“Che si tratti di horror puri o di thriller, leggere storie di tensione durante l’età dell’adolescenza, che ci vede affamati di scariche di adrenalina, è la risposta a un bisogno, ma anche un modo protetto di provare emozioni”. Su ilLibraio.it la riflessione della scrittrice e sceneggiatrice Paola Barbato, autrice del romanzo “La porta viola” per la nuova collana “Dark” del Battello a Vapore: “Ho imparato ad amare i libri quando ho iniziato a temerli, mi sono fatta catturare quando ho creduto che non mi avrebbero lasciata fuggire via…”

Passiamo la vita a sentirci dire che cosa ci faccia bene. Cose scontate: il cibo sano, un po’ di movimento, arieggiare la stanza dove abbiamo soggiornato a lungo, tenerci puliti, non indugiare nei vizi.

Una lista abbastanza lunga, che raddoppia quando si tratta delle cose che invece ci danneggiano.

Spesso il male alberga nell’opposto esatto del bene, tuttavia si scava anche spazi propri. Per esempio non esiste corrispondenza positiva ad alcuna forma di autolesionismo o di umiliazione, e provate un po’ a trovare l’aspetto positivo della violenza.

Esiste però un elemento ibrido, che non è solo una delle due cose, ma entrambe contemporaneamente: è il bene nascosto nel male. Uno stato davvero interessante, almeno per una persona come me, perché il bene nascosto nel male si chiama paura.

È quell’emozione che ci avverte di un pericolo, e maggiore è il pericolo, più difficile è la possibilità di sfuggirvi, più grande si fa la paura. Un male, quindi? Ma no, un bene!

È la paura che ci fa frenare di fronte a una strada che improvvisamente si fa troppo buia, è lei che ci spinge a mettere i guanti prima di spostare i ciocchi di una catasta di legna dove potrebbero nascondersi animali velenosi ed è sempre lei che ci suggerisce di controllare due volte la nostra agenda prima di un appuntamento cruciale. Hai un dubbio? Affidati alla paura, e lei ti metterà al sicuro. Sembra un controsenso, eppure è così.

Ma attenzione: la paura non ha solo lo scopo di evitarti brutte esperienze, esiste un aspetto molto attraente in essa. Parlo della paura per divertimento. Un esempio? Le montagne russe. Un altro esempio? I film dell’orrore. Oppure le straordinarie escape room, in cui entri e, pur sapendo benissimo che il tizio vestito da clown, che impugna una rombante motosega, è un innocuo attore, scappi lo stesso.

E poi l’esempio principe: i libri che fanno paura. È la paura più profonda, quella che mettono in campo, perché non deriva da alcun suggerimento, non ci sono musiche, immagini, meccanismi prevedibili. Quella paura nasce spontanea nella mente di chi legge, senza bisogno d’altro.

Ciascuno crea il proprio mostro, proiettiamo cose che sono rimaste impigliate nel nostro subconscio, chissà quando, chissà dove, e le viviamo come se fossero proprio lì, vive e vere.

I primi libri che ho letto in questa totale immersione sono stati quelli di Stephen King, consumati seduta a terra in un angolo della mia stanza, a sedici anni. Emozione pura, profonda, viscerale, e quando stavo per esserne sopraffatta ecco: chiudevo il volume e tutto era a posto.

Paura vera? Certo. Paura sicura? Altrettanto certo. Che si tratti di horror puro o di thriller, leggere di tensione in quell’età che ci vede affamati di scariche di adrenalina è la risposta a un bisogno, ma anche un modo protetto di provare emozioni. Perché la paura uno dei pochi istinti che abbiamo mantenuto, e in quanto tale può e deve essere addomesticata. Lo si fa sin da piccoli, in maniera inconscia, attraverso i primi libri che trattano temi spaventosi, avvicinandoci gradualmente alle inquietudini, magari depotenziandole, rendendole buffe, ma sempre più familiari.

La paura di cui si sorride, che si conosce pian piano e con cui poi si inizia a giocare, poi a correre, infine a farsi inseguire.

Una compagna di giochi dotata di zanne e occhi che sono pozzi neri, capace di un linguaggio universale perché appartiene a tutti, anche se in maniera diversa.

Ho imparato ad amare i libri quando ho iniziato a temerli, mi sono fatta catturare quando ho creduto che non mi avrebbero lasciata fuggire via. Ne ho avvertito la forza, ho sentito che bisbigliavano a una parte di me che era lì, in attesa.

Di noi stessi conosciamo poco, fino all’età adulta, ma la nostra paura c’è sempre e da sempre e possiamo farci un conto. In fondo costruiamo noi stessi prendendone le distanze e poi riavvicinandola, nascondendola e scoprendola, usandola come stimolo primordiale, nutrimento, vitamina. Per questo la racconto, perché so che è un impulso che può generare mille reazioni e che, anche quando fa male, fa sempre bene.

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paola barbato la porta viola dark

L’AUTRICE E IL LIBRO (CHE SEGNA IL DEBUTTO DI UNA NUOVA COLLANA, DARK)Paola Barbato è, tra le molte cose, un’apprezzata scrittrice e sceneggiatrice di fumetti, attività per cui è stata ben presto chiamata a sceneggiare dei numeri di Dylan Dog.

Nel 2006 ha pubblicato il suo primo romanzo thriller: Bilico, uscito per Rizzoli. Nel 2008 il suo secondo romanzo Mani nude, uscito sempre per Rizzoli, ha vinto il Premio Scerbanenco. Tra gli altri suoi libri ricordiamo Il filo rosso (Rizzoli, 2010), Non ti faccio niente (Piemme, 2017), Io so chi sei (Piemme, 2018), Il ritornante (Piemme, 2019) e L’ ultimo ospite (Piemme, 2021).

Barbato, che nel 2021 ha scritto Vista da qui (Longanesi), ha anche lavorato per la televisione, ed è presidente della Onlus Mauro Emolo, che sostiene persone colpite da una malattia neurodegenerativa.

Il suo nuovo thriller per ragazzi, La porta viola (Piemme), dà il via a una nuova collana, Dark, una serie di storie da brividi che puntano a tenere incollati alle pagine ragazze e ragazzi appassionati del genere horror e del thriller. Si tratta infatti di romanzi pensati per introdurre lettrici e lettori al genere.

Nel libro di Paola Barbato, Alice Sartori, la nuova arrivata nella 3° D, svanisce nel nulla. Esiste un momento, nella vita di ciascuno di noi, in cui veniamo dimenticati. Si tratta di quell’attimo in cui scompariamo dai pensieri di chiunque ci conosca e nella memoria del mondo non esistiamo più. La dimenticanza può durare un battito di ciglia, una manciata di secondi, minuti, perfino ore. E in quel lasso di tempo in cui siamo ancora reali eppure assenti dalla memoria collettiva, qualcosa accade. Mentre ci siamo eppure non ci siamo, qualcuno ci vede. Ci riconosce. E se l’istante dura abbastanza a lungo, davanti a noi potrebbe comparire la Porta Viola

Io so chi è l'assassino di Tim Wynne-Jones

Io so chi è l’assassino dello scrittore anglo-canadese Tim Wynnie-Jones è l’altro titolo che segna il debutto della collana Dark (per ragazze e ragazzi dai 12 anni)

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