L’anniversario degli eventi di piazza Tienanmen porta con “Risorgere” di Paolo Pecere un romanzo che ripercorre la memoria, in un incontro tra passato e presente che non ha confini, né lingue – L’approfondimento

Gloria e Marco: lei italo-cinese, violoncellista, lui studente antropologo, precario nella vita e nelle speranze. Si conoscono a Berlino, si muovono, come i giovani sapranno sempre fare, alla ricerca di uno scenario possibile, di un’identità e di un progetto. Sono senza dimora e senza patria, i protagonisti di Risorgere di Paolo Pecere (Chiarelettere): abitanti di un futuro prossimo, vivono in bilico, cercando di capire se ci sono valori su cui appoggiarsi, se c’è un’eredità da cogliere in questo presente squassato.

“Non può finire così, sommersi dopo trent’anni in un mondo già condannato, assordati dal botto avvenuto prima che nascessimo, gli sguardi bassi, le spalle rivolte al futuro, i piedi ficcati nelle macerie e una corrente che ci succhia indietro, nell’abbraccio geloso dei morti. Tutto risorge, diverso da prima”.

Il presente che ha visto la caduta del Muro, che ha visto l’energia e la violenza di Tienanmen, si ritrova senza nulla in mano, a fare i conti con una bancarotta materiale e spirituale.

Gloria e Marco partono, per andare in Cina, sulle tracce del padre di Gloria, Chen, che a Tienanmen c’era, a sbandierare ideali, con la parola Libertà e il sogno fasullo di essere occidentali, per poi finire ai tavoli da gioco, cinico imprenditore, miliardario con troppi demoni e nessun credo. Tutta la Cina si era risvegliata instupidita, convalescente dall’eccitazione di un’impresa che era sembrata eroica e sfibrata dalle illusioni collettive svanite.

È un mondo ferito quello che attraversano Gloria e Marco, anche quando si fermano a Roma da Raffaella, la madre di lei, spettro della donna che era, che aveva vissuto musica e tradimenti, bellezza e falsità. Adesso il suo è un fascino offuscato dalle delusioni, dall’alcol, e dall’amarezza dei ricordi; disillusa e sarcastica, decrepita proprio come Roma, simulacro di se stessa.

“Roma era inerte ma esperta di millenni di catastrofi, violata mille volte e quindi pronta a tutto e a niente. Riconoscendosi come porto di provincia di un impero asiatico avrebbe continuato a languire nella sua non morte e a ridere di chi crede di vivere la crescita e il progresso”.

Dialogano tra di loro, l’Occidente malato e l’Oriente confuso, pieno di contraddizioni. La Cina è il presente, lontana dagli stagnanti dissidi occidentali, perché ha affrontato i suoi errori, ha saputo guardare avanti e adesso è un transatlantico che accoglie gli europei, naufraghi del presente, Guai lo, fantasmi.

La Cina è anche Liang, il vecchio amico e compagno di Chen, poeta e visionario, consapevole che vivere di ricordi non serve, non serve la nostalgia. La sua è una ricerca di un altrove più vero, da esplorare senza la confusione della giovinezza, senza l’arroganza di chi credeva di cambiare le cose, di portare giustizia, ma pieno di dubbi e di paure.

«Le prossime generazioni: e se fossero tutti ottusi e incoscienti come quelli che oggi ti puntano i fucili, meriterebbero che rischi la vita per loro?».
«Se hai invidia del futuro sei già morto».

Sono personaggi che sprofondano nei loro pensieri, come nella neve dell’Himalaya, Gloria e Marco; che avanzano tra i crepacci per poi poter risorgere in un nuovo inizio, inseguendo una chiave per interpretare il loro presente, e per aprire la porta di un domani verosimile, Chen, Raffaella e Liang che vagano tra fantasmi e sogni traditi, alla ricerca di una pace che non possono avere, cercando di allontanare dalla mente la vergogna degli errori commessi, consapevoli che pensare troppo al passato rende deboli.

“Il passato mi respinge, il presente non è mio”.

L’anniversario degli eventi di piazza Tienanmen porta con Risorgere di Pecere un romanzo che ripercorre la memoria, in un incontro tra passato e presente che non ha confini, né lingue: è il lascito consegnato a una generazione perduta, figli del 1989, senza più muri ma senza orizzonti, cosmopoliti per necessità, pronti a rischiare, a protestare e resistere, oggi a Hong Kong, come trent’anni fa a Pechino.

Capaci di rialzarsi, dal fondo della crepa in cui si trovano, per sognare un mondo di nuove possibilità.

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