle avance, e non riesce a passare il test.

Scopri il nostro canale Telegram

Seguici su Telegram
Le news del libro sul tuo smartphone

Ogni giorno dalla redazione de ilLibraio.it notizie, interviste, storie, approfondimenti e interventi d’autore per rimanere sempre aggiornati

Inizia a seguirci ora su Telegram Inizia a seguirci ora

C’é Tristan, un ragazzo di 21 anni che non ha nessuna intenzione di sottoporsi al test dopo aver visto come il risultato ha distrutto suo fratello, diventato dipendente dal Trex, un farmaco che dovrebbe stimolare l’empatia e che nella finzione letteraria ricorda l’ossicodone.

E poi ci sono due amiche, Tea e Laìla, che non si vedono mai realmente in azione, e si scambiano lettere discutendo del loro rapporto.

Attraverso questa molteplicità di voci, il lettore naviga le questioni etiche e morali che il marchio solleva. La prevenzione del crimine che passa per l’eventuale isolamento del potenziale criminale non è in sé quella che si chiamerebbe una profezia autoavverante?

Tutti i personaggi “benpensanti” hanno ben chiaro in testa che non bisogna ostracizzare chi non è marchiato, eppure, sotto sotto, non riescono a non compiere atti di discriminazione. E quindi: dove si trova questa empatia che hanno conquistato a suon di test, se sono subito tutti pronti a giudicare male la madre separata, preoccupata per la figlia, o il migliore amico iperattivo?

Nella società di Ísberg tutti vanno in terapia, quasi senza eccezione – una condizione che oggi è sempre più auspicata sui social (e non solo) – eppure c’è qualcosa che stona, in questo piccolo mondo. La salute mentale è un problema politico e collettivo: ma nel Marchio, la terapia non è altro che una soluzione imposta dall’alto per proteggere le stesse persone che sono sempre protette in ogni caso.

Non c’è una vera partecipazione, una vera cura di sé e degli altri: ognuno rimane chiuso nei suoi dilemmi personali, con le proprie piccinerie, brandendo come uno stendardo la propria capacità all’empatia. Che nella complessità dell’essere umano, non basta a stabilire cosa significhi essere una brava persona.

Scopri le nostre Newsletter

Iscrizione alla Newsletter
Il mondo della lettura a portata di mail

Notizie, approfondimenti e curiosità su libri, autori ed editori, selezionate dalla redazione de ilLibraio.it

scegli la tua newsletter Scegli la tua newsletter gratuita

Fotografia header: Frida Isberg nella foto di Gassi Olafsson

Libri consigliati