Il vissuto dello scrittore o della scrittrice di turno deve o no influire sulla percezione delle sue opere? È una delle domande che torna inevitabilmente in mente leggendo la discussa autobiografia di Woody Allen, per ora disponibile in ebook. Quella raccontata dal regista in “A proposito di niente” è una storia (per definizione un libro “di parte”), almeno in alcuni capitoli fatta di rancori e odi reciproci. Di accuse pesantissime (non dimostrate), da entrambe le parti. Ma è anche la storia di un artista, dei suoi tanti film (alcuni di culto, altri meno riusciti), del suo rapporto con la famiglia d’origine, con la carriera (segnata delle iniziali difficoltà), con i colleghi (non mancano i retroscena) e con le donne – L’approfondimento

Fa sempre un certo effetto sentir parlare di libri “boicottati” o di censure in ambito artistico, in particolare in giorni in cui le librerie devono restare chiuse per decreto, non solo in Italia, a causa del covid-19. In questo caso il riferimento è soprattutto agli Stati Uniti, il cui mondo cultural-editoriale nel giro di poche settimane si è prima diviso sull’uscita di American Dirt (in italiano Il sale della terra, tradotto da Francesca Pe’ per Feltrinelli) di Jeanine Cummins, romanzo accusato di appropriazione culturale (come qui abbiamo raccontato dettagliatamente) e, a seguire, su quella di A proposito di niente, l’attesa autobiografia del regista, attore e scrittore Woody Allen, su cui ora ci concentreremo.

Come abbiamo scritto, a seguito delle proteste dei dipendenti della casa editrice e delle prese di posizione di Dylan Ronan Farrow (che, con la sua dettagliata inchiesta giornalistica, è stato tra i protagonisti dei mesi del #metoo), la casa editrice Hachette ha rinunciato alla pubblicazione di A proposito di niente. Scelta che ha fatto discutere, riproponendo domande tornate di estrema attualità negli ultimi anni: il vissuto di uno scrittore o di una scrittrice deve o no influire sulla percezione delle sue opere? L’arte va separata dall’artista?

Quella che trova spazio nel libro (inevitabilmente “di parte”) è una storia di rancori e odi reciproci. Di accuse pesantissime da entrambe le parti.

Ronan e Dylan Farrow (figlia adottiva di Allen) da anni accusano il padre di molestie sessuali. E Ronan in particolare, a seguito dell’annuncio della pubblicazione dell’autobiografia, si è detto amaramente tradito dalla sua casa editrice. Allo stesso tempo l’autore di film cult come Io e Annie, Manhattan e Match Point, solo per citarne tre, non è mai stato incriminato formalmente di molestie sessuali (qui la ricostruzione della lunga vicenda giudiziaria a cura del Post).

Ad ogni modo, dopo che Hachette ha rinunciato al libro, Allen ha comunque trovato un editore negli Usa (Arcade Publishing) e il libro – causa covid-19 – per il momento è uscito in edizione ebook. Anche in Italia, per La Nave di Teseo: “A me, leggerlo ha dato ore di pura gioia e senso di libertà. Spero anche ai lettori”, ha dichiarato Elisabetta Sgarbi. Il 9 aprile, ma tutto dipenderà dall’evoluzione dall’emergenza in atto in tutto il mondo, dovrebbe essere la volta dell’edizione cartacea.

a proposito di niente autobiografia woody allen

Le 400 pagine dell’autobiografia, tradotta in italiano da Alberto Pezzotta, si aprono con un riferimento letterario: “Come il giovane Holden, non mi va di dilungarmi in tutte quelle stronzate alla David Copperfield, anche se in questo caso i miei genitori magari possono essere un soggetto più interessante del sottoscritto. Mio padre, per esempio…”.

Nella prima parte del libro Woody Allen si concentra sulla sua infanzia. La voce narrante è quella dei suoi film, come pure l’andamento, caro ai suoi fan (ah, meglio chiarirlo, questo non è un libro in cui si ride, ma non era questo l’obiettivo dell’operazione).

Nato a Brooklyn nel 1935, Allen ha iniziato la sua carriera nello spettacolo a sedici anni, scrivendo battute per un giornale di Broadway, e ha continuato a scrivere per la radio, la televisione, il teatro, il cinema e la rivista New Yorker. Ha lasciato la stanza dello scrittore decenni fa per diventare, non senza difficoltà, comico nei locali notturni (“lasciai una carriera di autore televisivo che mi faceva guadagnare migliaia di dollari la settimana e accettai di lavorare gratis in un localino…”) e, da allora, pian piano, un regista conosciuto in tutto il mondo (e in Europa e in Italia in particolare).

