“Pose” è la nuova serie Netflix (8 episodi da 50 minuti) ideata da Ryan Murphy. Racconta la ball culture degli anni Ottanta, una sottocultura della comunità LGBTQ afroamericana e latina che ruota attorno alle cosiddette ball, ovvero competizioni in cui i partecipanti sfilano e ballano con mosse estrose ed enfatizzate, cercando di emulare un’altra identità e un altro stile di vita: quello dei bianchi benestanti, da cui gay e trans sono esclusi… – L’approfondimento

Dopo averla attesa per quasi nove mesi, su Netflix è arrivata Pose, la nuova serie di Ryan Murphy (creatore, tra le altre, di Glee, American Horror Story, Scream Queens, American Crime Story), scritta con Brad Falchuk e Steven Canals, che ha debuttato negli Stati Uniti su Fx nel giugno 2018 e che ha ottenuto subito il rinnovo per una seconda stagione, nonché diverse nomination ai Golden Globe.

Pose, otto episodi da circa 50 minuti ciascuno, è un prodotto così ricco e complesso che forse l’unico modo per capirlo fino in fondo è provare a scomporlo in tre parti: l’argomento, il tema e il valore spettacolare.

Parliamo prima di tutto dell’argomento, probabilmente il primo elemento che attira l’attenzione dello spettatore. Pose racconta una realtà che non è ancora del tutto conosciuta, quella della ball culture degli anni Ottanta. Chi ha già visto il documentario Paris is Burning o qualche puntata di RuPaul’s Drag Race sa a cosa ci si riferisce. Si tratta di una sottocultura della comunità LGBTQ afroamericana e latina che ruota attorno alle cosiddette ball, ovvero competizioni in cui i partecipanti sfilano e ballano con mosse estrose ed enfatizzate (il famoso voguing), ispirandosi ad alcune categorie. Categorie che rappresentano il tentativo di emulare un’altra identità, un altro modello, un altro stile di vita: quello dei bianchi benestanti, da cui gay e trans sono esclusi.

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Pose mette in scena le difficoltà di una comunità condannata a vivere ai margini della società, discriminata e ghettizzata, ricercata soltanto per capricci o fantasie erotiche. Tanti dei personaggi che vengono raccontanti condividono infatti lo stesso passato: rifiutati dalla famiglia d’origine, si ritrovano a vivere in mezzo a una strada e a prostituirsi per racimolare un po’ di soldi (e a questo si ricollega un altro grande tema della serie, la trasmissione e il terrore dell’HIV, specialmente in quegli anni, specialmente tra gli omosessuali). Per questo nascono le houses, delle vere e proprie case gestite da madri che accolgono e sostengono giovani che altrimenti non avrebbero né una famiglia né un posto dove stare.

Le ball e le houses diventano allora l’unico spazio dove chi si traveste può essere finalmente quello che vuole, senza limiti né costrizioni sociali. La serie insiste molto su questo punto. I vincitori delle ball sono quelli che riescono a sembrare veri e assolutamente convincenti. L’autenticità è il primo valore da soddisfare per poter trionfare e portare a casa il premio ma, soprattutto, è il solo modo per poter essere chi si è veramente.

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La ricerca della propria identità è infatti il tema portante della serie. Tutti i personaggi lottano per poter diventare quello che sentono di essere. Alcune volte la lotta è fisica e più evidente, come nel caso di chi deve sottoporsi a un’operazione per il cambio di sesso. Altre volte, invece, è una lotta più silenziosa e interna, come nel caso di chi non riesce a capire il proprio orientamento e si trova intrappolato in un’esistenza stereotipata e ipocrita.

Ad ogni modo, si tratta sempre di una lotta feroce, perché si svolge contro una società che giudica e condanna continuamente, davanti alla quale sembra impossibile riuscire a trovare il coraggio di imporsi. Infatti anche all’interno della stessa comunità delle ball ci sono pregiudizi e meschinità, che si rivelano addirittura più spietati di quelli esterni. Ma il messaggio che alla fine emerge dalla serie, per quanto possa apparire stucchevole e scontato (ed invece è solo semplice e commovente), è imparare a credere in se stessi e trovare la forza di seguire il proprio cuore.

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Intrecciando le trame di diversi personaggi, Pose racconta un’unica grande storia, in cui l’aspetto più intrigante, oltre sicuramente alla questione tematica, è la messa in scena. Sono proprio le scene delle ball a occupare la maggior parte delle puntate. Vestiti, cappelli, corone, passi di danza, espressioni mimiche, pose costellano gli episodi definendo la cifra stilistica della serie e rendendola un prodotto unico nel suo genere.

Ogni volta che inizia una gara e una voce annuncia la categoria, non si aspetta altro che vedere sfilare e muoversi i personaggi, che si presentano sempre con nuovi abiti da togliere il fiato. La spettacolarizzazione di queste sfilate è il valore più alto di Pose, il suo marchio e il terzo, definitivo motivo per cui vale la pena vederla.

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