“Questo tempo sfida l’immobilità e il silenzio. A volte distrugge, cambia, trasforma, separa. Ma è sempre proteso, bello e tragico, verso il domani. Chiede all’avvenire un adempimento. È simile a una promessa, questo tempo. Più forte degli accadimenti e della paura” – Melissa Magnani, al suo esordio con “Teodoro”, ha chiesto ai suoi cari di scegliere una parola per descrivere questo momento storico segnato dalla pandemia e ne ha preso spunto per una riflessione

Ho chiesto una parola. Ho domandato ai miei cari di sceglierne una per descrivere questo tempo. Ho raccolto su un foglio le loro risposte. Ho scritto “buio”, “riposo”, “cima”, “lievito”. Ho scritto “casa” molte volte. Mia sorella ha scelto la parola “pazienza”. La mia più cara amica, la parola “juta”. Mia madre, “lupi”. Mio padre, “strada”. Qualcuno mi ha detto “sassi”. Qualcun altro “occhi”.

Ho scritto tutto, appuntato ogni cosa. E ora osservo questo foglio che assomiglia a un grande albero genealogico. Ha lettere al posto dei rami. Ha i nomi dei miei cari, di amici, conoscenti. Trattiene, solido e scuro come l’inchiostro, le loro voci.

“Altalena”. Ogni parola possiede ancora il suono di chi l’ha detta. E questo tempo appare a me come il tempo della voce. L’isolamento porta i corpi a essere lontani, gli spazi a restringersi. Le mani non incontrano altre mani. Restiamo senza abbracci. Ma le voci valicano le distanze. Tracciano nuovi modi di esistere, di esserci, di fare famiglia. Sposano lontananza con lontananza. Complici, le voci si toccano. A loro è concesso sfiorarsi.

“Neve”. Le voci si muovono. Scorrono, lungo i cavi telefonici e le connessioni. Raggiungono case, stanze, camere d’ospedale, altri paesi, città. Vanno dove il corpo non può essere. Le voci passano. Viaggiano. Sono testimoni di ciò che accade nelle nostre famiglie, in perpetuo mutamento, simili ai fiumi o agli alberi.

“Nuvole”. Sono voci che accarezzano, incoraggiano, consolano. Che si adirano, rimpiangono, imprecano. Sono voci che raccolgono altre voci, storie. Che annunciano momenti importanti di una vita che non si arresta. Maria Cecilia aspetta un figlio. Gaia ha perso l’ultimo dente da latte. Filippo cambia lavoro. Gianni si separa da Elisa. Marco lascia la casa a Firenze. Andrea si trasferisce a Versailles. Qualcuno si sposa, in una chiesa di campagna, con soli trenta invitati. Qualcuno adotta una bambina, prepara una culla, un letto, una stanza. Qualcuno si lascia, chiude una porta. Qualcuno prega. Qualcuno non pregherà mai più. Qualcuno ci lascia. Qualcuno ci viene a cercare.

“Finestra”. Il tempo della voce è il tempo del coraggio. È il tempo per pronunciare frasi nuove. Per scegliere una parola e dirla senza paura. Per battezzare, trovare per questo tempo un nome nuovo. Fare dichiarazioni. Esprimere, affermare. Essere audaci. Iniziare. Dialogare con il cielo. Piantare viole o gigli. Non mentire. Accudire una pecora. Lanciare sassi. Rompere specchi. Costruire altari. Nascere. Scrivere. Perdonare. Lasciare segni. Fare ciò che non si era mai fatto. Scegliere di dire “sì”.

“Sì”. Questo tempo sfida l’immobilità e il silenzio. A volte distrugge, cambia, trasforma, separa. Ma è sempre proteso, bello e tragico, verso il domani. Chiede all’avvenire un adempimento. È simile a una promessa, questo tempo. Più forte degli accadimenti e della paura. Illumina. Ridefinisce i vincoli, i legami. Porta alla luce gli affetti più veri, non solo quelli famigliari. Evidenzia. Sottolinea. Lega chi resta, chi sa essere vicino anche nella lontananza.

“Sospensione”, “ritorno”. Forse, allora, le famiglie non sono solamente legami di sangue, ma di parole.

“Altrove”. Forse ogni famiglia non è che un coro di voci antiche e voci nuove, voci vicine e lontane.

“Preghiera”. Forse il tempo è un flusso di voci che si rincorrono, di generazione in generazione, all’infinito.

“Attesa”. Forse è nelle parole che possiamo trovare la forza per resistere a questo tempo. E per esistere, comunque, come carezza, pelle, palmo dentro un altro palmo. Perché essere famiglia, oggi, è essere voce. È trasformare l’assenza in presenza. È salvare le parole essenziali, per riempire il vuoto intorno ai nostri corpi. E, con esse, legare, annodare i giorni. Ancorarci alle nostre radici, come alberi alla terra. Restare saldi. Protenderci gli uni verso gli altri, come germogli, come rami, senza potere vedersi o toccarsi. Resistere a questa tempesta, fino al giorno in cui potremo, nuovamente, a ogni voce dare un corpo. Farne abbraccio.

Teodoro libri da leggere 2021

L’AUTRICE – Melissa Magnani è nata a Correggio nel 1992 e vive tra Correggio e Bologna, dove si occupa di arte e di moda. Teodoro (Bompiani) è il suo primo romanzo, ed è dedicato alla sacralità dei legami familiari.

Teodoro è un bambino vissuto undici giorni. Abita in un luogo sospeso, a mezz’aria. Osserva la vita che accade dopo di lui. Torna nei suoi luoghi. Sotto il campanile, nel campo dove riposano i cavalli, dentro la sua casa. Cerca ancora il suo posto tra le braccia della madre, tra le parole del padre. Pronuncia i nomi dei suoi fratelli, Ero, Gedeone, Ada, Abele, Zaira, Giacinto, Libero, Pellegrino, Mario. Sono nove, nati dopo di lui, tutti all’oscuro della sua esistenza.

La sua vita è un segreto sepolto nella memoria. Ma Teodoro parla, racconta, svela. Si avvicina, tocca, sfiora, consola. Instaura dialoghi d’amore, di complicità, di tenerezza, con i fratelli e i genitori. Le schegge in disordine di ogni esistenza si ricompongono nella voce sussurrata di Teodoro, in un paese di campagna dove la vita è scandita dal ritmo delle stagioni, dai rituali della terra, dalle migrazioni degli uccelli, dai rintocchi delle campane.

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