C’è stato un periodo della nostra vita in cui tornavamo a casa la sera e dicevamo: vediamo chi c’è da Costanzo (quasi quattromilacinquecento puntate, per il celebre show). È morto a 84 anni Maurizio Costanzo, notissimo conduttore televisivo e radiofonico, paroliere, sceneggiatore, scrittore, consigliere ascoltato di politici di destra e di sinistra e uomo di potere della tv, capace di proporre un ritratto sincero del nostro Paese, eternamente in bilico tra dovere e fortuna, popolato da maschere che ci hanno fatto ridere, indignare, divertire e riflettere…

C’è stato un periodo della nostra vita in cui tornavamo a casa la sera e dicevamo: vediamo chi c’è da Costanzo. Il suo show ti entrava nel tinello di casa senza fronzoli, mescolando alto e basso, colto e popolare, arte e denuncia sociale. Dire che è stata una grande rappresentazione del popolo italiano nel work in progress dei suoi costumi, vizi, paure, simpatie, miserie, letture, è giusto ma è dire poco.

Prima dal Teatro Sistina, poi dal Parioli in Roma: “Fu Garinei a suggerirmi di trasferire la trasmissione in teatro, io peraltro l’ho sempre vissuta come un evento teatrale, con personaggi che si scontrano o si amano, litigano e fanno pace, eccetera”, ricordò Maurizio Costanzo un volta.

Il primo sipario si alza nel settembre del 1982, pochi giorni dopo il brutale assassinio a Palermo del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e della moglie Manuela Setti Carraro per mano di Cosa Nostra. E la lotta alla mafia, qualche anno dopo, caratterizzerà in maniera drammatica il Costanzo Show fino a lambire la vita e gli affetti del suo ideatore-conduttore.

La televisione ha, tra i tanti, anche questo potere: farci credere, anzi illuderci, che chi la fa sia eterno. Maurizio Costanzo era tra questi. Se n’è andato a 84 anni, spiazzandoci, quasi di soppiatto, proprio come uno dei tanti personaggi eclettici che ha lanciato nel suo show dove si parlava di tutto, e tutto poteva succedere.

Non si contano gli ospiti scoperti e lanciati: Vittorio Sgarbi che parlava di Michelangelo e Giotto in prima serata, Michele Riondino, Enzo Iacchetti, Dario Vergassola, Platinette, Alda Merini (“Venne a raccontare gli elettrochoc che aveva subito. È stata una delle grandi voci del Novecento. La salvammo dallo sfratto”), Giampiero Mughini e i suoi amati libri e scrittori del Novecento, Giobbe Covatta, Nick Novecento, Gioele Dix, il filosofo e scrittore Stefano Zecchi, il grande Luciano De Crescenzo, che aveva appena scritto il suo Bellavista e che Costanzo fece venire subito sul palco a raccontare le sue storie trasformando i suoi libri in best e long seller da milioni di copie. E poi, Wanda Osiris e Carlo Dapporto. Oltre tremilaseicento ospiti.

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Memorabili le puntate con la formula “uno contro tutti”: l’ospite era solo sul palco e rispondeva a giornalisti e opinionisti seduti nelle prime file. Tra i protagonisti si ricordano lo scrittore Aldo Busi, l’attore Pietro Taricone fino al genio del teatro Carmelo Bene che continuava a ripetere “Io non esisto” fino a far sbroccare Roberto D’Agostino: “Scusi, ma se lei non esiste perché si tinge i capelli?”.

In quarant’anni di show e quasi quattromilacinquecento puntate (sospeso nel 2004, è tornato nel 2007 con cadenza bisettimanale, poi di nuovo nel dicembre 2009 e infine nel 2015), il Costanzo Show è stato un pezzo della storia del nostro Paese perché quel palco sapeva toccare le corde giuste, dare spazio a personaggi che nessuno fino a quel momento conosceva e mobilitare l’opinione pubblica. Molto prima dei social media, chi transitava da quel salotto diventava “virale”, come si dice oggi di personaggi e questioni infinitamente meno importanti e forse anche più banali.

