La scrittrice Simonetta Tassinari “sposa” le teorie di Doug Lemov, secondo cui genitori e insegnanti non dovrebbero accontentarsi di vedere i bambini impegnati nella lettura di un libro dalla trama e dal linguaggio “semplici”, credendo, magari, che il più sia stato fatto. Ecco perché, al contrario, bisognerebbe proporre testi al di sopra del loro livello…

Se avete sempre pensato che graduare le difficoltà nel campo della lettura fosse la scelta migliore per suscitare amore e attrazione per i libri nei vostri bambini, forse è il momento di riconsiderare questo parere e di ascoltare una voce autorevole, quella di Doug Lemov, che afferma esattamente il contrario: la gradualità non paga, o almeno non paga fino in fondo.

Ma chi è Doug Lemov? Americano, classe 1967, scrittore, conferenziere, pedagogista e attualmente “managing director” delle “Uncommon schools” di New York e del New Jersey, potremmo definirlo un “manager didattico” che si prefigge lo scopo di potenziare il livello di apprendimento dei bambini e dei ragazzi di modesta estrazione sociale, per rendere loro accessibili anche le università più prestigiose. Un manager, in sostanza, che combatte contro lo svantaggio scolastico e ammette che i propri disastrosi trascorsi sui banchi, con le conseguenti frustrazioni, lo hanno sospinto a cercare il metodo per “insegnare come un campione” (e del resto “Teach like a champion”, per l’appunto “Insegna come un campione”, è il suo bestseller).

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Una convinzione assoluta di Lemov, ripresa da diverse testate internazionali – tra cui Quartz – è che non dovremmo accontentarci di vedere i nostri figli impegnati nella lettura di un libro dalla trama e dal linguaggio “semplici”, credendo, magari, che il più sia stato fatto. In realtà, spianare la strada e levigare le difficoltà non ha mai fatto sì che una strada fosse necessariamente e volontariamente percorsa da nessuno, anzi, spesso la mancanza di intralci è addirittura causa di disinteresse.

Bisognerebbe invece proporre ai nostri bambini dei testi ben al di sopra del loro livello, perché questo sollecita le loro capacità, li prepara alla complessità, insegna loro una condotta e ad agire con uno scopo. In particolare, il confronto con un testo impegnativo suscita interazione tra i bambini e i loro maestri e genitori; fa nascere domande, richieste di spiegazione, sollecita risposte e favorisce il dialogo; offre la possibilità di un contatto con costruzioni sintattiche e parole che solo sporadicamente compaiono nel linguaggio parlato, specialmente quello dell’infanzia, e che perciò arricchiscono il vocabolario assieme alla mente; prepara il terreno per i successivi passi avanti; stimola il pensiero concettuale; ha il sapore di una sfida che, una volta vinta, assicura una grande e durevole soddisfazione.

“Dobbiamo avere fiducia nei nostri bambini”, sostiene Lemov, il quale, tuttavia, considera necessaria la presenza di un adulto al fianco del piccolo lettore per garantire il risultato. Resta da immaginare quale potrebbe essere il criterio per catalogare come “difficile” una lettura, infantile o adolescenziale, a seconda della fascia d’età. Tutto sommato si potrebbe agire come si fa per le taglie dei vestiti, e comprare “per la crescita”, ad esempio una maglietta da dieci anni per un bambino di otto? Aggiungere quindi un paio d’anni ai suggerimenti dell’editore, fidarsi del proprio istinto e della conoscenza dei propri figli o tentare, empiricamente, saltando qua e là, osservando quel che succede? Personalmente, e di certo senza saperlo, sono stata un’antesignana delle teorie di Lemov all’epoca della mia (remota) infanzia, quando pescavo indisturbata nella libreria dei miei genitori (i quali mi lasciavano fare, nel tipico ottimismo dei genitori degli anni Sessanta), passando così da Gianni Rodari a Un anno sull’altipiano di Emilio Lussu. Un anno sull’altipiano fu il mio primo libro “serio”, forse troppo, ma la scelta non fu molto fruttuosa: mi spaventò così tanto che domandai a mio padre se, per caso, mi fosse possibile avere un binocolo per spiare l’arrivo dei nemici.
A ogni modo, tra un Emilio Lussu e un Geronimo Stilton ce ne corre.  Con un occhio alle teorie di Doug Lemov, al buon senso e, soprattutto, ai nostri figli.

L’AUTRICE E IL LIBRO – Nel 2015 Simonetta Tassinari ha pubblicato La casa di tutte le guerre, romanzo ambientato in Romagna nell’estate 1967. Nel 2016, sempre per Corbaccio, ha pubblicato La sorella di Schopenhauer era una escort, un libro per i genitori, per i ragazzi, per chi non è genitore e non è neanche un ragazzo, per i curiosi, per chi vuole sorridere, e leggere, della scuola italiana. Un ritratto divertente della generazione smartphone-munita. L’autrice, nata a Cattolica e cresciuta tra la costa romagnola e Rocca San Casciano, sull’Appennino, oggi vive da molti anni a Campobasso, in Molise, dove insegna Storia e Filosofia in un liceo scientifico. Ha scritto sceneggiature radiofoniche, libri di saggistica storico- filosofica e romanzi storici.

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