“La mia cosa preferita sono i mostri – libro secondo”, arriva (finalmente) in libreria per raccontare il finale della storia di Karen Reyes. La giovane lupa mannara di Emil Ferris ha molti casi in sospeso da risolvere, e anche la sua stessa natura di mostro sarà messa sotto esame. A sette anni dalla prima pubblicazione in Italia, in seguito a travagliate vicende editoriali (ma c’è stato spazio anche per numerosi altri problemi), le penne di Ferris concludono la storia che le hanno rese celebri…
Non è facile essere una giovane lupa mannara nella Chicago degli anni Sessanta. Sicuramente è meglio di essere una ragazzina qualunque, o questo è quello che pensa Karen Reyes la protagonista di La mia cosa preferita sono i mostri (Bao Publishing, tradotto da Michele Foschini) di Emil Ferris.
Sono passati sette anni dalla pubblicazione del primo volume del fumetto, sette anni in cui La mia cosa preferita sono i mostri non ha fatto altro che vincere premi (tra i molti: tre Eisner Award, due Ignatz Awards, il premio Fauve d’or al Festival international de la bande dessinée d’Angoulême e il Premio Gran Guinigi al Lucca Comics & Games) e rimanere un chiodo fisso nella mente dei lettori che volevano conoscere il finale di quella storia.
Il secondo volume del romanzo grafico non era stato concepito all’inizio come una parte a sé stante. Faceva parte delle settecento pagine disegnate con i confondibili inchiostri da Emili Ferris, che costituivano l’intera opera.
Dalle numerose interviste rilasciate a testate inglesi e americane è possibile conoscere un po’ più di Emil Ferris per capire cosa sia successo tra la pubblicazione dei due volumi e in che modo Reyes, la protagonista del fumetto, abbia dettato il suo destino proprio sussurrandolo alla sua stessa disegnatrice.
Come raccontato al Chicago Tribute la vita di Emil Ferris, così come la pubblicazione dei suoi fumetti, non è stata quasi mai semplice. Si potrebbe dire che sia stata spesso un vero e proprio incubo, uno di quelli in cui l’autrice ha imparato a trovarsi a suo agio.
Nata con una grave scoliosi, ha trascorso parte della sua infanzia in un busto che andava dal collo ai fianchi. Da bambina è stata vittima di violenza sessuale, nella stessa Chicago che disegna con i suoi tratti netti.
Alla sua festa di compleanno dei 40 anni, è stata punta da una zanzara e ha contratto il virus del Nilo occidentale, che ha compromesso seriamente le sue abilità linguistiche, causandole una meningite, encefalite e diversi danni cerebrali. È stata anche paralizzata dalla vita in giù e, per un periodo, ha perso il controllo della mano con cui disegnava. Proprio in quel periodo ha iniziato a frequentare la School of the Art Institute of Chicago, ed è lì che ha iniziato a disegnare per la prima volta la storia di Karen Reyes.
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“Mia madre era molto, molto bella, vedevo che le donne belle intorno a me erano spesso limitate non solo dalla loro bellezza, ma anche dal fatto che essere oggetto del desiderio maschile causava frequentemente violenza nelle loro vite. Tutto ciò le limitava in modi terribilmente tristi – la loro intelligenza non era valorizzata. Non erano nemmeno socialmente apprezzate all’epoca. […] Voglio dire, non sembrava affatto una buona cosa, né lo sembrava essere un uomo, perché anche loro erano vittime dello stesso sistema. Non dava loro molta più libertà di quanta ne dava alle donne, in molti modi. Erano costretti a comportarsi in modi che non erano autentici e non gli veniva data la possibilità di realizzare la loro piena personalità. Essere un mostro sembrava la soluzione assolutamente migliore”.
Dopo sei anni di lavoro e appena qualche biro consumata, quando La mia cosa preferita sono i mostri – libro primo era ormai pronto ad arrivare in libreria, un altro evento paradossale colpisce il fumetto.
L’intera tiratura di 10mila copie della Fantagraphics, la casa editrice americana con cui pubblicava, rimane bloccata nel Canale di Panama a causa del fallimento della compagnia di navigazione e del sequestro del contenuto della nave da parte del governo panamense.
