“Abbiate fede, sembra raccomandarci il super tessitore (di storie), complice del nostro disincanto eppure capace di stupirci ancora una volta, perché questa delizia postmoderna, ripetendo la solita storia e mettendo insieme tutte le storie, descrive un’avventura mai vista prima, che ci riguarda: il tuffo di un uomo nero in un buco nero, nel nero della sala cinematografica. Uno o più fili, come sempre, incrociandosi, ci salveranno”. Su ilLibraio.it l’approfondimento dedicato al film “Spider-Man: un nuovo universo”, una ri-animazione del classico fumetto che mette insieme vecchio e nuovo, digitale e analogico…

Al cinema “Spider-Man: un nuovo universo”: la recensione

La rete (un tessuto sofisticato di riferimenti e di link) e il retino (una texture grossolana di pallini alla Roy Litchenstein), la ragnatela (potere e trappola appiccicosi) e il web (potenziale e inferno contagiosi), il comic e il suo doppio (meglio: il suo quintuplo): la mise en abîme (figura retorica dell’abisso, fumetto nel fumetto: dal momento topico di Star Wars al cinema di Spielberg, evocati a man bassa, è tutto un ri-trovarsi al cospetto di padri, appesi sul precipizio vertiginoso del passato) sembra la principale meta-narrazione di questo fumetto in movimento (Spider-verse avverte l’originale, rivoltato, questo universo narrativo, come un calzino), che non è (solo) fumo negli occhi (eccitazione cinetica) e strizzatina d’occhio (citazione cinefila), ma una riscrittura matura, complessa e ritmata, poliedrica e ricchissima di fili e (s)nodi, un gioco intelligente di riflessi.

Spider-Man: un nuovo universo, allo stesso tempo, è un mondo finzionale fluido e fruibile, denso e gustoso amalgama di vecchio e nuovo, digitale e analogico. Ironia ed emozione coesistono in felice equilibrio, con un meccanismo narrativo capace di aprire a dimensioni parallele spazio-temporali (formali e tematiche), dando vita a un deja vu completamente inedito. Abbiate fede, sembra raccomandarci il super tessitore (di storie), complice del nostro disincanto eppure capace di stupirci ancora una volta, perché questa delizia postmoderna, ripetendo la solita storia e mettendo insieme tutte le storie, descrive un’avventura mai vista prima, che ci riguarda: il tuffo di un uomo nero in un buco nero, nel nero della sala cinematografica. Uno o più fili, come sempre, incrociandosi, ci salveranno.

Il supereroe, in cui siamo chiamati a rivederci in una galleria di specchi, lo è suo malgrado (per puntura, e non per nascita), ignaro della sua identità e inconsapevole del suo compito. Non sa bene che cosa farsene dei suoi superpoteri, e dunque delle sue responsabilità, come vuole il trito adagio. Ma c’è di più: si tratta Miles Morales, un adolescente latino-americano inquieto e curioso, padre poliziotto e mamma infermiera, in una Brooklyn multietnica, rapidissima e in fermento, luogo dove tutto sembra poter precipitare, e dunque ac-cadere.

spider man un nuovo universo

Il ragazzo prova ad ascoltare le sue Great Expectations dalle cuffie a tutto volume nella sua cameretta, e disegna le sue Visions come una silhouette scura e incerta nell’underground, una street art stencil ottenuta col suo corpo in trasformazione (la pubertà, ironizza un film che gioca a mettere ogni cosa tra virgolette) che, come una sindone (potrebbe essere considerata una sorta di pre-fumetto, in fondo), disegna un’ombra e un destino, un’incognita e una vocazione.

L’espediente della moltiplicazione di universi paralleli, e dunque la declinazione dell’uomo ragno in cinque deformazioni (tutte filologicamente testate su carta e qui chiamate a convivere sullo schermo), è il colpo di genio di una storia archetipica che dimostra così di potersi incar(too)nare con facilità in ogni tempo e luogo, specie in quella fantasia promiscua, meticcia e fertile che ci capita di abitare oggi.

spider man un nuovo universo

Abbiamo così la versione imbolsita e demotivata dalla routine dello spider uomo in crisi di mezza età che ha smarrito ogni mordente, e la spider-Gwen, superdonna empowered del nuovo millennio determinata e indipendente, più altri tre buffi avatar comprimari, lo spider-noir datato, nostalgia in bianco e nero alla Bogart, il maialino cartoon antropomorfo e bidimensionale, che pare scappato dai Looney Tunes, e la versione iper-futuribile di una ragnetta manga, nevrotica e robotica. Ognuno portatore di un suo stile e di un suo stallo, di potenzialità e limiti, sono i profili (socio-psicologico-culturali) di un mondo fusion dove nessuno è perfetto, e gli immaginari non sono mai spazi puri e coerenti, ma si ritrovano a giocare con riscritture, spin-off e caricature, nella stessa comune e confusionaria Playstation (e mentre Sony produce questo capolavoro di sincretismo illuminato d’ironia, appeso al filo della console si dondola, in veste decisamente più classica, il supereroe, fra i grattacieli di una New York virtuale riprodotta con fedeltà certosina).

Ma è proprio questa varietà di forme e di personalità che rende la squadra vincente e la quotidianità dell’eroe un concetto famigliare come non mai (si confronti, su un terreno affine, Gli incredibili).

Il tratto distintivo e fenomenale di questa ri-animazione del fumetto è però la capacità di evocarne gli stilemi, incorporandoli in una perfetta miscela di antico e contemporaneo, di materiale vivo, quasi materico e innervatura di riferimenti e rielaborazioni a future forme cybernetiche, per cui le onomatopee delle stripp si muovono in perfetta armonia con la soluzioni di computer grafica, i riquadri del pensiero e gli sfarfallii di una vita schermata sono dimensioni contigue e dialoganti.

Le potenzialità più innovative del mezzo sono attraversate da quella inerzia retrò, attrito del disegno imperfetto e dell’animazione dei tempi andati. Così assistiamo a bocca aperta, in uno stesso luogo (segnatamente è ancora il cinema, ricordo con orgoglio passatista), a qualcosa di ancestrale e fantascientifico insieme, alla magia del riconoscimento e allo stupore del mai visto. Niente male per un cartone animato natalizio (una delizia la canzone di Spider-Man per le feste).

Ah già, ricordatevi di restare attaccati alla ragnatela oltre i titoli di coda!

L’AUTORE: qui tutte le recensioni e gli articoli di Matteo Columbo per ilLibraio.it

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