Monica Vitti per il cinema è stata una voce e un talento in ogni personaggio. Un talento non immediato, ma profondamente caparbio e multiforme. Che nel libro “E siccome lei” Eleonora Marangoni riporta alla memoria attraverso le donne che l’attrice ha messo in scena – L’approfondimento

Per sua stessa ammissione nella Nota introduttiva a E siccome lei (Feltrinelli, 2020), Eleonora Marangoni dice di aver rivisto ogni film in cui Monica Vitti ha recitato per scrivere questo libro: “Nella filmografia di Monica Vitti c’è di tutto: film dimenticabili o imperfetti, datati e attualissimi, sopravvalutati, inclassificabili e sorprendenti. Alcuni li conoscevo a memoria, altri non li avevo mai visti o neppure sentiti nominare. Li ho guardati uno a uno e, per ciascuna delle donne che è stata al cinema, ho inventato una storia, con l’idea che il suo unico ritratto possibile fosse un ritratto corale, il racconto di una voce unica formata da molte”.

La riconoscenza alla visione cinematografica è palese, mentre ci si addentra in ogni storia scritta dall’autrice, come se si assistesse ogni volta a un fuori onda: frammenti, dialoghi, note, movimenti che non sono mai esistiti in filmografia ma a volte plausibili, altre estranee eppur vicine altre ancora più simili a un’eco di qualcosa d’altro. Mentre la lettura avanza, e con lei la visione che nella nostra testa ripercorre le inquadrature ora di Michelangelo Antonioni ora di Ettore Scola ora di Mario Monicelli, si assiste a un dietro le quinte dei personaggi filmici di Monica Vitti, con le loro idee inespresse o i gesti più iconici, e in parte a un addendum di ogni film di cui sono parte.

E siccome lei Eleonora Marangoni

Monica Vitti è un talento non immediato ma profondamente caparbio e multiforme che Eleonora Marangoni riporta alla memoria – siamo colpevoli ogni volta che lo abbiamo dimenticato – attraverso le donne che l’attrice ha messo in scena.

I racconti seguono un filo invisibile: Marangoni cerca tutto ciò che non è narrato a sufficienza, che quasi manca a rendere completo il ritratto corale di Monica Vitti; mette in luce ciò che le pellicole hanno tralasciato riguardo a Giuliana, Adele, Claudia, Dolores e tutte le altre: “Mi sono chiesta come passa le giornate una a cui fanno male i capelli, cosa pensa Valentina Gherardini quando la festa finisce e lei rimane sola; ho passato un pomeriggio al chioschetto di fiori di Adelaide Ciafrocchi, e ho accompagnato Dea Dani in America. Ho immaginato Éléonore von Milhem a Parigi, prima di diventare la signora Falsen, e mi sono chiesta cosa direbbe la gente di una come Modesty Blaise, se qualcuno si prendesse la briga di andare in giro a chiedere di lei”.

Si passa, quindi, dai toni agrodolci del diario di Angela Ravelli di Ragione di stato a quelli ironici e autoironici dello schema dell’amante redatto da Annalisa di Amori miei, attraversando quelli scanzonati di Dea di Polvere di stelle. La figura dell’attrice si moltiplica e i racconti dell’autrice aggiungono perle ai film già enormi che si conoscono più o meno accuratamente: la Claudia de L’avventura si immerge in una scoperta di sé, a partire da una poltroncina che sembrava non avesse niente da dirle; all’opposto, la storia di Teresa, proprio lei la ladra, è un contrappunto commovente e dovuto a uno dei personaggi più riusciti – e forse sottovalutati – di quel cinema italiano.

C’è l’imbarazzo della scelta, Marangoni non tralascia quasi nulla e ripercorre desideri non esplicitati, emozioni nascoste, espone, per fare un esempio tra i più famosi, Giuliana di Deserto rosso: “[…] aspetta, solo che non si ricorda più tanto bene com’era prima, e a volte le viene il sospetto che neppure gli altri sappiano come sia fatta questa realtà di cui tanto parlano. E se un mistero va bene, due sono troppi”.

Le storie sottintendono un legame diretto e stretto fra Monica Vitti e i personaggi che nella sua carriera hanno preso vita e forma.

Il tocco di Marangoni è rispettoso, si lascia affabulare dai film ma poi diventa artefice dell’immaginazione mai esagerata: entra nella vita dei personaggi, dettaglia i loro altrove e riesce a mantenere la giusta distanza per completare il quadro, incorniciarlo. Marangoni fa un atto di riconoscenza verso un’attrice a cui dobbiamo un immaginario colmo di storie e emozioni, vite quotidiane, di ogni classe sociale e appartenenza; vite irriverenti e popolane quanto vuote e borghesi, che si mescolano con la narrazione e con i film che una dopo l’altra ci ricordano.

In un video di un’ora disponibile su YouTube da marzo 2020, l’attrice risponde alle domande degli studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia. È il 1988, Monica Vitti può già fare un’analisi puntuale della sua carriera, si dona senza reticenze alle domande sul suo lavoro di attrice, sui registi con cui ha lavorato, sulle differenze della recitazione tra l’Italia e l’estero, su come è iniziata la sua carriera e sul rapporto con Michelangelo Antonioni. A proposito di quest’ultimo, si sofferma a raccontarlo, nella sua genialità peculiare: “[…] l’uomo Antonioni è ingenuo, il genio è ingenuo, di solito. […] Noi siamo abituati tra la televisione e il cinema sempre più alla sintesi ma la sintesi qualche volta è molto difficile e per raccontare una storia si deve percorrere anche un tragitto difficile, tortuoso, delicato, sottile, e questa era la strada che percorreva Michelangelo, perché quello è il suo mondo, lui deve raccontare così”.

L’artista e il genio sono difficili da raccontare ma facilissimi da assimilare: questo è quanto. Lei stessa, mentre pronuncia queste parole, ha bisogno di qualche pausa, di qualche pensiero in più: ha chiarissimo ciò a cui vuole arrivare, ma la strada è in costruzione progressiva, un pezzo alla volta, passo dopo passo. Monica Vitti è stata per il cinema italiano la stessa cosa: una voce e un talento in ogni personaggio, che arriva a formulare l’intenzione corale e in ogni sua interpretazione c’era Monica, certo, ma anche il personaggio precedente e quello successivo, così come in ogni capitolo di E siccome lei c’è in controluce la Monica dello schermo, ma anche la donna precedente e quella che sarà.

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