Con Andrea Morstabilini, in libreria con “Aldilà”, romanzo ambientato in una Pianura Padana gotica e oscura, un viaggio molto personale nella letteratura horror. In cui si citano, tra gli altri, “Intervista col vampiro” di Anne Rice e autori come Edgar Allan Poe, Bram Stoker, H.P. Lovecraft, Algernon Blackwood, Shirley Jackson, Stephen King e Marlon James

È il 1994. È estate, l’estate dei miei undici anni. Siamo in città, il mare in famiglia non piace a nessuno. Passerà molto tempo prima che io mi rappacifichi con la sabbia che si incolla alla pelle bagnata, l’odore acre delle alghe, ma per ora sono in un supermercato. La luce è fredda come l’aria che circola fra le corsie. La mia preferita, già allora, è quella dei libri. So quale voglio, è da settimane che lavoro tenacemente per convincere mia madre. Lo individuo subito: ne rimangono meno copie di quante ricordassi, l’eco del film comincia a spegnersi. Non per me.

L’ho visto al telegiornale della sera. Gli attori fanno notizia: Tom Cruise, Brad Pitt, Antonio Banderas – i grandi rubacuori degli anni novanta –, insieme per la prima volta. I loro volti, però, a me interessano solo marginalmente: io sono rimasto ipnotizzato dai canini allungati che baluginano nel buio, dai volti cerei, dai mantelli. Da mesi sono ossessionato.

In sala, il film era vietato ai minori di 14 anni, ma adesso sta per uscire la vhs a noleggio e c’è un’intesa fra me e mia cugina: ha dodici anni più di me, lo prenderà lei, lo guarderemo insieme. Prima, però, ed è un’abitudine che non ho perso, devo leggere il libro. Ed eccolo, nella nuova edizione con la locandina del film in copertina. Gli occhi azzurri di Tom Cruise. «Bevi da me e vivrai per sempre».

Intervista col vampiro

Sono sempre stato un lettore vorace, ma prima c’erano i libri per ragazzi e Tolkien, Lo Hobbit e soprattutto Il signore degli anelli nell’edizione Rusconi, poi è arrivato Intervista col vampiro e tutto è cambiato. Da quel momento, come dice il narratore senza nome di Aldilà, «presi residenza stabile nella regione fantastica in cui ogni cimitero ha un vampiro, ogni casa un fantasma». Non me ne sono mai andato.

Dopo Anne Rice è stata la volta di Bram Stoker, dunque King, poi un altro di quegli incontri che cambiano una vita: un “100 pagine 1000 lire”, La casa stregata di H.P. Lovecraft, il libro che definisce i contorni del mio immaginario e la struttura della mia biblioteca domestica: ecco lo scaffale della letteratura inglese, qui l’americana, lassù Shakespeare (è così subito rivelata la mia predilezione idiosincratica per la lingua inglese, che la lista di raccomandazioni poco sotto confermerà) e qui, questi dieci scaffali, qui ci sono i capisaldi della letteratura dell’orrore. I miei maestri della paura.

Ciascuno di loro ha una visione raccapricciante particolarmente memorabile da offrire, un brivido di cui non è possibile fare esperienza altrimenti. Io mi limiterò – ma attenzione: non mi farò problemi a barare, né ad allontanarmi dai confini dell’horror propriamente detto – a sette suggerimenti. Sette, come i cieli degli antichi e le meraviglie del mondo, gli arcangeli e i metalli alchemici, le piaghe d’Egitto, i sigilli dell’Apocalisse.

L’orrore ai tempi di Elisabetta I

Diavoli, streghe, filtri magici: il teatro elisabettiano abbonda di elementi orrifici, ma mai quanto nel Dottor Faust di Christopher Marlowe e nel Macbeth di William Shakespeare.

Se il primo mette al centro la lotta titanica dell’uomo contro le leggi della natura (riassunta nei due più bei versi della letteratura inglese, quando Faust, in procinto di essere trascinato all’inferno dai sicofanti di Mefistofele, intona: «Stand still, you ever-moving spheres of heaven, / That time may cease, and midnight never come…»), il secondo è una tragedia di contrasti insanabili, che riducono l’esistenza umana a «una storia / raccontata da un idiota, piena di rumore / e furia, che non significa nulla» (cito dall’edizione Feltrinelli a cura di Agostino Lombardo). E il fantasma di Banquo è la più sconvolgente apparizione spettrale della letteratura di tutti i tempi.

Edgar Allan Poe

Tutti i racconti di Poe sono capolavori del terrore, ma nessuno più di Berenice svela in modo altrettanto spaventoso il connubio inestricabile fra male e bellezza, desiderio e dannazione (al centro anche di un altro capolavoro, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica di Mario Praz): nei 32 denti di Berenice c’è la summa di Poe e di tutto l’orrore ottocentesco.