Due esempi su tutti. Primi anni Novanta, uno sconosciuto chirurgo di guerra si presenta al Parioli e racconta quello che sta accadendo in Afghanistan e in altri paesi del mondo con le mine antiuomo che uccidono e feriscono migliaia di persone innocenti, soprattutto bambini.

È Gino Strada, che di lì a poco con la moglie Teresa Sarti e un manipolo di coraggiosi fonderà a Milano Emergency. “Ci fu una cena al Tempio d’Oro, in viale Monza. Raccogliemmo 12 milioni di lire, ma volevamo cominciare dal genocidio in Ruanda e non bastavano, ne servivano 250”, racconterà Strada al Corriere della Sera, “io dissi: beh, ragazzi, firmiamo dieci milioni di cambiali a testa… Per fortuna venni invitato da Costanzo e, puf, la tv è questa cosa qui: in un paio di mesi, arrivarono 850 milioni. Gente che mi suonava al campanello di casa, ricordo una busta con dentro duemila lire spillate”.

In una puntata successiva, nel giugno 1994, Gino Strada torna al Parioli per spiegare cos’è Emergency e Costanzo gli domanda: “Ma chi vi aiuta?”. Risposta: “La bontà della gente, anche la sua”. E il conduttore scende in platea con una cesta per una questua (improvvisata?) tra il pubblico. Bottino finale: quasi cinque milioni di lire consegnati in diretta a Strada.

Il 14 maggio 1993, mentre l’Italia è squassata dalle stragi di mafia nel Continente e dalla tempesta di Tangentopoli, un’autobomba esplode in via Fauro a Roma, a pochi passi dal teatro Parioli, proprio nel momento in cui passava l’auto di Costanzo che aveva appena finito di registrare una puntata del suo show. Nessun ferito. Un miracolo. Il conduttore era stato buon amico di Giovanni Falcone, ospitato diverse volte in trasmissione e ucciso l’anno prima da Cosa Nostra a Capaci, e aveva condotto molti speciali sulla mafia, come quello in contemporanea con Michele Santoro, da Palermo, dopo l’omicidio di Libero Grassi, l’imprenditore che si era pubblicamente rifiutato di pagare il pizzo e fu ucciso il 29 agosto 1991. Proprio dal palco del Parioli, peraltro, il giudice Francesco Di Maggio aveva denunciato le collusioni tra mafia e politica e tra il pubblico, una volta, s’era accomodato, in incognito, il super boss Matteo Messina Denaro.

Costanzo, che aveva iniziato come cronista a Paese Sera nel 1956, è stato un grande giornalista perché faceva le domande giuste per conto degli italiani. Mai banali e superficiali ma neanche troppo difficili o con un linguaggio burocratico e complesso. Ai suoi ospiti chiedeva quello che volevamo chiedere noi sul divano di casa, la mitologica “casalinga di Voghera”, senza per questo scadere nel banale e nel trash ma onorando il senso profondo del mestiere giornalistico, essere un mediatore tra i fatti, quel che accade, e la gente.

Il “predecessore” del Costanzo Show si accende nel 1976. È il talk show di seconda serata in onda sulla Rai Bontà loro: “Mi feci crescere di nuovo i baffi. Pensai: vanno di moda le facce che lanciano messaggi e su ‘sta faccia mia mettiamoci qualcosa”, raccontò una volta.

Un programma semplicissimo, in cui Costanzo metteva a frutto l’esperienza di un giornalismo colloquiale fatta in radio nel programma Buon pomeriggio con Dina Luce e Pasquale Chessa.

