Spesso, negli ultimi tempi, si parla di avvistamenti di lupi anche in contesti urbani, non senza polemiche (e il rischio di un aumento di bracconaggio). Il ripopolamento, dati alla mano, in Italia è in atto (anche se i numeri restano limitati). Da sempre, al tempo stesso, i lupi affascinano anche scrittrici e scrittori. Soggetti di narrazioni paurose, sono spesso utilizzati a loro insaputa come strumenti politici… – Un percorso di lettura
Partiamo da un’immagine. C’è un lupo, addossato alla parete di cemento di uno dei Navigli di Milano. La foto è sfocata, ma il lupo sembra giovane, piuttosto spaventato, infreddolito forse.
È rimasto intrappolato nel canale: chi si occupa di selvatici ipotizza che stesse attraversando il corridoio verde del Parco Agricolo Sud, alla ricerca di nuovi territori. È una cosa che può succedere, i branchi di lupi hanno confini e strutture sociali definite. Per semplificare, i cuccioli del branco, una volta cresciuti, possono decidere se restare per contribuire a un “aiuto” – con un termine molto umano – oppure allontanarsi per creare un nuovo branco. Probabilmente è quello che stavano facendo i lupi che sono stati avvistati nei pressi di Milano nel corso degli ultimi mesi.
Per dare qualche dato, i lupi oggi in Italia sono circa 3300 (dati Ispra), sono pochi insomma, per quanto si stia assistendo a un ripopolamento. E nonostante possa raramente capitare di vederne nei pressi dei centri abitati, i lupi, di natura diffidenti nei confronti delle persone, non sono ritenuti pericolosi per l’uomo.
Il lupo, soggetto di narrazioni paurose, è spesso utilizzato a sua insaputa come strumento politico: è per esempio recente il suo declassamento da specie rigorosamente protetta a specie protetta, con un conseguente allentamento delle regole per l’abbattimento e il rischio di un aumento di bracconaggio, soprattutto nelle aree dove i contatti tra uomo e lupi sono più comuni.
Parla anche di questo Andrea Cassini, nel suo I diari del lupo (Nottetempo, 2025). Cassini vive sull’Appenino pistoiese, dove partecipa a un programma di monitoraggio dei lupi: ore di filmati raccolti dalle fototrappole installate nell’area vicino casa sua, che confina con i boschi, da guardare nella speranza che passino appunto dei lupi e che succeda qualcosa di rilevante per il monitoraggio. Un’attività meditativa, che apre squarci sull’attività del bosco quando non ci sono gli uomini, con o senza lupi.
L’esperienza del bosco di Cassini è condivisa con un cane, Bora, che diventa tramite tra uomo e animali selvatici. La prospettiva non è quindi quella di un – irrealistico – controllo umano sulla natura, ma quella di un dialogo in cui il cane diventa guida e traduttore. I confini cambiano in base alle esigenze, quelli dell’uomo non sono gli stessi del lupo o del tasso, e i movimenti dei selvatici diventano la trama di un racconto più articolato.
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Ovviamente il grande protagonista di questo racconto è il lupo, di cui Cassini racconta etologia e vicende, molte delle quali avventurose, un romanzo naturale. Il lupo, animale antropizzato e politicizzato dall’uomo, è ancora vittima di un racconto irrealistico, che Cassini contribuisce a correggere, ricordando che a superare i suoi confini è, alla fine, sempre l’uomo, che riduce il territorio a disposizione dei selvatici appropriandosene unilateralmente.
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In un’altra uscita del 2025, Altavìa di Sergio Peter (il Saggiatore), il lupo diventa tramite di una ricerca interiore. L’interesse per i lupi, in questo caso, è per il protagonista, Sergio come l’autore, e due amici, un’ossessione, il segno che indica una nuova strada, l’alta via del titolo, come quelle che collegano tra loro le cime, attraversando ghiaioni a cui anche i lupi preferiscono la protezione dei boschi d’alta quota (ma può capitare di avvistarne anche lì). L’esperienza del selvatico di Altavìa, un romanzo letterario, sudamericano nello stile, non inizia però tra i monti ma in città, tra le mura di un collegio e poi per le strade.
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Il sudovest più periferico di Milano è una foresta, un intrico di aree abbandonate e corsi d’acqua, che bisogna conoscere per ritrovare la strada di casa. Anche qui, c’è un cane, ma la Silva di Peter, a differenza della Bora di Cassini, è più ingenua, addomesticata. Il lupo invece, il selvatico, viene studiato, cercato prima nei libri e poi, dopo un avvistamento in città (proprio sui navigli) nei territori che gli spettano, le alpi comasche, che in un cambio netto di ambientazione diventano il nuovo terreno di esplorazione, dove i confini sono, anche qui, principalmente confini degli uomini. I lupi, anche quando non sono nominati, sono in realtà presenti ogni pagina, dalle nozioni più scientifiche alle storie che trasformano la loro ricerca in un’aspirazione individuale.
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La ricerca del lupo torna nel memoir Nelle terre dei lupi della zoologa Mia Canestrini, uscito per Piemme nel 2023, come il film tratto da Nina dei lupi di Alessandro Bertante, dove ancora la foresta diventa strada contrapposta alla città. Canestrini ha trasformato la curiosità per il lupo in un lavoro, seguendo in prima persona progetti di studio e tutela di questo selvatico. Cercare i lupi è stata per Canestrini quotidianità e professione e da cui non è possibile prendere davvero le distanze. Si parte da una città – anche qui – dove l’autrice si è ritirata in un momento di pausa forzata dal lavoro e che, per una persona abituata a muoversi nei boschi, risulta stretta, per poi continuare sul campo. Canestrini racconta la ricerca dei lupi in nuovi territori: un inseguimento che viene fatto in solitudine (ma non è mai davvero sola perché sempre accompagnata da Alice, spinona italiana, un’altra tramite con il selvatico, come Bora e Silva), per cercare nuove traiettorie con il timore sottotraccia di non capire il percorso dei lupi, di mancarli per l’interpretazione sbagliata di una traccia. Le persone che incontra Canestrini sono spesso ostili, al contrario del lupo, che è invece sempre schivo e non vuole scontri inutili con l’uomo. A creare problemi sono invece spesso i cani, randagi o lasciati liberi. Il vagantismo canino è uno dei temi ricorrenti del libro, un fenomeno responsabile di difficoltà sia per quanto riguarda gli equilibri della fauna selvatica, sia per il lavoro di monitoraggio delle colonie di lupi.
Il lupo torna sempre in tutte queste pagine ad avere un valore immaginifico, la sua ricerca è un cammino personale, di cui è vero protagonista chi si mette sulle sue tracce, mentre lui, ignorando il frastuono che circonda il suo nome, continua a scappare, spostarsi, ritornare. Mentre chi lo cerca, chi ne parla, chiede che si mantenga alta l’attenzione, un’attenzione gentile, di studio e conoscenza. Questi testi fanno pensare che questo interesse gentile, possa effettivamente crescere.
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