Algernon Blackwood

Riconosciuto da Lovecraft come uno dei grandi maestri del terrore, Blackwood è forse più famoso per le storie dell’investigatore dell’occulto John Silence (tra cui il notevolissimo Antiche stregonerie), ma è con I salici che inquieta di più: le fertili campagne europee vengono trasfigurate in un continente alieno, in cui ogni orrore è possibile.

H.P. Lovecraft

Esiste una letteratura dell’orrore sovrannaturale prima di Lovecraft e dopo Lovecraft. La sua produzione artistica è uno spartiacque inaggirabile. Occorre leggere tutto, ma se non si può, Le montagne della follia rappresentano il miglior viatico alla comprensione del suo orrore cosmico: la paura non nasce più dal sovvertimento delle leggi naturali del nostro mondo, ma dalla comprensione che esistono leggi diverse, per le quali l’esistenza umana è un errore da correggere.

Tutte le case sono infestate, ma alcune sono più infestate delle altre

Il topos della casa infestata è fra i più fertili della letteratura dell’orrore, ma a elevare a potenza questo archetipo sono Henry James con il Giro di vite e Shirley Jackson con L’incubo di Hill House, ai quali nessun adattamento cinematografico o televisivo potrà mai rendere giustizia, perché l’essenza del loro terrore sta nell’incertezza che vive nel silenzio fra una parola e la successiva.

Le tre corone dell’horror contemporaneo

Gran parte dell’immaginario orrifico degli ultimi quarant’anni si deve a tre autori. Di Anne Rice e della sua influenza ho già in qualche modo detto: Intervista col vampiro è un romanzo gotico perfetto, barocco e sontuoso. Clive Barker è, dei tre, il più vicino alla lezione di Lovecraft, ancorché rivisitata grazie alla sensibilità queer dell’autore: l’epica weird di Imajica non si scorda. Come io non posso dimenticare il regalo che Stephen King fece a chi, come me, sente di essere nato almeno un secolo e mezzo troppo tardi: le uscite mensili, in edicola, della primissima edizione del Miglio verde. Non il suo capolavoro, ma l’esperienza di lettura dickensiana del Miglio è irripetibile.

Marlon James

Uno dei più immaginifici autori viventi. L’orrore scorre nelle vene di ogni suo libro, compresi Leopardo nero, lupo rosso e Breve storia di sette omicidi, con il quale James ha vinto il Booker Prize, ma è il romanzo di esordio, Il Diavolo di John Crow, a esserne più contagiato: la lotta fra Hector Bligh e l’Apostolo York ha toni biblici, e la nerezza della terra e del sangue che irrora ogni pagina lo rende un inferno indimenticabile, paragonabile alle visioni di Hieronymus Bosch.

Andrea Morstabilini aldilà

L’AUTORE E IL LIBRO – C’è una pianura immobile e silenziosa, attraversata da un fiume pigro, in cui sorge una casa inquietante e solitaria: la villa che uno scrittore ha scelto come suo ritiro, come luogo per isolarsi dal mondo e scrivere un racconto dell’orrore. Ben presto si accorge che tra i vecchi mobili, nelle stanze abitate dalla polvere, si nasconde qualcosa che si riesce distintamente a percepire, ma che rifiuta di farsi spiegare: una presenza, un’ombra, forse un fantasma. Lo scrittore viene attratto, come da una forza invisibile, verso la misteriosa soffitta, che è resa inaccessibile da un’inferriata e che inizia a ossessionarlo. Cosa nasconde il custode della villa nelle fosse che scava ogni giorno in giardino? E con chi parla la domestica mentre è assorta nel suo lavoro? Di cosa si occupa l’enigmatico istituto che ha sede nelle stanze al pianterreno?

Ambientato in una Pianura Padana gotica e oscura, dietro un velo che con uno squarcio potrebbe spalancare l’abisso nero della morte, Aldilà (Il Saggiatore) è un romanzo infestato; ma gli spiriti che ne hanno preso possesso non sono solo quelli dei defunti, evocati in raggelanti sedute medianiche, bensì anche gli spettri della grande letteratura dell’orrore: H.P. Lovecraft ed Edgar Allan Poe su tutti. Tra antiche formule annotate ai margini di pesanti volumi, riti funebri risalenti alle popolazioni galliche, simboli arcani e feticci mortiferi, Aldilà (Il Saggiatore) tenta l’esorcismo estremo: tenere a bada, rimpicciolire, forse addirittura annullare, attraverso la parola, il vuoto di senso da cui tutti siamo attanagliati. Il demone a cui per tutta la vita cerchiamo di sfuggire.

L’autore, Andrea Morstabilini (classe 1983) è editor e traduttore. Per il Saggiatore ha curato la nuova edizione di Le montagne della follia di H.P. Lovecraft (2018) e pubblicato il romanzo Il demone meridiano (2016).

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