“Julie” di Don Robertson è un romanzo inedito che restituisce un personaggio amato dallo scrittore, e fatto vivere attraverso un diario intimo che sbatte in faccia a chi legge la dura verità dell’essere una donna, tra mille contraddizioni: una donna che cresce, soffre, s’innamora, soffre ancora, consolandosi come può, tra fantasie e tanta realtà, in un’America che cambia – L’approfondimento

“Ma le immaginazioni sono dure a morire, vero? Soprattutto quando una persona è molto giovane e il più delle volte è sola”.

Quarant’anni di Julie, che cresce, soffre, s’innamora, soffre ancora, consolandosi come può, tra fantasie e tanta realtà, in un’America che cambia. Sono anni turbolenti per la società e il mondo intero: tra il 1938 e il 1974, con guerre, contestazioni, cambiamenti sociali, liberazioni culturali e sessuali. 

Julie di Don Robertson (Nutrimenti, traduzione di Nicola Manuppelli) è una gemma appena scoperta, un romanzo inedito che restituisce un personaggio amato dallo scrittore, e fatto vivere attraverso un diario intimo che sbatte in faccia a chi legge la dura verità dell’essere donna, tra mille contraddizioni. 

julie don robertson

Julie ragazzina è sola, introversa, talentuosa studentessa di piano, la mente affollata di amicizie inventate. Claramae è la sua confidente, una ragazzina di colore dagli enormi denti e con i capelli a treccine, con cui Julie parla, chiedendo consigli, una ragazzina che non esiste da nessuna parte, se non nella sua immaginazione. Nelle sue giornate ci sono gare di gocce, silenziose e malinconiche alla finestra quando fuori piove, c’è una lucertola che si chiama Czerny, come il compositore, ci sono anatre morte e anatre di pezza.

Julie si costruisce la sua dimensione, lontana dalle bottiglie e dagli amanti della madre, lontana dai coetanei, lontana dalla realtà, lei che si sente un topo un po’ vigliacco. Si protegge. Poi arriva Morris Bird III, un nome curioso e occhi che la studiano, curiosi anche loro, proprio di lei, che si innamora. 

“Era un periodo, ricordo, di picnic, di ragazze allegre che facevano bolle con le gomme da masticare, dell’immortalità di ardenti sussulti e sospiri e promesse”.

Nella vita ci sono delusioni, distacchi, dolori troppo grandi per un’adolescente, fragile e insicura. E Julie cresce  continuando a cercare un’esistenza che la sorregga, aprendosi con ingenuità mascherata da cinismo a un mondo che corre verso un affrancamento ideologico. Per la Julie ventenne tutto ha il sapore della possibilità: lei, piccola bugiarda del quartiere di Hough, vive tra i suoi sogni anche da adulta, credendo di ingraziarsi così gli altri, finendo per perdere la stima di se stessa.

“Ma noi siamo per sempre ciò che per sempre siamo, dico bene? E questo non è certo un tipo di pensiero che ti fa fare i salti di gioia o correre un brivido lungo la schiena, vero?”.

Bugie per risparmiarsi dalle sofferenze, bugie per farsi accettare, per rendere la vita più importante, più colorata, per non provare imbarazzo. Per inventarsi una nuova sé. Ma è tutta una fantasia, anche quando è il sesso a diventare arma, di ribellione, di affermazione. Dove concedersi agli uomini che incontra si trasforma in una forma di potere, ma anche di negazione di sé. “Io amo più di quanto mi ricordi davvero di aver amato”.

Sullo sfondo c’è una grande storia, con la guerra “in un posto chiamato Corea”, una di quelle guerre “necessarie” per gli americani, che è per tanti, e per Julie, niente di più che un puntino sulla mappa, un titolo di giornale, lontana e irreale.

Non risparmia nulla, questa “versione di Julie”, una storia di una bugiarda che è di un’onestà totale, feroce, una voce sarcastica e tragica, capace di leggere dentro di sé, amandosi e odiandosi al tempo stesso. 

Perché non è facile ammettere a se stessi di aver bisogno di mentire, e riuscire a farlo con spirito tanto irriverente, anche quando le domande rimangono a far male. 

“Quindi tutto ciò che facciamo è procedere, e cercare di resistere, e renderci ridicoli”.

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