“Probabilmente mi sono svegliata da un sogno durato tutta la vita e ho visto finalmente la realtà, di un amore più grande di me. Da quando avevo saputo che mia madre mi aveva adottata all’estate del 2020 ho vissuto in un equivoco. Il 5 giugno 2020 Maria Grazia s’è desta” – In occasione del suo esordio narrativo con “Splendi come vita”, Maria Grazia Calandrone racconta su ilLibraio.it il suo percorso di passaggio dalla poesia alla prosa

Non ho scritto, sono stata rapita dalle parole. Sotto sequestro per venti giorni, dimenticando di avere due figli che gironzolavano in prossimità del mio studio, spinti esclusivamente dalla fame.

Ma la gestazione credo sia stata una tra le più lunghe in natura: cinquant’anni. Dovevo dare al mondo un brontosauro. Anzi, un intero scenario preistorico.

Più di una volta avevo cercato di tradurre in parole la mia storia. Quando erano stati gli editori a chiedermelo, avevo dispiegato tutta la mia inclinazione stacanovista. Ma niente, non trovavo il tono. Veniva una lagna, una narrazione nevrotica o un oggetto livido, un catalogo di eventi che, messi insieme, suonavano grotteschi e inverosimili.

Qual è l’equilibro tra dire e non dire?

Cosa si deve togliere alla propria vita perché la narrazione risulti più vera del vero?

Il tono è il cardine intorno al quale ruota la prosa. In poesia è diverso, la poesia fa implicitamente riferimento a un linguaggio comune. La prosa no, pensavo. Il mio problema era trasferire nella prosa l’universalità della poesia, perché volevo raccontare la mia storia senza parlare di me, volevo scrivere un libro che appartenesse al lettore quanto a chi scriveva, volevo che il lettore potesse usare il libro come un pezzo di pane, una scarpa, una mela: per nutrirsi e andare.

Come dice la canzone partigiana, «una mattina mi son svegliata» da un sogno: la prima pagina del libro. Anzi, probabilmente mi sono svegliata da un sogno durato tutta la vita e ho visto finalmente la realtà, di un amore più grande di me. Da quando avevo saputo che mia madre mi aveva adottata all’estate del 2020 ho vissuto in un equivoco. Il 5 giugno 2020 Maria Grazia s’è desta.

Dato quello che sento come poesia, mi sarebbe stato impossibile mettere in poesia la storia di un così lungo trauma. La rabbia, per esempio, viene automaticamente raffinata dalla mia poesia: scrivendo versi, rabbia, rivendicazione e dolore si trasformano in canto.

Non so lasciare il male allo stato grezzo, non lo trovo utile a nessuno e a niente: la poesia affronta il male, ne distilla il canto, e ci accompagna mentre facciamo lo stesso, ci guida come la mano di una madre dentro la storia della nostra vita.

Avevo dunque bisogno di un altro strumento, più estraneo e narrativo, per raccontare i fatti. Quanto mi sbagliavo!

Scrivevo prosa e vedevo la rabbia mutarsi addirittura in nostalgia. Anche la prosa, come la poesia, arrivava al nucleo in ebollizione delle cose, fino a farlo evaporare in un sentimento collettivo. Dunque vedevo quello che non avevo avuto forza per vedere: l’incrollabile amore nascosto dietro il trauma, l’amore che, bruciando, emetteva fumo negli occhi, il fumo del disamore. Per pudore, spesso. Ma i fatti sono fatti e le parole non servono a niente, se non a questo.

Più andavo avanti a scrivere, più mi rendevo conto che la protagonista del romanzo della mia vita non ero io, ma mia madre adottiva. Fino a quando, alla fine, l’ho vista splendere di vita propria. Ecco il perché del titolo: splendi come vita è un’esortazione, ma è soprattutto una constatazione. Che, dalla vita di mia madre, si estende a tutti: tutti splendiamo come splende la vita quando s’incarna. Ho imparato questo, dal romanzo: che tu che leggi, splendi. Sono sicura.

maria grazia calandrone splendi come vita ponte alle grazie

L’AUTRICE – La poetessa Maria Grazia Calandrone è all’esordio narrativo con Splendi come vita (Ponte alle Grazie), lettera d’amore alla madre adottiva, che è anche il racconto di un fatto di cronaca che fece molto parlare negli anni Sessanta, quando una bambina di pochi mesi venne trovata nel bel mezzo di Villa Borghese, a Roma…

Calandrone, classe 1964, drammaturga, giornalista, attivista, artista visiva, insegnante, autrice e conduttrice per Rai Radio 3, ha esordito nella poesia nel 1994 con la silloge Illustrazioni, premio Eugenio Montale per l’inedito.

Fotografia header: Maria Grazia Calandrone, foto di Enzo Maniccia

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