“Orientamento” di Daniel Orozco è un’antologia d’autore con una selezione di racconti tutti ascrivibili alle questioni della precarietà esistenziale, vale a dire quella particolare propensione del “navigare a vista” tipica di chi guarda al futuro ma senza prospettive finanziarie e/o relazionali di riferimento. Una raccolta per chi sembrerebbe aver perso la strada, ma non la direzione. Quella per ritrovarla

L’abitudine all’incertezza quale prerogativa dell’individuo moderno; al suo esordio italiano con la raccolta di (nove) storie Orientamento, traduzione di Emanuele Giammarco per Racconti edizioni, il professore di origini nicaraguensi Daniel Orozco, una cattedra in scrittura creativa presso l’Università dell’Idaho e svariate partecipazioni all’interno dei principali contenitori di letteratura breve americana, approda ai territori dell’antologia d’autore con una selezione di racconti tutti ascrivibili alle questioni della precarietà esistenziale, vale a dire quella particolare propensione del “navigare a vista” tipica di chi guarda al futuro ma senza prospettive finanziarie e/o relazionali di riferimento.

COPERTINA DI ORIENTAMENTO DI DANIEL OROZCO

Ma in che misura può, un eccesso di insicurezze, incidere sulla realizzazione delle proprie ambizioni personali? Parecchio (ce lo suggerisce l’esperienza) e spesso a un punto tale da renderne impossibile il perseguimento: “Quella lì è la mia postazione, e questa qui è la tua postazione”, osserva a tal proposito lo scrittore nell’estratto che dà il titolo all’opera, “(…) Se fai una chiamata d’emergenza senza chiedere, potresti essere licenziato”. Ciò che ne deriva è, lo vediamo bene, un’insofferenza diffusa sui ceti meno abbienti – basso e proletario – tenuti a sopportare non soltanto le disuguaglianze economiche già di per sé insite nella collettività globalizzata, ma pur anche le generalizzazioni di massa caratteristiche di un sistema produttivo fondato su una società-fabbrica (il cosiddetto postfordismo).

Impiegati interinali, operai comunali, magazzinieri allo stoccaggio e poliziotti di pattuglia, sono questi gli atterriti personaggi chiamati a popolare le narrazioni di Daniel Orozco; lavoratori – ma non solo – per la maggior parte anonimi, quasi tutti privi di autonomia così come di diritti alla persona, attraversano le parole dell’autore senza mai risultarne coinvolti, ma piuttosto apparendone rapiti quasi fossero, essi stessi, protagonisti esterni delle proprie vicissitudini.

Preferibile non elencarne le evoluzioni (si rischierebbe di avvilire i magistrali colpi di scena); quel che invece merita sottolineare è quanto le micro-storie dell’autore, seppur concise e di chiarissima esposizione, mal si adattino a soluzioni di trama scontate o strutturalmente chiuse, ma mirino piuttosto a disorientare il lettore per il mezzo di conclusioni letterarie degne del postmodernismo più avanguardista (da David Foster Wallace a George Saunders a Don De Lillo).

Ecco, ad esempio, i verbali polizieschi de L’agente è scontento divenire ironico canovaccio per un’insolita mappatura di atti vandalici; così, nelle poche pagine che costituiscono Storie di fame, un’irrilevante spesa al supermercato trasformarsi in pretesto per un famelico banchetto di disperazione; e quindi, ancora, nel californiano Scosse, l’onda d’urto del terremoto propagarsi di scenario in personaggio per rivelare, infine, le meraviglie del nulla cosmico. Ed è forse questo, in epilogo di trattazione, il profilo di maggior rilievo su cui analizzare la poetica dell’autore: che nel suo tergiversare stilistico e letterario, tanto comprensibile in principio di lettura ma del tutto insondabile sui punti di sviluppo e definizione, sia poi racchiuso il significato più profondo di ogni vita, forse banale nell’apparenza eppure straordinaria nella sua unicità.

“Vivo ogni storia che scrivo come un esperimento. (…) Cerco sempre un qualche tipo di sfida, una sorta di restrizione strutturale o narrativa dalla quale provare e riuscire a sfuggire” ha dichiarato l’autore in un’intervista rilasciata al Fiction Writers Review in occasione della pubblicazione del libro, “Ma sapete cosa? Tutto ciò che importa di una storia, qualunque sia la sua struttura, è che riguardi, sempre e comunque, il significato dell’essere umani”. Con una vertiginosa illustrazione dell’artista di strada Nemo’s a interpretarne la copertina e in attesa del suo prossimo lavoro (un romanzo di più ampia lunghezza), una serie di racconti per chi sembrerebbe aver perso la strada, ma non la direzione. Quella per ritrovarla.

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