Giorgio Gizzi, libraio da trent’anni, e titolare della Libreria Arcadia di Rovereto, debutta con “Inventario della nostalgia”, in parte romanzo di formazione e in parte memoir, che narra un tempo e un mondo ormai scomparsi: la Roma tra gli anni Sessanta e i primi Ottanta. Su ilLibraio.it, la riflessione dell’autore: “I ricordi ti si palesano non cronologicamente, ma nell’ordine che vogliono loro, quasi avessero un’urgenza di affacciarsi e tu li colleghi ad episodi della Storia con la esse maiuscola per cercare di situarli il più precisamente possibile e ancorarli…”
Ai compleanni festeggiati in famiglia, nelle cene conviviali, succede sempre che ci si scambino i ricordi di un tempo passato. E se il nonno o la vecchia zia che non vediamo ormai se non in quelle circostanze ripetono lo stesso episodio raccontato già tante volte, tutti lo ascoltano anche se lo conoscono a memoria. Con quel loro narrare incessante, con l’evocazione dei tempi andati coperti appena da una patina di nostalgia, gli anziani compiono a beneficio di tutti i presenti un’operazione di radicamento dei ricordi.
In quelle occasioni collettive, la storia personale viene tessuta insieme alla storia della famiglia e della comunità di appartenenza. Ma se si è soli, com’è capitato a me di essere, senza nessuno da ascoltare e a cui rivolgere domande, quel mucchietto di ricordi che ti appartiene, che riguarda persone a te care, ti conduce a un incessante lavoro di manutenzione della memoria.
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I ricordi ti si palesano non cronologicamente, ma nell’ordine che vogliono loro, quasi avessero un’urgenza di affacciarsi e tu li colleghi ad episodi della Storia con la esse maiuscola per cercare di situarli il più precisamente possibile e ancorarli. “La memoria è un inciampo, come vorrebbero le pietre in metallo posate davanti alle case dove vissero le vittime della Shoah: un ostacolo in cui cadi e ricadi nel corso della vita, un vecchio argento di famiglia da lucidare dall’odore ferroso e giallastro, tanto che si è ossidato a lasciarlo lì, senza cura alcuna. La memoria richiede un’attenzione costante e i ricordi richiedono rispetto. La memoria prende tempo mentre indietro nel tempo ti porta. La memoria è una corda che si logora, ma non si spezza. La memoria ti rammenta che appartieni a una storia, che tu stesso non sei che il mucchio di storie che ti hanno raccontato e a cui hai voluto credere e che finiscono con l’essere tutto ciò che possiedi. Di lucidare i ricordi e nessuno con cui confrontarli: io ne ho fatto una passione malinconica e mi accorgo che mi piace perfino, anche se fa bene e male insieme, starmene solo abbracciato alla memoria mia”.
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Il bambino protagonista di un romanzo di formazione come Inventario della nostalgia, nato nell’anno del boom demografico, vede la sua famiglia dissolversi: i nonni paterni morire in un incidente d’auto, il padre andarsene di casa senza dare notizie di sé, la madre affrontare lo smarrimento di una situazione che la vede precipitare, lei e il suo unico figlio, da una situazione agiata all’incertezza economica che l’agghiaccia.
I giorni dell’abbandono sarebbe stato un titolo adatto per la situazione da cui generano le avventure del protagonista, ma era già “occupato” e non avrebbe raccontato lo spleen a cui si costringe, mentre si costruisce, a poco a poco, malgrado i malgrado. Perché a salvarlo non basta la sua tenacia, ma anche le persone che incontra – famose e non – che finiscono con il formare una sua comunità emotiva che si sostituisce alla famiglia d’origine: da Gato Barbieri a Rosa Balistreri, passando per un criminale di piccolo cabotaggio e una morale tutta sua che potrebbe esser scappato fuori dalle pagine dell’Autobiografia della leggera di Danilo Montaldi.
Sarà per il tradimento che ha subito da chi più doveva proteggerlo che il bambino di Inventario della nostalgia non si fida facilmente, ma sviluppa una capacità particolare di riconoscere a chi dare fiducia, lontano dai ruoli e dalle appartenenze.
C’è tanta Roma nel libro, quella tra gli anni Sessanta e i primi Ottanta: i cascami del boom economico, i costumi sociali che cambiano, l’apertura dei supermercati e le asprezze degli anni di piombo. Ed anche tanta Italia e per raccontarla attraverso alcuni episodi chiave, ho ascoltato tantissime testimonianze di persone che quegli anni li riconoscono come i loro, ho letto come un forsennato libri scritti in presa diretta e analisi successive e guardato documentari e film i più diversi, assorbendo le storie del Paese minimo, quasi come le persone e le cose potessero esser tenute in vita e comprese solo conservandone il nome o i gesti minuti.
Ecco allora l’Inventario della nostalgia che non è raccolta delle belle cose andate perdute che sarebbe solo un inganno pseudoromantico, ma un’esposizione ragionata senza infingimenti di sorta. I genitori del protagonista vedevano il mondo intorno a loro cambiare molto velocemente: c’era la beatlemania e loro non seppero goderne; c’erano le prime pillole anticoncezionali, ma il loro unico figlio nacque esattamente nove mesi dopo il matrimonio celebrato in Chiesa. Il mercato aveva inventato i giovani come nuovi consumatori, ma loro si erano trovati a interpretare ruoli che altri avevano pensato per loro.
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E c’erano librerie in quel tempo in cui si andava per informarsi e conoscersi e ritrovarsi e stare insieme: luoghi di aggregazione e di scambio. Dalla Feltrinelli di via del Babuino dove i libri venivano esposti in modo nuovo, messi a disposizione del pubblico, all’Uscita di via dei Banchi Vecchi in cui si organizzavano proiezioni di film sulla rivoluzione messicana con dibattito a seguire e capitava che tra il pubblico ci fosse Joseph Beuys o la grande Rizzoli su Largo Chigi dove facevano capolinea gli autobus e si incontravano i politici e gli attori.
Ho frequentato librerie così, come il bambino protagonista del libro, e me le porto dentro: anche per quelle faccio il mestiere che faccio da più di trent’anni; una professione antica e moderna insieme, per affrontare la quale serve saper raccontare storie, capire il proprio interlocutore, non fare passi economicamente avventati, selezionare nel grande mare magnum delle novità non sempre di spessore, curare il catalogo con attenzione. E leggere, leggere, leggere.
L’AUTORE E IL LIBRO – Tra romanzo e memoria, Inventario della nostalgia (Atlantide), esordio di Giorgio Gizzi, titolare della Libreria Arcadia di Rovereto, è un libro inusuale e personale, al cui centro ci sono un tempo e un mondo che non esistono più – l’Italia e Roma tra gli anni Sessanta e i primi Ottanta – e insieme un racconto di formazione ambientato in una famiglia che si dissolve.
Il bambino protagonista, nato nell’anno del boom demografico italiano, scopre suo malgrado come si fa a vivere senza più̀ l’amore del padre e senza più̀ quelle sicurezze economiche e familiari che ha conosciuto fin dalla propria nascita e che un giorno come un altro, insieme alla figura paterna, si diradano improvvisamente, lasciando solo un’assenza e l’ombra di un tempo che non tornerà̀, se non nella nostalgia e nel ricordo.
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