Il fumettista di Rebibbia torna in librerie con il suo primo romanzo a fumetti, “La profezia dell’Armadillo”, occasione per guardare come è cambiato il suo modo di raccontare la sua vita e come si sono evoluti i suoi personaggi…
L’intervista de ilLibraio.it a Zerocalcare: “Mi sono trovato una nicchia in cui campare e lavorare, che non so quanto durerà, ma la mia collocazione l’ho trovata. Chi mi sta intorno mi sembra che si sia un po’ abituato alle macerie…”

Zerocalcare non ha paura di guardarsi indietro. Lo fa costantemente nei suoi fumetti, raccontando episodi della sua vita, e lo fa ancora con la ristampa della sua prima fortunata opera, quella che ha segnato il suo esordio sul mercato editoriale italiano, La profezia dell’Armadillo.

Cosa fa di Zerocalcare un successo nazionale? Un successo che può essere rappresentato con l’immagine dei fan, irriducibili, che aspettano in coda il loro turno alle sessioni di dediche, che si ripete costantemente durante il tour di presentazioni che accompagna l’uscita di ogni suo libro e che si è ripetuto anche per questo (il tour ha già toccato Palermo, Milano a Tempo di Libri, Napoli al Comicon e che arriverà a maggio a Bologna e a Torino durante il Salone del Libro).

Nato come fumettista sul web, ad oggi sono circa 690mila le copie vendute e l’esordio è stato proprio nel 2011 con La Profezia dell’armadillo, arrivato alla diciottesima ristampa e a centomila copie vendute, sempre con la casa editrice milanese BAO Publishing (inserita nella lista delle 1000 aziende “fast-growing” del Financial Times) che ha pubblicato tutte le sue opere. L’autore di Rebibbia (all’anagrafe Michele Rech, 1983) torna in libreria in una Art Edition di questo titolo, in una collana che riprende alcuni dei migliori volumi della casa editrice e li ripropone in un’edizione rivisitata da collezione.

“Mi fa impressione perché ci sono molto affezionato, è il libro che sento più mio visceralmente. Mi rendo conto allo stesso tempo che in realtà fotografa un momento della mia vita tanto diverso da adesso”. Zerocalcare riguarda indietro all’inizio della sua carriera e commenta così, intervistato da ilLibraio.it, la riedizione del suo primo libro.

Erano gli anni in cui tutte le persone che conoscevo stavano finendo la loro formazione, verso i 26-27 anni, avevano più o meno finito l’università ed era nel momento in cui stava scoprendo che tutte le aspettative, tutto quello per cui avevano studiato fino a quel momento in realtà non si stava verificando. Ora, a nove anni di distanza, quel sentimento non c’è più, quello stupore. Mi sono trovato una nicchia in cui campare e lavorare, che non so quanto durerà, ma la mia collocazione l’ho trovata. Chi mi sta intorno mi sembra che si sia un po’ abituato alle macerie”.

zerocalcare
La Profezia dell’Armadillo è il primo romanzo a fumetti, in cui il ricordo dell’amica Camille, venuta a mancare, diventa espediente per Zerocalcare protagonista per raccontare un pezzo di vita, quello dei vent’anni. “L’esterno è entrato dopo. Per certi versi ho sempre raccontato quello che avevo intorno e quello che vedevo, la Profezia era quello che succedeva nel mio piccolo mondo emotivo, in quel momento là. È un approccio che ho sempre cercato di mantenere, quello di partire da me stesso come punto d’osservazione”.

La distanza che intercorre tra l’autore e il personaggio subisce nel tempo degli scossoni, e lo stesso vale con gli altri personaggi, che corrispondono ai suoi amici e ai suoi affetti: “Con il passare del tempo, il personaggio dei fumetti e anche il resto del cast, è rimasto un po’ cristallizzato in quel clichè del fumetto stabilito. In realtà le persone si sono evolute, più che i personaggi e io stesso sono cambiato. Invece i personaggi, un po’ perché non sapevo, un po’ per pigrizia perché uno non ci pensa, sono rimasti fermi a quello stereotipo e in realtà il motivo per me adesso è importante e quello che cerco di fare con il prossimo libro, è cercare di riallineare il cast del fumetto alla vita vera. Qualcuno è ingrassato, io mi sono tolto dei capelli, mia madre ha più occhiaie e gli occhiali, Secco si veste meglio, non più con la felpa”.

Il tema che emerge di più nelle storie di Zerocalcare (che siano sul blog o nei romanzi), probabilmente è la rabbia, in tutte le sue declinazioni. “Che ruolo ha? Gigante. Ogni volta che posto qualcosa sul blog, è perché qualcosa mi ha fatto rosicare. Rancore e rabbia sono due parole pompose, però è vero, io sono una pentola di fagioli, una persona che si lamenta molto, e che sbotta anche. Non sono capace di esprimere il malcontento in maniera cortese. In verità il valore dello sbrocco nella vita mia è molto presente. La mia vita ne è costellata, è uno dei temi che stimolano di più la voglia di raccontare”. In un certo senso vale anche per la Profezia. “L’ho scritta quando ero molto arrabbiato con me stesso per non aver detto delle cose in tempo a una persona, prima di non avere più la possibilità di farlo”.

La narrazione biografica che contraddistingue lo stile di Zerocalcare ha portato anche al romanzo a fumetti Kobane calling, un reportage personale dell’esperienza dell’autore in un villaggio di guerriglieri curdi: “Io però non mi riconosco nella definizione di graphic journalist. Nella mia concezione di giornalismo, c’è una certa distanza dall’oggetto, una pretesa di oggettività. Io, con Kobane calling e tutto quello che faccio, non ho mai una pretesa di imparzialità, cerco di essere intellettualmente onesto e dichiarare che ho preso le parti di uno schieramento ed è un libro che serve a sostenerlo. Certo, il fumetto dà un sacco di valore aggiunto agli altri reportage, è meno fedele alla realtà precisa, però riesce a essere più fedele alle sensazioni e alle emozioni che uno prova, proprio per il fatto che quando disegni puoi disegnare anche quello che senti, non solo quello che vedi. Questo aiuta a generare empatia con l’oggetto del racconto. E ne parlo soprattutto perché incrocio la mia biografia”.

 

 

 

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