Il libro di Francesca Giannone, “La portalettere”, prende avvio nel Salento degli anni ’30 e racconta una vicenda familiare lunga un ventennio: sentimenti contrastanti, segreti che possono salvare o distruggere legami, lotta per la parità di genere sono solo alcuni dei tanti temi che animano questo romanzo d’esordio decisamente coinvolgente…
Quando scendono dalla corriera Carlo Greco e sua moglie Anna Allavena, il vento nel paesino di Lizzanello del 1934 sta per cambiare. Per Carlo si tratta di un ritorno nel suo Salento e alla famiglia d’origine, mentre per Anna trasferirsi significa sradicarsi dalla Liguria, lontana com’è dai parenti.
Se non ci vuole molto perché il giovane Carlo pensi di affiancare all’oleificio, gestito dal fratello Antonio, una vigna e dare inizio a una brillante carriera lì, Anna invece ha lasciato in Liguria anche il suo lavoro di maestra, e adesso tutti pensano che si limiterà a essere moglie di Carlo e madre del piccolo Roberto.
Se per Carlo parlare e ascoltare il dialetto leccese significa riaffermare, ancora una volta, le sue radici, la lingua per Anna è un elemento emarginante: col suo accento del Nord, le sarà difficile togliersi dalle spalle l’etichetta di “forestiera” con cui i nuovi compaesani l’additano. Una coppia, un amore, ma anche tanti contrasti.
Fin da questi primi elementi, La portalettere, romanzo d’esordio di Francesca Giannone (in libreria per Editrice Nord) si preannuncia un romanzo familiare dominato dalle opposizioni, ora smussate ora acuite da una rete di interessi e sentimenti.
Facciamo qualche esempio tratto dalla prima parte del romanzo, senza cadere in riprovevoli rivelazioni: Antonio è un fratello affezionato, segue le idee di Carlo e incoraggia i suoi progetti imprenditoriali, eppure resta particolarmente colpito dalla cognata Anna, che considera la donna più bella che abbia mai visto. Viceversa, il suo matrimonio con Agata è di facciata, tanto quieto quanto non appassionato, mentre la moglie ama Antonio e accetta la sua freddezza e i suoi comportamenti imprevedibili, sdrammatizzandoli in presenza della figlia Lorenza.
D’altro canto, Carlo ama Anna, ma a Lizzanello ritrova Carmela, la sua ex fidanzata, lasciata solo per via del tuo trasferimento al Nord, anni prima: ora la donna è sposata e ha un figlio, Daniele, ma non ha mai dimenticato l’amore della sua adolescenza. Benché il matrimonio con Carlo sia sereno, anche Anna nota Antonio, con cui intesse uno scambio di romanzi annotati e sottolineati, tanto apparentemente ingenui e noiosi agli occhi altrui, quanto rivelatori e catartici per i due.
Oltre i libri annotati da Anna e Antonio, La portalettere vive anche di altri messaggi sottotraccia, che solo alcuni dei personaggi sanno cogliere, tra allusioni, mezze verità…
Inoltre, tantissimi sono i silenzi che colpiscono i personaggi del romanzo: alcuni segreti serpeggiano e minacciano di ribaltare gli equilibri in famiglia, mentre altri puntano a mantenere inalterati rapporti e gerarchie. A quale prezzo? Spesso tacere significa soffrire o soffocare i propri desideri. Il pericolo incombente, d’altronde, è quello della rivelazione improvvisa, dell’agnizione talvolta, che porterebbe inevitabilmente allo scandalo, in una società sempre pronta a giudicare gli altri e a puntare il dito.
A scatenare i commenti, ancora una volta, ci si mette la nuova arrivata, Anna: quando scopre che alle poste stanno cercando un sostituto del portalettere, morto prematuramente, decide di candidarsi lei, nonostante il marito sia contrario:
«La reazione di Carlo non si fece attendere: cosa voleva dimostrare mettendosi a fare un lavoro da uomini? le urlò addosso. Non si rendeva conto che tutto il paese le avrebbe riso dietro? È questo che voleva per suo figlio?» (p. 81).
Per quanto tutti, tranne Antonio, considerassero inaudita la candidatura di Anna, il lavoro da portalettere non è che il primo passo per cominciare a conoscere i compaesani e le loro storie, attraverso le lettere che ricevono, che talvolta Anna deve decifrare per loro conto. Se i colleghi in posta si mostrano molto aperti nei confronti di Anna, di cui apprezzano subito l’intraprendenza, la lealtà e l’autenticità, altri compaesani scuotono la testa per i loro pregiudizi di genere.
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Tema, va detto, che Francesca Giannone tratta nel corso di tutta l’opera e non lo affida solo ad Anna, sostenitrice indefessa dei diritti delle donne e della parità di genere. Al contrario, i pregiudizi sono presenti anche in senso opposto e perdurano negli anni: non ci vorranno molte pagine per scoprire, ad esempio, che uno dei personaggi che diventeranno sempre più importanti, Daniele, ha un grande talento come stilista e sarto, ma la sua è una passione da tenere ben nascosta, o il ragazzo diventerebbe lo zimbello del paese.
Vita e morte, legami adulterini e amori negati, grandi slanci di generosità e cattiveria gratuita, passioni vissute a qualsiasi costo e altre represse per quieto vivere: nei quasi vent’anni (1934-1952) narrati nel romanzo accade di tutto, fino all’ultimo salto temporale nel 1961, che potrebbe ricomporre, attorno a una bara, una schiera di non detti.
Liberamente ispirato alle vicende relative alla bisnonna di Francesca Giannone, rese in chiave narrativa, La portalettere si connota fin da subito per la sua capacità di focalizzarsi sulla storia di una famiglia, in primis, e quindi di un paese (il borgo di Lizzanello esiste, ma nella versione letteraria l’autrice ha inserito anche elementi tratti da altri paesi del leccese). La storia c’è, certo, ma resta volutamente sullo sfondo. Al centro, restano, invece, i legami familiari e di amicizia, le lotte per i diritti, nonché gli intrighi, vero motore di una narrazione coinvolgente.
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