In Bontà loro, in particolare, si limitava a far sedere in un salotto tre personaggi più o meno famosi e a chiacchierare con loro del più e del meno. Il successo fu enorme: “Ettore Bernabei era convinto che a quell’ora gli italiani andassero a dormire. Non era vero“, disse Costanzo al Corriere, “alla prima puntata facemmo quasi 5 milioni e mezzo d’ascolto, alla seconda 13”.

I primi ospiti furono “il regista Anton Giulio Majano, un bidello e una ex Miss Italia che era stata espulsa dal concorso perché era stata fotografata con le tette di fuori. Quaranta minuti di domande sulla carriera e sulla vita. Alla seconda puntata venne Francesca Bertini, la diva del cinema muto”.

Il primo politico fu Tina Anselmi, ministro del Lavoro: “Le chiesi perché non si fosse sposata e mi beccai una quindicina d’interpellanze parlamentari. Nel secondo ciclo di trasmissioni venne Giulio Andreotti, presidente del Consiglio. Poi i comunisti Giorgio Amendola e Giancarlo Pajetta”.

Maurizio Costanzo ha scritto più di quaranta libri nella sua carriera, quasi tutti per Mondadori che in un tweet lo ha ricordato così: “I libri Maurizio Costanzo li ha scritti, parecchi e di successo. I libri li ha ideati, come direttore dei Gialli Mondadori e non solo. I libri li ha amati e promossi, portandoli per primo tramite la tv nelle case degli italiani, lanciando autori e grandi bestseller. Ciao Maurizio”. Tra i tanti, E che sarà mai? (2006), La strategia della tartaruga (2009), Preferisco i cani (e un gatto) (2011). Sipario! 50 anni di teatro. Storia e testi (2015), Vi racconto l’Isis (2016), Il tritolo e le rose. È del 2004, invece, l’autobiografia Chi mi credo d’essere, bestseller da centomila copie. L’ultimo Smemorabilia/Catalogo sentimentale degli oggetti perduti (Mondadori) scritto con Valerio de Filippis. Un libro di ricordi e di bilanci, in cui riannoda fili del tempo vissuto, ritrova oggetti e abitudini perdute. A lui sono state dedicate anche svariate biografie come quella di Umberto Piancatelli Chi c’è dietro ai baffi (Nuova Eri, 1994), e quella di Riccardo Bocca Maurizio Costanzo Shock (Kaos Edizioni, 1996).

Costanzo è stato anche paroliere, sceneggiatore, consigliere ascoltato di politici di destra e di sinistra e uomo di potere della Tv italiana.

Uno dei suoi più grandi successi come paroliere risale all’estate 1966, nel pieno del boom economico. L’Italia è in vacanza, spensierata. Al juke-box spopola una canzone: Se telefonando… Testo di Maurizio Costanzo, musica di Ennio Morricone, canta Mina. Racconta di una storia d’amore sbocciata in riva al mare (un grande classico).

Gli ingredienti sono quelli di sempre: la voglia di vivere il momento, la notte, la passione dell’estate, il mare. Ma quell’attimo è vissuto troppo in fretta e brucia forte fino a spegnersi quasi subito.

Ecco che lei intuisce la fine nel momento stesso in cui la storia è cominciata. Inizio e fine sono abbracciati stretti come i due amanti in riva al mare. Ed è lei a voler chiudere tutto con una telefonata. Oggi è possibile (ci sono app di dating dove è la donna a dover fare il primo passo e condurre il gioco), allora, in quel 1966, era incredibile e impossibile perché il corteggiamento (e la decisione di chiudere una relazione) era rigorosamente affare degli uomini. Mina, invece, spariglia: “Se telefonando io potessi dirti addio, ti chiamerei…”.

Un amore che si chiude con una telefonata. Come il sipario del Parioli da dove Maurizio Costanzo avrebbe potuto regalarci ancora un’altra serata di chiacchiere e svago. E un ritratto sincero del nostro Paese, eternamente in bilico tra dovere e fortuna, popolato da maschere che in tutti questi anni ci hanno fatto ridere, indignare, divertire e riflettere.

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