Daniele Ventre, dottore di ricerca in Filologia classica e docente di Lingue classiche nei licei, ha ritradotto l’Odissea di Omero. Su ilLibraio.it spiega le motivazioni del suo lavoro: “Non c’è bisogno che siamo noi, come traduttori contemporanei, a tagliare addosso ai poemi un’epica in prosa fuori luogo, inducendo i giovani a credere che l’epopea delle origini e il romanzo commerciale siano in fondo la stessa cosa…”

Il modo in cui da sempre la scuola ha presentato ai giovani l’epica è fuorviante.

I poemi epici sono in realtà una forma di intrattenimento, con una fortissima funzione educativa: in sostanza, sono i più remoti antenati di quello che oggi con il tipico inglesismo che piace a un certo mondo dell’informazione e della didattica, si chiamerebbe edutainment.

Nello stesso tempo, però, l’epica è figlia di una società contadina e pastorale primitiva, in origine priva di scrittura, in cui la tradizione orale è l’unico mezzo per trasmettere le conoscenze tecniche e giuridiche e i valori fondamentali necessari a una comunità per sopravvivere.

Miti e poemi epici, passando di bocca in bocca, raccontavano di dèi e di eroi: ma nel contempo le gesta raccontate contenevano mappe del cielo e della terra, norme legali e rituali, messaggi etici, cognizioni mediche, indicazioni dei tempi della caccia, della semina e della raccolta. A un livello più profondo, il mito è perciò il linguaggio tecnico delle comunità arcaiche.

Questa ricchezza di funzioni fa del mito, e dell’epica, un fenomeno a sé all’interno delle forme di espressione poetica. La semplicità dei miti li rende immediatamente accessibili; nello stesso tempo, il linguaggio straniante dell’epica, che è la forma originaria in cui il mito per lo più si tramanda, conferisce alle narrazioni degli eroi e degli dèi il tono di un racconto che si lega alle radici più profonde dell’esistenza umana. Il canto e la danza che spesso si legano alla forma epica del mito, accrescono il suo potere attrattivo.

Quanto questa dimensione originaria sia lontana dal modo in cui l’epica è offerta ai giovani nella scuola attuale, è abbastanza evidente. Un peso non indifferente ha in tal senso la forma che il testo assume in traduzione.

Venendo al caso specifico del poema di Odisseo, uno dei due testi di fondazione del mondo occidentale, le traduzioni in prosa, siano o meno divise in righi corrispondenti ai versi del testo originale, possono avere il merito di facilitare il primo accesso alla comprensione dell’opera, ma hanno il grave difetto di dissolverne l’identità poetica che ne è propria. Tale tendenza è assecondata, nella scuola, dal progressivo restringersi dei tempi dedicati ai contenuti dell’insegnamento, per non parlare dell’inclinazione generale a considerare la forma del testo poetico come tale un puro ornamento esteriore. Alcune versioni dell’Odissea sono redatte in una prosa da romanzo. Sembra una soluzione abbastanza semplice e legittima: dopo tutto, si sente spesso dire che il poema di Odisseo è in fondo il primo romanzo d’Occidente, con le sue avventure fantastiche di viaggio, il suo amore contrastato, il suo ritorno travagliato, la sua vendetta eroica a lieto fine.

Fatto sta che la letteratura greca è stata davvero la culla del romanzo, ma questo fu inventato al margine della storia e dell’epos circa sette secoli dopo la composizione dell’Odissea. Figli dell’Odissea sono di certo i romanzi greci, con i loro amori contrastati, i loro viaggi in terre esotiche e le loro avventure: in un caso, quello delle Etiopiche di Eliodoro, il romanzo è una vera riscrittura dell’epica in prosa. Per questo non c’è bisogno che siamo noi, come traduttori contemporanei, a tagliare addosso ai poemi un’epica in prosa fuori luogo, inducendo i giovani a credere che l’epopea delle origini e il romanzo commerciale siano in fondo la stessa cosa.

Una simile scelta ha anche il risultato, decisamente sgradevole, di far credere a chi si accosta all’Odissea, o all’Iliade, nella scuola, e fuori, che in definitiva il mito appartenga a una sorta di infanzia (nemmeno troppo sveglia) dell’umanità, e che musica e canto, che lo accompagnavano, siano in fondo una perdita di tempo che l’efficienza del nostro mondo avanzato non può concedersi.

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Fatto sta che musica e canto sono le tecniche con cui l’uomo antico è in sintonia col mondo e con le forze (gli dèi) che lo governano, forze (dèi) che coincidono con la stessa natura visibile del reale. La visione che ne deriva non è consolatoria, quanto piuttosto portatrice di serenità nonostante il suo carico di tragedia. Sotto questo aspetto, accanto a una traduzione di servizio, di primo accesso, l’unica traduzione necessaria è quella che cerca, nei limiti del possibile, di ricostruire, o almeno di suggerire, per il mito e l’epica, la musica e il canto che li accompagnavano. Di qui la scelta di ricreare in qualche modo, in italiano, Omero come ritmo e come lingua altra rispetto alle letture da spiaggia, anche solo per suggerire ai giovani che di tanto in tanto, al di là dell’efficienza e del puro consumo, esiste un’altra dimensione dell’esistenza, più profonda, duratura e sensata dell’usa e getta letterario ed esistenziale a cui il mercato ci ha assuefatti.

Odissea di Omero a cura di Daniele Ventre

IL CURATOREDaniele Ventre, nato a Napoli nel 1974, è dottore di ricerca in Filologia classica all’Università Federico II di Napoli e docente di Lingue classiche nei licei. Ha pubblicato numerose traduzioni dal greco e latino e ha curato e integrato i Lirici Greci tradotti da Ezio Savino per Crocetti e Feltrinelli Editore. Con Ponte alle Grazie esce ora la sua traduzione de l’Odissea di Omero.

Daniele Ventre - foto di Dino Ignani

Daniele Ventre – foto di Dino Ignani

L’epica omerica nel Terzo millennio in una nuova veste, con la traduzione integrale con testo greco a fronte, curato da Ventre secondo le più recenti e accreditate edizioni critiche. Un’introduzione del curatore sulle origini del poema, la sua forma, la storia della sua traduzione, con tanto di un ampio apparato di note filologiche, linguistiche, antropologiche, storiche e un glossario mitologico ed etimologico con indice dei nomi.

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