Dopo il bestseller “Al di qua del fiume”, Alessandra Selmi torna con il libro “La prima regina”, in cui ripete l’incantesimo, ricostruendo la Storia con un’empatia umana che sa ascoltare le persone, restituendo loro vita e emozioni. Al centro del romanzo, ambientato dal 1868 al 1902, tra Monza, Roma, Napoli e il rifugio sul Monte Rosa, è la figura della futura regina d’Italia Margherita, figlia di Elisabetta di Sassonia. Una trama in cui non mancano le contraddizioni, familiari, sociali e politiche
“Non abbiamo scelta. Rispondiamo a un bene più grande del nostro”.
Studio e passione, disciplina e sentimento, testa e cuore: Alessandra Selmi l’ha rifatto, ha ripetuto l’incantesimo, ricostruendo la Storia con un’empatia umana che sa ascoltare le persone, restituendo loro vita e emozioni.
La sua narrazione storica nasce sulla ricerca, anni di studio, documenti analizzati, visite ai luoghi: solo così si può scrivere, mettendo sulla carta pezzi del passato. Ma come avvenuto in Al di qua del fiume, anche in La prima regina (Nord) c’è un momento in cui tutti i fogli letti e accumulati, gli archivi esaminati, passano in secondo piano, esauriscono la loro funzione. È il momento in cui a guidare la penna è il cuore: i personaggi entrano nel cono di luce e iniziano a prendere colore, a muoversi negli ambienti e negli spazi meticolosamente ricreati per loro, a svelarsi nell’intimo.
Selmi riesce a fare questo: a farci vivere una pagina di storia, facendoci sentire cosa pensano e sentono le persone protagoniste. E questa capacità non si accontenta della più accurata ricostruzione storica, fa battere il cuore.
C’è un intreccio di destini e di mondi, in La prima regina. C’è una serva che si sveglia in una casa nel bosco, che sa di umidità e pane abbrustolito: quel giorno indosserà un grembiule, e andrà a servizio alla villa di Monza presso i Principi di Piemonte. Siamo nel 1868 e, in fila insieme a tutta la servitù, la quindicenne Nina posa per la prima volta gli occhi sulla futura regina d’Italia, Margherita, figlia di Elisabetta di Sassonia.
Il ritratto che Alessandra Selmi fa della giovane Margherita è elegante e forte insieme: portandosi dietro un profumo di violette e zucchero candito, la sposa di Umberto incarna tutto quello che da lei ci si aspetta, tutto quello per cui è nata. Margherita è un simbolo del dovere, cresciuta per arrivare lì, per sposare un trono, più che un uomo, per dare un erede, per stare al posto che le è stato destinato.
Nella recita di corte, tutto deve essere all’altezza, dalle tappezzerie agli inchini, perché la macchina reale è un ingranaggio perfetto: lo sa il vecchio maggiordomo Nestore, che ha vissuto tutta una vita di servizio e cerimoniale, lo impara giorno dopo giorno Nina, che decide di studiare, imparare a leggere e scrivere con l’aiuto di Nestore, perché la vera schiavitù è l’ignoranza.
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Ma in mezzo agli sfarzi e agli intrighi di palazzo, c’è anche il privilegio che si scopre prigioniero del suo titolo: Margherita ha solo un recinto più grande e sontuoso, la sua è un’esistenza già definita, piena di perle preziose, di ricevimenti, ma senza libertà, accanto a un uomo che non la ama, in un matrimonio che è solo un contratto. Sola, senza la possibilità di fidarsi di nessuno, invisibile agli occhi di un marito infedele che la considera un male necessario.
IL DIALOGO, DA NON PERDERE, TRA STEFANIA AUCI E ALESSANDRA SELMI SU LIBLIVE
“Tu da sola non vali niente. Tu o un’altra, non fa nessuna differenza. Non sarai regina perché sei Margherita: sarai regina solo perché Umberto Ranieri Carlo Emanuele Giovanni Maria Ferdinando Eugenio di Savoia, primogenito di Vittorio Emanuele II, ha accondisceso a prenderti in moglie”.
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La prima regina è una storia di donne rivelate nella loro essenza, nella loro tensione tra dovere e libertà: Nina e Margherita sono le protagoniste in primo piano, con i loro percorsi così diversi, che si intrecciano sullo scenario di oltre trent’anni di storia, mondi opposti che si guardano e si capiscono. Nina che si scopre padrona del proprio destino, capace di costruire per sé un futuro emancipato e Margherita che, con la capacità innata di farsi benvolere dal popolo, diventa un’icona, oltre che la regina degli italiani, fino all’ultimo garbata e dignitosa abitante della propria prigione dorata.
Oltre gli eventi, oltre le pagine dei libri di storia, la regina Margherita si svela una donna che rivendica la propria umanità, che di notte seduta per terra ascolta di nascosto le serve parlare, per strappare un lampo di verità alle sue giornate vigili e decorose: le regine devono essere forti, non possono svelare le proprie emozioni, glielo ha sempre ripetuto la madre Elisabetta.
“Il desiderio di essere amate è una debolezza da popolane, Margarethe”.
Non appartenere a sé stessi: la ferita che Alessandra Selmi fa emergere accomuna Margherita a Umberto, che, nella sua durezza di marito distante, è ugualmente il risultato di un’educazione in cui i re non possono piangere, non possono concedersi debolezze, e devono rimanere al proprio posto, senza domandarsi dove vorrebbero essere. Quello di Margherita e Umberto è il contratto di due infelicità che non hanno scelta, e Alessandra Selmi ne trae due ritratti umani profondamente veri e pieni di amarezza.
Sullo sfondo c’è un altro attore ugualmente complesso, che l’autrice riesce a far emergere nelle sue molteplicità: l’Italia è raccontata attraverso tutte le sue contraddizioni di paese ancora sfasciato, e gli italiani sono una moltitudine povera, analfabeta, affamata e arrabbiata. I moti di rivolta sono solo la punta dell’infelicità di un paese diviso e pronto a cambiare, di uomini e donne umiliati dal presente che non sentono nessuna unità e si ribellano con violenza all’ingiustizia, e ai suoi simboli.

Alessandra Selmi (nella foto di Yuma Martellanz) e il suo precedente bestseller, Al di qua del fiume
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La rielaborazione narrativa di Alessandra Selmi è un viaggio storico di scoperta che si compie con il rigore storico e la sensibilità umana, e con una prosa limpida, curata, dettagliata e sempre piena di calore, attenta a cogliere e a regalare sfumature, di atmosfere e di sentimenti.
La prima regina accompagna il lettore in una sequenza temporale ben scandita, dal 1868 al 1902, in tutte le tappe della corte, da Monza a Roma, a Napoli, attraverso un paese pieno di storie e di sorprese, e ci porta fino in cima al Monte Rosa, in quel rifugio a oltre 4000 metri dove Margherita, donna del suo e del nostro tempo, si spinge, coraggiosa e piena di curiosità, a gettare uno sguardo sull’Italia che sente sua, e a incontrare anche la più pura e malinconica immagine di se stessa.
“Questo rifugio aggrappato alla sommità di un monte altissimo, visibile anche dalla pianura come un baluardo di civiltà e progresso, il primo, l’ineguagliabile, sempre in bilico sul vuoto, sferzato dai venti delle bufere eppure impassibile, ammirato da tutti ma circondato dal nulla… delle molte cose che portano il mio nome, questa è quella che mi somiglia di più”.
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