Su ilLibraio.it un estratto dal saggio di Alice Avallone dal titolo “People watching in Rete. Ricercare, osservare, descrivere con l’etnografia digitale”

Perché le persone decidono di far parte di una comunità virtuale e condividere le proprie esperienze? Con che linguaggio si relazionano sui social? Quali sono gli usi, i costumi e i rituali? L’etnografia digitale mappa e descrive i comportamenti umani in Rete, prendendo in prestito dalle scienze umane la paziente attitudine all’ascolto e all’osservazione: insomma, anziché studiare le persone nascosto dietro un cespuglio, il ricercatore lo fa mimetizzato in un gruppo chiuso su Facebook.

Con questo approccio si fa strada l’agile saggio della scrittrice e docente della scuola Holden Alice Avallone People watching in Rete. Ricercare, osservare, descrivere con l’etnografia digitale (Franco Cesati Editore): un percorso pratico che aiuta a capire meglio chi sta dall’altra parte dello schermo.

L’estratto che segue – pubblicato per gentile concessione della casa editrice – propone una guida in otto punti per riconoscere i profili fake.

People watching in rete. Ricercare, osservare, descrivere con lʼetnografia digitale

583 milioni. È il numero, impressionante, degli account falsi disattivati da Facebook solo nel primo trimestre del 2018. Meri scopi commerciali, diffusione di bufale e notizie inventate, influenze di voto, pulsioni voyeuristiche, stratagemmi bislacchi per aumentare le metriche quantitative di una pagina, fino ad arrivare al bullismo e al furto di identità: le motivazioni che fanno lievitare giornalmente il numero di account fake sono tantissime.

Come vedremo più avanti, in alcuni casi l’etnografia digitale richiede la costruzione di profili-civetta (in borghese, non riconoscibili, insomma) che hanno lo scopo di entrare in particolari community, ma sono eccezioni. Inoltre, lo faremo per scopi di studio, senza interferire con le altre persone, tantomeno influenzandole a nostro favore. Ma adesso, la domanda sorge spontanea: è possibile riconoscere un profilo fasullo per starne alla larga? Ecco otto sintomi che vi faciliteranno l’ingrato compito.

-Il suo nome è poco credibile. Provate a cercarlo su Google, così da capire se esistono informazioni oppure se l’eventuale pseudonimo è usato anche in altri contesti. Dichiara di essere un avvocato?

Bene, cercatelo sull’albo e verificate la veridicità di quanto riportato.

-Le informazioni del profilo sono scarse, poco aggiornate, se non del tutto inesistenti. Un ulteriore indizio al riguardo è la data di nascita; infatti, in molti casi di account fake, questa è il 1 gennaio o il 31 dicembre.

-Il profilo è molto recente. Certo, può essere che la persona abbia deciso di fare ritorno su una piattaforma, oppure di sperimentarla per la prima volta, come succede a chi appartiene alla generazione più anziana. Per sicurezza, offrite il beneficio del dubbio e monitorate l’account per un po’ così da capire come si muove.

-Le foto condivise sono curatissime, spesso segnale di operazione commerciale travestita da normalità. Può accadere anche che ce ne siano di amatoriali, ma palesemente distanti l’una dall’altra. Succede quando chi crea il fake ruba da altri account immagini per riempire il profilo e dare una parvenza di normalità.

-La foto profilo vi è familiare. E inserendola su Google Immagini, in effetti spunta fuori che si tratta proprio dell’attore del film visto la sera prima.

-Tra le amicizie sono presenti profili discutibili (sguardi troppo ammiccanti, posizioni del corpo sconvenienti, riferimenti sessuali volgari) e scollegate tra di loro. Inoltre, fate scattare un campanello d’allarme quando gli amici collegati a un profilo femminile sono di sesso maschile per oltre il 90%, e viceversa.

-Le interazioni sono a zero. La persona condivide contenuti, poi non risponde a chi commenta o rivolge domande. Malissimo.

-I Mi piace (o i following) sono incoerenti. Lasciate perdere chi si professa allo stesso tempo vegano incallito e fervente sostenitore del panino con la salamella. Controllate anche i gruppi che frequenta.

A meno che non stiate indagando sul fenomeno degli haters, come fa la stoica giornalista Selvaggia Lucarelli, tenetevi alla larga da chi è dentro tribù indecenti come Sesso, Droga e Pastorizia. E ricordatevi della frase attribuita ad Agatha Christie, «un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova».

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