Victor Hugo (26 febbraio 1802 – 22 maggio 1885), maestro della letteratura francese, con la sua prefazione al dramma “Cromwell” traccia le linee del Romanticismo. “Notre-Dame de Paris” e “I miserabili” sono i suoi romanzi più importanti e amati, ma la sua produzione letteraria è amplissima e tocca varie tematiche politiche e umane. Difensore dei diritti degli ultimi della società, autore di opere politiche come “L’ultimo giorno di un condannato a morte”, Hugo è stato un sostenitore del progetto degli “Stati Uniti d’Europa” – L’approfondimento sulla vita e le opere

Victor Hugo était un fou qui se prenait pour Victor Hugo: è il poeta Jean Cocteau a scriverlo e in italiano si traduce più o meno così: “Victor Hugo era un pazzo che si credeva Victor Hugo”.

Scrittore della patria, prima sulle barricate, dunque in esilio, osannato dal popolo che con tanta cura di dettagli, dignità e umana compassione, aveva descritto nelle sue opere, tra cui la più grandiosa, un capolavoro immortale della letteratura francese, I miserabili (1862): Victor Hugo visse una vita rocambolesca, quella di uno scrittore che, per diventare tale, prima di tutto fu uomo.

Chateaubriand o niente

Victor Hugo nasce a Besançon, nel 1802, ma a partire dagli undici anni vive nella città che i posteri gli riconosceranno come indiscutibilmente sua, Parigi, benché la sua esistenza, come vedremo, non sarà fatta di stabilità ma di peregrinazioni. Victor comincia l’attività letteraria fin da giovanissimo e la scrittura è la sua grande passione, al punto che gli si attribuisce, appena adolescente, un fermissimo proposito: Je veux être Chateaubriand ou rien. Possiamo oggi dire, che la frase sia stata effettivamente scritta dalla sua penna o meno, che ci sia riuscito.

L'uomo che ride, Victor Hugo

Accanto alla passione per le lettere, quella per le donne: Hugo si sposa con una vecchia amica, Adèle Foucher, madre dei suoi figli, da cui non si separerà mai formalmente benché i due si dedichino per gran parte della vita ad altre relazioni. In particolare, colei che viene considerata la vera compagna di Hugo è Juliette Drouet, attrice che per lui lascia il palco e finirà col seguirlo persino in esilio, al seguito dell’intera famiglia (ma in una dimora separata). Juliette Drouet passerà con Victor Hugo il resto dei suoi giorni, sopportando le inclinazioni libertine dell’amante, e morirà appena due anni prima di lui.

Una vita, quella di Hugo, costellata dai dolori: alla morte di quattro dei cinque figli (la preferita, Leopoldine, affogherà in un incidente in barca poco dopo le nozze e Hugo, in viaggio, lo scoprirà leggendo un giornale), si aggiunge la sventurata storia della figlia minore, Adèle, che verrà ricoverata in manicomio dopo essere fuggita per coronare un amore che, invece, non va a buon fine. La vicenda di Adèle Hugo e della sua reclusione nella casa di cura, agli occhi di oggi, risulta tra l’altro particolarmente controversa, soprattutto per il ruolo svolto da Hugo stesso.

La prefazione al Cromwell e la battaglia d’Hernani

Lasciandoci alle spalle la sua vita privata e tornando a quella letteraria, Victor Hugo entra a gamba tesa nel dibattito culturale del tempo, imponendone decisamente la direzione, con la Prefazione al Cromwell (1827), considerata il manifesto della letteratura romantica, e pochi anni dopo con Hernani (1830), dramma in cui l’autore esprime compiutamente le sue teorizzazioni. L’arte, infatti, per Hugo deve essere completamente libera, superare il classicismo e farsi portatrice delle contrastanti istanze che caratterizzano l’esperienza umana e unire, dunque, grottesco e sublime. Hugo rifiuta il canone delle tre unità aristoteliche (tempo, luogo e azione), limitanti nell’ottica di una completa e piena rappresentazione della vita.

Le idee di Hugo provocano scompiglio e suscitano clamori dentro e fuori il mondo letterario. Basti pensare che la rappresentazione di Hernani, al suo debutto a Parigi al Théâtre Français, causa veri e propri scontri tra i fautori del Romanticismo (tra cui Alexandre Dumas e Théophile Gautier) e i sostenitori, più tradizionalisti, del classicismo. Un alterco alla Comédie-Française che dalle parole passa anche ai fatti, più prosaicamente fisici, e resta celebre come “battaglia d’Hernani”.

Ernani - Il re si diverte - Ruy Blas

Notre-Dame de Paris: una tragedia gotica

Nel 1831 Victor Hugo dà alle stampe Notre-Dame de Paris, romanzo in cui l’autore, appena ventinovenne, racconta una storia gotica, d’amore e di perdizione, un labirinto amoroso in cui si intrecciano le vicende di Quasimodo, il celebre “gobbo di Notre-Dame”, campanaro della cattedrale cresciuto tra le sue guglie, di Esmeralda, quindicenne gitana, le cui vicende si intrecciano con quelle di un cinico capitano degli arcieri, Phoebus de Châteaupers, e dell’arcidiacono della cattedrale, Claude Frollo, vero “antagonista” della narrazione. Il romanzo mette in scena una serie di coincidenze che avviluppano i personaggi in situazioni drammatiche, fino ad arrivare a una  conclusione tragica, un dramma che si svolge su più piani, da quello morale a quello affettivo. A osservare immota il lento precipitare dei protagonisti nella Parigi del Quattrocento, silenziosa e onnipresente, è, come da titolo, la cattedrale di Notre-Dame.

