“Diari d’amore” segna il tardivo debutto teatrale di Nanni Moretti, inevitabilmente carico di pregiudizi e già sold out. Il regista mette in scena due commedie di Natalia Ginzburg e fa un passo indietro, o a lato, scegliendo d’investire molto su un corpo attoriale straordinario. Il risultato? Testi dal retrogusto pinteriano, forse più letterari che drammaturgici… – La recensione

Sul sipario ancora serrato del teatro Carignano di Torino, gremito di pubblico attempato, fremente e distinto (in questi giorni lo spettacolo arriva al Piccolo di Milano, prime tappe di una tournée ricchissima di date e di attese) viene proiettata la scritta (titolo antifrastico, leggermente straniante, oppure semplice denotazione didascalica un po’ ammiccante?): Diari d’amore.

Ma forse bisognerebbe chiamarli Diari del disamore questi atti per la scena di Natalia Ginzburg (uno unico, Dialogo, seguito, in disordine filologico, da uno doppio, Fragola e panna, mai rappresentato prima) che scelta di metterli vicini, titolazione e aspettative volevano più morettiani di quanto poi non siano.

Si tratta in effetti di un esordio alla regia teatrale tardivo, carico di pre-giudizi e già sold out, di uno “splendido settantenne”, autore che della forma diaristica e del mettersi “davanti alla macchina da presa” (secondo l’acuta e tagliente battuta di Monicelli) ha fatto parte importante della sua cifra stilistica, da poco ribadita con autoironia e grande umanità nel felice Sol dell’avvenire che, giustamente, ha conquistato tutti come film summa e (facendo le corna) “testamento” di Nanni Moretti, dopo le recenti peregrinazioni meno riuscite, e meno personali, nei Tre piani di Eshkol Nevo (forse troppe mani in sceneggiatura).

DIARI D’AMORE nanni moretti

Qui si narra di coppie borghesi in interni, il cui amore, se mai c’è stato e c’è ancora, sembra appassito e spento, disfunzionale e sterile, cuori in inverno che cercano invano risvegli e altrove (alibi?), senza trovare davvero una via d’uscita, coppie quasi imprigionate in paesaggi (interiori) spenti e tombali, che le scene di Sergio Tramonti (nomen omen?) incastona in un letto matrimoniale notturno tiepido o in un salotto borghese isolato dalla neve, ché la simmetria di queste scenografie canoniche (cliché), come colgono con esattezza certe dottrine orientali, equivale alla morte.

È di questi luoghi dello spirito (più barzelletta – o farsa – che tragedia, come vuole osservazione meta-discorsiva del testo stesso), di case già tombe parlano in qualche modo i testi di Ginzburg, rispettati, quasi inchiodati alla lettera da Moretti, per molti aspetti palesemente datati (anni Settanta) eppure con squarci di contemporaneità illuminanti (come in un inquietante ritorno).

Il regista fa dunque un passo indietro o a lato, s’è detto, scegliendo d’investire molto su un corpo attoriale straordinario, convincente, potente seppur non enfatico, un cast notevole che ruota intorno a un Valerio Binasco perfetto anti-eroe borghese in due declinazioni, credibilissimo, con tratti eduardiani, ben coadiuvato da Alessia Giuliani, sparing partner pienamente all’altezza, e da una Giorgia Senesi presenza sottilmente bunueliana del secondo capitolo. Se la giovane Arianna Pozzoli, forse anche a causa di o in ossequio al personaggio della giovane madre scappata di casa, appare meno centrata (del resto il personaggio è quello insieme più ingenuo e più disperato, quasi un incarnazione proiettiva/compensativa del vuoto desiderio della coppia), è Daria Deflorian che svetta nel personaggio solo in apparenza marginale, ma decisivo e rivelatore, della domestica (inizialmente voce fuori campo, in Dialogo, nella seconda pièce ironico contro-canto popolano, petulante e svelante delle dinamiche borghesi di un silente gioco al massacro che non si consuma mai fino in fondo).

Ne risulta una produzione solida e godibile, meritoria di aver rispolverato dei testi dal retrogusto pinteriano, forse più letterari che drammaturgici, con un rispetto che a tratti appare un po’ troppo timido della materia, come qualcuno che è ospite del mezzo. Un compito ben fatto, che manca tuttavia di guizzi registici, di un’idea forte o un punto di vista che davvero spiazzino lo spettatore.

Calendario delle prossime recite:

14 – 26 novembre 2023 | Milano, Piccolo Teatro – Sala Grassi
30 novembre – 7 dicembre 2023 | Villeurbanne, Théâtre National Pupulaire
12 – 13 dicembre 2023 | Tolone, Théâtre Liberté
15 – 17 dicembre 2023 | Marsiglia, La Criée
20 – 21 dicembre 2023 | Lugano, Lac
10 – 21 gennaio 2024 | Napoli, Teatro Mercadante
25 – 26 gennaio 2024 | Amiens, Maison de la culture
23 maggio – 2 giugno 2024 |Roma, Teatro Argentina
6 – 16 giugno 2024 | Parigi, Théâtre de l’Athénée

L’AUTORE: qui tutte le recensioni e gli articoli di Matteo Columbo per ilLibraio.it

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