Non bastano gli incubi, né i mostri a oscurare la potenza narrativa di Ferris, figuriamoci qualche contrattempo editoriale. I quaderni di Karen Reyes arrivano ai lettori e conquistano premi su premi.
È con il secondo volume, però, che arrivano nuovi problemi per Ferris. Il lavoro originale di settecento pagine da cui potrebbe prendere interamente il secondo volume non la soddisfa. Secondo i documenti depositati nel 2021 dalla Fantagraphics presso un tribunale di Washington, già prima della pubblicazione del primo libro, Ferris aveva chiesto di perfezionare il secondo. Le scadenze vengono posticipate, le date di pubblicazione rinviate. Secondo la Fantagraphics, Ferris “ha attribuito il suo fallimento nel consegnare la versione promessa alla sua salute mentale e fisica, a un computer difettoso e alla sua presunta necessità di generare altri introiti”, sostenendo infine che la Fantagraphics non aveva nemmeno il diritto di pubblicare il secondo libro. Secondo la controdenuncia di Ferris, l’editore stava “bullizzando e sottopagando la sua autrice di punta”.
Le vicende giudiziarie si concludono nel 2022, Ferris consegna il suo lavoro e il caso viene archiviato. Quando le viene chiesto perché ci è voluto così tanto tempo per il secondo libro, risponde così: “Le cose richiedono il tempo che richiedono. Questa è la cosa che ho imparato. Non puoi decidere tutto. Devi ascoltare i tuoi personaggi. È un po’ personale credo, ma a un certo punto Karen mi ha detto — riguardo al modo in cui avevo finito il libro — ‘Io non farei così. So che vuoi che lo faccia. Ma io non lo farei.’ Allora le ho detto, ‘ok, e cosa faresti allora?’ E Karen mi ha risposto dicendomi, ‘Inizia semplicemente a raccontare la mia storia. Disegna e ti dirò cosa succede.’ Io ero tipo, ok! Anche se mi sentivo stranita…’ Ma le storie non ti arrivano come un prodotto in serie esce dalla fabbrica. Arrivano in un modo davvero incasinato”.
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Karen racconta quindi una nuova storia, Ferris si riavvicina ai suoi personaggi e riscrive l’intero volume. La mia cosa preferita sono i mostri – libro secondo, riprende la narrazione da dove l’avevamo lasciata.
La protagonista è sulle tracce dell’assassino della sua vicina Anka. La morte di Mama ha sconvolto l’equilibrio della casa che divide con suo fratello Deeze. L’oscurità di Chicago sembra più densa e i segreti che si nascondono nelle cantine, ma anche nel passato, affollano l’Uptown.
Il secondo volume è anche un viaggio nella sessualità di Karen nei pregiudizi e nel dolore generato da una società violenta e distratta a cui solo i veri mostri potrebbero sopravvivere.
È la protagonista a fare luce su più o meno tutto, la sua capacità di interpretare e prevedere gli eventi non la protegge dal dolore, né dalle sparizioni o dalla brutalità. Karen Reyes è un’osservatrice attenta, ma è anche un pezzo di quell’incubo, e solo essendo un vero mostro potrà proteggere ciò che ama.
Emil Ferris si è presentata a un’intervista per The Guardian con un cappello da strega grande quanto una tenda. Non ha paura degli incubi, ma è piuttosto spaventata da come la magia sia stata allontanata dalla portata degli esseri umani a causa della religione.
Le piacerebbe forse essere una vera strega, ma una cosa è certa: le sue penne costruiscono una narrazione solida, potente e oscura, capace di tenere il lettore attaccato alla pagina, proprio come se fosse sotto l’effetto di una malia: “Penso che l’unico dono che qualsiasi scrittore o artista di qualsiasi tipo desideri ricevere sia la disponibilità del pubblico a viaggiare con il narratore, e ho scoperto che le persone sarebbero disposte a viaggiare con me e Karen. Ero sconcertata, sbalordita, incantata e tormentata”.
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