Le pagine di Notre-Dame de Paris raccontano anche un’altra storia, quella del suo autore e dei moti d’animo che, fin da giovane, lo attraversano. Hugo è – e lo mostrerà sempre di più nei decenni a venire – uno scrittore profondamente coinvolto nella vita politica, con una chiara opinione sulle più pressanti istanze sociali del tempo. Hugo ambienta la sua vicenda in una Parigi quattrocentesca, in cui si intrecciano le esistenze di diverse classi sociali, che si incontrano, si scontrano e si usano vicendevolmente. Un altro aspetto che emerge dal romanzo è la precisione descrittiva di Hugo, la necessità di svolgere in ogni dettaglio lo spazio in cui si muovono i personaggi e la tendenza alla digressione, attitudini stilistico-narrative che saranno poi portate a definitivo compimento trent’anni dopo, nei Miserabili.

Notre-Dame de Paris, Victor Hugo, Garzanti

Victor Hugo e gli Stati Uniti d’Europa

Victor Hugo è un personaggio complesso, che a una storia familiare ed emotiva burrascosa affianca una coscienza politica profonda con una prospettiva sociale moderna e umanista. Originariamente monarchico, si fa progressivamente affascinare dalle istanze liberali diventandone uno dei principali portavoce nella Francia del tempo. Dalla Rivoluzione di luglio del 1830 ai moti repubblicani del 1848, dall’Ultimo giorno di un condannato a morte (1829), condanna della pena di morte scritta in giovinezza, ai proclami contro lo sfruttamento delle prostitute e contro la schiavitù e la strenua difesa dei diritti dell’infanzia, fino all’esilio a Jersey e a Guernsey, dove deve riparare a causa della sua contrapposizione a Napoleone III, precedentemente appoggiato e poi aspramente condannato dopo il colpo di stato.

Il cantore di Parigi, dunque, starà lontano dalla città, errabondo tra le isole del Canale della Manica, il Lussemburgo e il Belgio, dagli anni Cinquanta fino al 1870, quando finalmente torna nella capitale. Senatore dal 1876, Victor Hugo è ormai un grande vecchio della Repubblica, un maestro di pensiero indiscusso e sostenitore del grande sogno degli Stati Uniti d’Europa, di una fratellanza europea in cui i campi di battaglia lascino spazio alle rotte commerciali e al “suffragio universale dei popoli”.

Hugo, Ultimo giorno di un condannato a morte, Newton Compton

I miserabili: il capolavoro

Un umanesimo, quello di Victor Hugo, che l’autore riversa nella sua opera più compiuta, un capolavoro corale che attraversa quasi vent’anni di storia della Francia o, meglio, di storia del suo popolo: I miserabili. Pubblicato nel 1862, quando Hugo è ancora in esilio, I miserabili racconta una vicenda umana e sociale impossibile da riassumere, imperniata sulla figura di Jean Valjean, imprigionato per una colpa di poco conto e poi, una volta a piede libero, salvato dal baratro da un curato, che dedicherà tutta la sua vita al bene nei confronti del prossimo. Un bene gratuito, salvifico nel momento in cui viene svolto.

A lui si affiancano figure luminose, come quella di Gavroche, scugnizzo che irride il potere, quella di Enjolras, giovane e bellissimo eroe delle barricate parigine, quella della prostituta Fantine e di sua figlia Cosette, che Valjean adotta, di Marius, studente borghese che si avvicina alle rivolte; ma anche personaggi oscuri come i coniugi Thernadier, che sfruttano Cosette prendendosi i pochi soldi che Fantine riesce a procurare. O come Javert, l’ispettore ossessionato da Jean Valjean, un uomo di ferro, con la legge come unica guida: un antagonista che, a guardar da vicino, è prima di tutto un nemico di sé stesso e che, alla luce di una giustizia morale che travalica la giustizia degli uomini, soccombe alla sua vocazione.

Victor Hugo, I miserabili, Garzanti

I miserabili è il grande affresco che Hugo dedica agli ultimi della società, donne e uomini, vittime e carnefici, schiavi delle fabbriche o del vino, in ultima analisi innocenti di fronte a un destino di cui sono sempre stati succubi. Tornano, espansi, i temi che trent’anni prima avevano occupato le pagine di Notre-Dame de Paris: la fatalità, appunto, che si lega qui alla cronaca politica e sociale della prima metà del secolo di Hugo, e la grande precisione, storica e descrittiva, con cui Hugo attinge a piene mani dalla storia. Dalla disfatta di Waterloo, raccontata in ogni goccia di pioggia caduta sul campo, in ogni cavallo sfatto, in ogni giravolta del destino che porta anche i più grandi condottieri al collasso, alla profondità delle fognature di Parigi, in cui Hugo accompagna i suoi lettori con esattezza toponomastica, cunicolo dopo cunicolo.

Quando Victor Hugo muore, nel 1885, sono tre milioni i parigini che accorrono al Pantheon il giorno dell’inumazione. Il cantore del popolo ha modificato il corso della letteratura e ha illuminato, di nuova luce, gli ultimi della nascente metropoli.

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