“Mia nonna e il Conte”, nuovo racconto lungo di Emanuele Trevi, è dedicato a una splendida, misteriosa e talvolta incomprensibile nonna. Può essere letto come un idillio, ma è forse più una riflessione filosofica sul senso oscuro del nostro rapporto col tempo e del nostro ricordare; riflessione a tratti lirica, a tratti se non ironica condotta con un lieve sorriso: “Nella maggioranza delle famiglie del sud, chi comanda davvero, stringendo saldamente il suo scettro di emozioni primarie, è semmai la Madre della Madre: la millenaria, zodiacale, rupestre Nonna Mediterranea…”.

Emanuele Trevi, in Mia nonna e il Conte (Solferino), scherza (ma non troppo) sull’idea di “nonnarcato”, che andrebbe ben oltre quella di matriarcato anche se, a differenza di esso, non ci ha lasciato opere, oggetti, “simboli venerabili”, ma solo forse, e verrebbe da citare un suo titolo, qualcosa di scritto.

O di scrivibile: perché “nella maggioranza delle famiglie del sud, chi comanda davvero, stringendo saldamente il suo scettro di emozioni primarie, è semmai la Madre della Madre: la millenaria, zodiacale, rupestre Nonna Mediterranea”.

Trevi è scrittore soprattutto di ritratti nello stesso tempo precisi e analitici ma anche un poco elusivi; lasciano una traccia di non detto, confinano con le favole e questo confine è mobile, imprevedibile, viene superato nell’una e nell’altra direzione senza che ci se ne avveda. Sono i ritratti della memoria, gli stessi che abbiamo conosciuto in Due vite e in altri titoli – e quanto alle favole non va dimenticato il testo in qualche modo tematico, tra Garboli e il Metastasio, che per l’appunto si intitola perentoriamente Sogni e favole. E ci parla delle lacrime.

Emanuele Trevi GettyEditorial 3-7-2025

Emanuele Trevi (foto Getty)

Ora, in questo libro, e in continuità si direbbe con i suoi lavori precedenti, soprattutto La casa del Mago, per l’importanza che hanno gli oggetti nel procedimento memoriale, non più di favole ma sempre di illusioni si tratta. E di memoria, in qualche modo al quadrato: non la memoria novecentesca che vuole essere lucida o persino spietata, ma semmai di una postmemoria, lontana (ma non troppo) dal senso originario del termine coniato dalla filosofa americana Marianne Hirtsch, che riguarda la trasmissione generazionale di un trauma sociale e politico.

Trevi scava evidentemente nel privato e non nei traumi collettivi, ma sapendo che la memoria viene di volta in volta modificata dal rammemorante, in quel “far grumo” della vita che, lo scriveva nel suo libro d’esordio dal titolo ostentatamente dannunziano, I cani del nulla, “non si lascia trasformare in una storia”.

Emanuele Trevi mia nonna e il conte

Lo fa appunto, e con grande delicatezza, in questo racconto lungo che, in omaggio alla sua diffidenza nei confronti del romanzo, non definiremo romanzo breve.

Mia nonna e il Conte è dedicato a una splendida, misteriosa e talvolta incomprensibile nonna, asserragliata come una elusiva autocrate nel paese natale della famiglia materna in Calabria, dove lo scrittore bambino e adolescente trascorreva le estati, e “da questo punto di vista, non era tanto diversa da quelle statue di dee orientali in cui gli attributi immateriali del carattere, i poteri, il ruolo cosmico prendono la forma concreta di diademi, corone, bracciali”.

Superati gli Ottanta però, dopo una vita quasi immobile da dea “forse di rango inferiore, ma non per questo meno venerabile”, la nonna si trova all’improvviso davanti a un evento che le cambia la vita, o almeno ha la forza dell’inatteso: una sorta di storia d’amore, o di intimità, o di condivisione per ciò che resta da vivere, tra abbandono e riserbo, con un diplomatico di antichissimo casato, che per pur caso si è stabilito per caso nel borgo, e in fondo per caso si trova a dover transitare nelle sue passeggiate verso la piazza principale attraverso il giardino della donna, quindi a chiederne l’autorizzazione.

Scopri la nostra pagina Linkedin

Seguici su Telegram
Scopri la nostra pagina LinkedIn

Notizie, approfondimenti, retroscena e anteprime sul mondo dell’editoria e della lettura: ogni giorno con ilLibraio.it

Seguici su LinkedIn Seguici su LinkedIn

Viene concessa, e da quel momento i due si abbandonano semplicemente a lunghe, piacevoli chiacchierate (salvo un evento particolare, una grande festa a Napoli). Da un certo punto di vista non succede nulla, da un altro questa situazione diventa una nuova possibilità di vita (“E ogni volta che li rivedevo insieme, potevo constatare come la più pura e inestimabile gratuità continuasse a governare i loro giorni”) qualcosa che viene strappato al tempo.

Mia nonna e il Conte può essere letto come un idillio, ma è forse più una riflessione filosofica, o quantomeno saggistica, sul senso oscuro del nostro rapporto col tempo e del nostro ricordare, a tratti lirica, a tratti se non ironica condotta con un lieve sorriso.

Scopri il nostro canale Telegram

Seguici su Telegram
Le news del libro sul tuo smartphone

Ogni giorno dalla redazione de ilLibraio.it notizie, interviste, storie, approfondimenti e interventi d’autore per rimanere sempre aggiornati

Inizia a seguirci ora su Telegram Inizia a seguirci ora

Siamo a una contemplazione rammemorante dell’esistenza fra stupore e inquietudine, la messa a fuoco con strumenti linguistici raffinati e a tratti liricamente compiaciuti, è questo è il linguaggio di Trevi, di quella “immagine della felicità appare alla nostra memoria, che la vede già lontana anche se è recente, come dipinta sulla superficie tremolante di una bolla di sapone”.

Scopri le nostre Newsletter

Iscrizione alla Newsletter
Il mondo della lettura a portata di mail

Notizie, approfondimenti e curiosità su libri, autori ed editori, selezionate dalla redazione de ilLibraio.it

scegli la tua newsletter Scegli la tua newsletter gratuita

 

Fotografia header: Mia nonna e il Conte di Emanuele Trevi (foto di Dino Ignani)

Libri consigliati