Durante sessant’anni di cinema ha scritto e diretto cinquanta film, recitando in molti di essi, e nel libro il comico si sofferma un po’ su tutte le opere (riuscite e meno riuscite), svelando i dietro le quinte del caso e tornando su retroscena e aspetti più o meno noti ai fan e ai media.

Ma veniamo al dunque. Allen con questo libro era atteso al varco. Ci si chiedeva cosa avrebbe detto il regista a proposito del suo tormentato rapporto con Mia Farrow, delle accuse di molestie, delle polemiche e dei boicottaggi ai suoi film, e ora al suo libro. Le risposte arrivano nelle pagine centrali di A proposito di niente, dove il tono di voce cambia: non è più quello familiare dei suoi film, e il sottofondo jazz lascia il posto alle controaccuse del regista che, giunto all’età di 84 anni, decide di ribattere colpo su colpo.

Prima, però, Woody ci ha raccontato dei suoi primi amori. A partire dall’infanzia: “Sì, mi piacevano le ragazze. Cosa mi dovevano piacere, le tabelline? O i discorsi letali per il giorno del Ringraziamento? Avrei dovuto agognare, come certe amebe, il privilegio di sbattere i cancellini uno contro l’altro per scrollare la polvere di gesso? No, mi piacevano le ragazze. A partire dall’asilo quello che mi interessava non erano le filastrocche o il gioco delle sedie…”.

Dai primi amori ai primi matrimoni (quello con una fiamma della giovinezza e poi con la divertente Louise Lasser), fino all’amore (e alla grande amicizia) con Diane Keaton, con cui è rimasto in buoni rapporti: “Vedere un film con Keaton o andare con lei in un museo o in una galleria d’arte era uno spasso, perché era una miniera di idee e di opinioni. Ti apriva gli occhi e ti faceva scoprire delle cose, o almeno questo era il suo effetto. Aveva anche la risata pronta, una risata facile e calorosa, e per uno che si guadagnava il pane sfornando battute era una benedizione“.

E si arriva così alla discussa relazione personale e professionale con Mia Farrow (grande attrice protagonista di pellicole come Rosemary’s Baby, Assassinio sul Nilo e Hannah e le sue sorelle) fino alla loro burrascosa rottura e ai pesantissimi scambi di accuse. Come detto, in queste pagine il tono del libro cambia, ed è più che evidente l’intenzione di Allen di rispondere accusando a sua volta (cosa che invece solitamente il regista preferisce non fare nelle interviste, che accetta di rilasciare solo a condizione che non si parli delle presente molestie). I fatti non sono recenti, risalgono a quasi 30 anni fa, ma evidentemente, se ancora oggi sono al centro dell’attenzione, è perché hanno segnato tutti i protagonisti di questa storia. Per chi cercasse ulteriori dettagli, Repubblica nella sua ricostruzione del libro si sofferma proprio sui capitoli più delicati.

E infine, nella seconda metà dell’autobiografia c’è spazio, oltre che per la produzione recente del regista (solo in parte dimenticabile), anche per altre questioni. Ad esempio, l’autore replica a chi periodicamente lo attacca per l’assenza di personaggi di colore nei suoi film: “Se la discriminazione positiva può essere utile in molti casi, non funziona quando si tratta del cast di un film. Ho sempre scelto gli attori che più si avvicinavano all’idea che mi ero fatto del personaggio. Per quanto riguarda le questioni razziali, sono sempre stato un progressista, a volte anche qualcosa di più…”.

E poi ci sono le tante pagine dedicate alla donna con cui Allen ha passato gli ultimi ventidue anni (si sono sposati nel 1997): Soon-yi Previn. All’inizio del 1992 Mia Farrow scoprì che il comico aveva una relazione con sua figlia, che all’epoca aveva tra i 19 e i 22 anni, circa 35 in meno Allen, e ruppe il legame. Anche in questo caso nel tempo non sono mancate le polemiche per la scelta di iniziare una relazione “incestuosa” con la figlia adottiva (ma nel libro è Allen ad accusare Mia Farrow di violenze nei confronti di Soon-Yi). A conferma che la giustizia ha sempre assolto Allen, Soon-Yi Previn e il regista hanno ottenuto in adozione due figlie.

Al di là dell’idea che ciascuno si può essere fatta, al di là che si parteggi per l’una o per l’altra parte, al di là che si creda o meno alle accuse dell’uno o dell’altra, al di là del fatto che si apprezzi o meno i film di Woody Allen, e al di dà di come la si pensi in merito alla necessità o meno di separare la vita dell’artista dalle sue opere, è difficile leggere A proposito di niente senza pensare per buona parte del tempo al profondo dolore con cui convivono da anni i protagonisti della vicenda. Traumi che forse è impossibile superare del tutto, che a questo punto, forse, meriterebbero il silenzio.

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