“Un petalo che cade ferma il tempo nella stanza. Ecco io ho ancora paura di sentire il tuf del petalo che si stacca. Dell’amore che, quando inizia, inizia a finire. Però poi mi ricordo che l’amore non è il fiore, l’amore è il nocciolo delle cose, qualcosa che resta quando è estinta la fame, quando è terminato anche il frutto, ma poi lo metti in terra o nel cotone ed è l’inizio di tutto”. Su ilLibraio.it la riflessione di Enrica Tesio, in libreria con “Tutta la stanchezza del mondo – Diario delle mie fatiche”

IL GRANDE A MAIUSCOLO

Ogni azione mi avrebbe condotto nel luogo più giusto per me, e quel luogo era l’amore. L’amore era la grande consolazione, avrebbe incendiato i campi della mia vita in un istante, senza lasciare nulla dietro di sé. Lo immaginavo come la grande livella, come la forza che mi avrebbe purificato e con la sua sola presenza mi avrebbe reso degna di riceverlo. Dopo la prima infanzia, la religione era scomparsa dalla mia vita, e al suo posto avevo coltivato una grande fede nell’amore.

È così che Megan Nolan descrive le sue aspettative sentimentali nel libro di autofiction Atti di sottomissione (NN). A Megan vorrei dire una cosa sola e questa cosa è: non sei l’unica, sorella, c’ero anche io a guardare l’orizzonte con la mano a coprirmi dal sole, tu a Dublino, io a Torino, in attesa della grande fiammata purificatrice. C’ero anche io, insieme a tante mie coetanee cresciute nella fede monoteista e monotematica del grande A maiuscolo.

Parlo al passato perché poi mi è successa una cosa inattesa: mi sono innamorata. Ma davvero, non così per dire, per noia, per necessità, mi sono innamorata di un amore da secondo tempo della vita, quello che arriva quando la crepa dell’esperienza ha iniziato a spezzare il granito delle tue certezze. Non ci sono state fiammate purificatrici, non ci sono state divinità scese dall’alto. Non c’è stata la sensazione di meritarmi tutto il bene che mi stava accadendo. Perché l’amore, ho avuto modo di scoprire, fa tante cose ma no, non ti risolve, al massimo di completa, al peggio ti complica.

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A quarantatré anni suonati continuo a fare il gioco delle scommesse silenziose. Se D. entra nel letto e mi abbraccia prima di addormentarsi mi ama ancora, se mi tocca la coscia mentre guida, se mi prepara il caffè la mattina, se compra quella marca di cereali quando va a fare la spesa. Se mi accarezza la schiena quando siamo per strada e incontriamo un conoscente, se mi guarda senza essere guardato. Se, se, se allora va tutto bene. Forse, mi dico, se tengo alta la mia attenzione, se fisso intensamente il fiore, il fiore non appassirà. C’è quel momento in cui stai leggendo oppure scrivi, il vaso di tulipani è sul tavolo e tuf cade un petalo. Un petalo che cade ferma il tempo nella stanza. Ecco io ho ancora paura di sentire il tuf del petalo che si stacca. Dell’amore che, quando inizia, inizia a finire. Però poi mi ricordo che l’amore non è il fiore, l’amore è il nocciolo delle cose, qualcosa che resta quando è estinta la fame, quando è terminato anche il frutto, ma poi lo metti in terra o nel cotone ed è l’inizio di tutto. Un grosso passo avanti, cara Megan.

Un’altra cosa che ho capito è che l’amore deve essere migliorativo. I difetti spesso sono comportamenti sconsiderati, nel senso che non hai mai preso in considerazione di far diversamente. L’amore è maestro, ti mostra un’altra maniera di fare e pensare le cose, te la mostra senza farti sentire stupida, ti dice: siamo la somma dei nostri “ho sempre fatto così”. Ma c’è un cosà. D. per esempio mi ha insegnato come si cucinano gli asparagi, una vita a farli bollire alla cazzo e poi arriva lui e prende il tegame alto e stretto e li immerge a testa in giù, con i gambi all’aria fuori dall’acqua. Sono più buoni Megan, più croccanti.

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Un altro consiglio che vorrei dare a tutte le Nolan del mondo è dare il giusto ruolo al concetto di “delegare”. Adesso si parla tanto della necessità di delegare sul lavoro, in famiglia, nella quotidianità. Io credo invece che deleghiamo tantissimo, deleghiamo i nostri pensieri, la nostra memoria a Google, deleghiamo all’altro anche la nostra felicità, come se la salvezza potesse venire solo da fuori, dall’esterno. Qualsiasi cosa sia la felicità sono sicura venga da dentro, non da fuori. E sono altrettanto sicura sia un’alternanza, non un punto d’arrivo.

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Una delle mie poesie preferite si intitola L’invincibile estate. La parafraso malamente, Camus dice che ha ritrovato, nel massimo del dolore, una sensazione di gioia, nel pieno dell’inverno un’invincibile estate. Aggiungo che in me alberga anche un invincibile inverno, nel pieno della più soleggiata delle giornate. Quel freddo irredimibile l’amore non lo placa, nemmeno se è un amore maiuscolo, quel freddo ho scoperto che mi costituisce, mi tiene in allerta e, cara Megan, va benissimo così.

enrica tesio tutta la stanchezza del mondo

L’AUTRICE Enrica Tesio è blogger e scrittrice, ha tre figli e un mutuo inestinguibile. Fa la copywriter da quando aveva vent’anni. Nel 2015 ha pubblicato per Mondadori La verità, vi spiego, sull’amore, dal quale è stato tratto un film con la regia di Max Croci. Nel 2017 è uscito per Bompiani Dodici ricordi e un segreto. Nel 2019 ha pubblicato per Giunti Filastorta d’amore. Rime fragili per donne resistenti, che è diventato uno spettacolo teatrale.

Arriva ora in libreria sempre per Bompiani Tutta la stanchezza del mondo – Diario delle mie fatiche, un viaggio sorridente attraverso dodici fatiche, come quelle di Ercole: quelle che ogni sera ci fanno dire “sai che c’è? Io lascio” e poi no, non molliamo.

La trama ci porta al 28 febbraio 2013, nel cuore di una serata di ordinario delirio tra figli piccoli, lavoro arretrato e incombenze domestiche. La protagonista di questo libro ha ricevuto dalla tv una notizia stupefacente: il papa si era dimesso. Non era malato, non era in crisi spirituale: era afflitto dalla patologia del secolo, la stanchezza. E lei si è sentita “parte di qualcosa di grande e insieme sola in modo assoluto”. Perché no, noi non possiamo dimetterci. Noi siamo il popolo del multitasking che diventa multistanching, siamo quelli che in ogni istante libero “scrollano” pagine social per misurare le vite degli altri, quelli che riempiono di impegni il tempo dei figli per il terrore di non stimolarli abbastanza, quelli che di giorno si portano il computer in salotto per lavorare e la sera in camera da letto per guardare una serie ma intanto rispondere all’ultima mail… quelli che, per riposarsi, si devono concentrare…

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