Nel suo primo romanzo, “Atti di sottomissione”, l’irlandese Megan Nolan racconta la relazione tossica tra un critico d’arte violento e una ventenne che lo idealizza, intrappolata in un vizioso autolesionismo. In lei, sessualità e identità si intrecciano al punto tale da non riuscire a esistere come due aspetti separati della sua persona. L’autrice riflette sulle dinamiche uomo-donna e sul desiderio femminile – L’approfondimento

Sono “tempi eccitanti” (per citare il titolo di un recente debutto) per l’Irlanda letteraria, che negli ultimi anni sta vedendo affermarsi autrici di alto livello – Sally Rooney con le sue Persone Normali, Naoise Dolan o Caroline O’Donoghue – accomunate da un potente sguardo indagatore dei meccanismi che muovono la loro generazione: i Millennial.

È il turno adesso di Megan Nolan che prende subito posto accanto alle sue connazionali con il suo esordio internazionale, Atti di sottomissione (NN Editore, traduzione di Tiziana Lo Porto), venduto in oltre dieci paesi. Il romanzo racconta la storia di una ventenne irlandese, dai rimandi autobiografici, e della sua relazione con il critico d’arte Ciaran, relazione che diventa sempre più tossica e ossessiva con il trascorrere dei mesi, per culminare nella violenza estrema dello stupro.

È il 2012 quando i due si incontrano, una sera di aprile, in una galleria d’arte. Da quel momento, per la protagonista inizia una fase di idealizzazione che andrà ben oltre i limiti del maniacale. I segnali d’allarme però sono molti e presenti sin dai primi giorni: un graduale isolamento da amici e familiari, un senso di precarietà costante, sacrifici e dimostrazioni d’affetto a senso unico, velati abusi verbali.

Tutte cose che la ragazza ignora volontariamente per non intaccare l’immagine di perfezione che ha costruito per lui. I meccanismi sono quindi i classici di una relazione violenta, ma il vero punto di forza di Atti di sottomissione risiede nella caratterizzazione incredibilmente realistica, cruda e umana che fa dei suoi personaggi, in particolar modo della voce narrante.

Copertina del libro Atti di sottomissione

Prima di incontrare Ciaran, la vita della protagonista trascorre in uno stato di smarrimento e intorpidimento esistenziale, scalfito soltanto brevemente da eccessi di ogni tipo: nel cibo, nell’alcol, nelle droghe. E nel sesso.

“Quando stavo con gli altri mi sentivo vera; era questo il motivo per cui volevo essere innamorata”, confessa il personaggio di Nolan.

In lei, sessualità e identità si intrecciano al punto tale da non riuscire a esistere come due aspetti separati della sua persona. Non riesce ad abitare il suo corpo, da sola lo sente vuoto, immateriale; è soltanto quando lo mette in uso, quando lo offre al tempio dell’altro, che acquista corporeità e si sente viva.

Questa sua fragilità la lega stretta a Ciaran, che al contrario appare subito duro ma anche “integro, come se contenesse tutto il suo mondo dentro di sé”. La speranza è che quel mondo così compatto possa contenere anche lei e farsi carico della sua rabbia e dei suoi malesseri. Ma lui, narcisista e anaffettivo, non ne ha alcuna intenzione e punisce il suo desiderio con una glaciale indifferenza.

Può interessarti anche

Questo meccanismo identitario per Nolan è lo spunto per riflettere sulle dinamiche uomo-donna e sul desiderio femminile. La sua protagonista è cosciente del potere (legittimato dalla società) che gli uomini hanno su di sé in quanto donna, sulla violenza che sono in grado di esercitare, ma allo stesso tempo rifiuta di essere percepita come vittima, fa di tutto per affermare la propria compartecipazione alla sua stessa sofferenza: “Perché dovrei dire che i cattivi sono loro, e io la buona, e poi limitarmi a osservare cosa accade nel mondo? Il potere che gli uomini hanno avuto su di me, più che una ragione per odiarli, mi sembra un dato di fatto. Non avrei potuto scegliere altri grandi amori invece degli uomini che ho scelto di amare?”. Avrebbe potuto, ma è intrappolata in un vizioso autolesionismo e sceglie di non volerlo.

Con una narrazione frammentata e non lineare – quasi un diario personale, al contempo confessionale e valvola di sfogo – la protagonista di Atti di sottomissione ripercorre così i suoi vent’anni, trascorsi in uno stato di erraticità ed evasione costante, da sé stessa e dal mondo esterno. Non è quindi un caso che il romanzo sia stato scelto da NNE per inaugurare una nuova serie, “Le Fuggitive”, che propone voci femminili “che hanno in comune la fuga, folle, spericolata, irta di ostacoli, una fuga che non è una sconfitta né una resa, ma una coraggiosa ricerca di libertà”.

Quanti modi esistono per fuggire? Quella che Nolan delinea per il suo personaggio è una fuga molteplice. Intesa innanzitutto come stato esistenziale, un continuo fuggire i propri bisogni e desideri, oltre che la realtà con le sue convenzioni e difficoltà. Una fuga che culmina nel vano tentativo di rifugiarsi in uno spazio quasi senza tempo, in cui le cose cessano di esistere finché non diventano troppo urgenti e dolorose per essere ulteriormente ignorate. Ma c’è poi una fuga più semplicemente geografica, fisica: è quella che porterà la protagonista da un’isola all’altra, dall’Irlanda alla Grecia. Verso una ritrovata solitudine e, soprattutto, una lenta ma promettente accettazione di sé.

Libri consigliati