“I meme migliori spesso sono quelli più cinici”. ilLibraio.it ha intervistato Alessandro Lolli, autore de “La guerra dei meme – Fenomenologia di uno scherzo infinito”, che sottolinea il forte risvolto politico che hanno questi strumenti della comunicazione visuale, che “si prestano a rendere quasi irriconoscibile la differenza tra il politicamente scorretto e il voler mettere in discussione il politicamente scorretto stesso”. Tra le altre cose, parla anche di quel sottotipo di maschilismo “nerd” che spesso si trova in rete

“Il meme di internet è quel tipo di contenuto virale che non mira semplicemente a riprodursi, ma chiede di essere reinventato, rielaborato. Lo si può pensare come un segno da declinare, un disegno da finire: c’è la traccia, che è il template o la cornice memetica, e poi il modo in cui ciascun utente la riempie”, ha spiegato Alessandro Lolli, in libreria con La guerra dei meme. Fenomenologia di uno scherzo infinito (Effequ, prefazione di Raffaele Alberto Ventura), in una recente intervista a Esquire

Nel saggio l’autore, ventotto anni, di Roma, analizza i meme come dispositivi linguistici veri e propri, capaci di veicolare, attraverso un’ironia più o meno sottile, più livelli di significati, facendo riferimento a diversi sostrati culturali e sottoculturali. Alessandro Lolli studia la storia dei meme come strumenti di comunicazione visiva, nati nel mondo “nerd” americano e approdati sulle pagine di estrema destra dell’Alt Right statunitense: La guerra dei meme fornisce le chiavi di interpretazione storica, culturale e – anche – politica, dei meme, strumenti di comunicazione troppo efficaci per rimanere liberi da vincoli ideologici. ilLibraio.it ha approfondito i contenuti del libro intervistando l’autore.

alessandro lolli la guerra dei meme copertina

Quando e perché ha iniziato a studiare i meme? 
“Lo studio dei meme come disciplina, anche accademica, è recente. All’inizio, per me, si trattava di conoscere i meme vedendoli nascere, da adolescente, seguirne l’evoluzione. Un punto di svolta è stato l’entrare in contatto con The Philosopher’s Memeun sito e una pagina Facebook con migliaia di iscritti, dove a pubblicare sono accademici, di diversi ambiti, che hanno tenuto lezioni sull’argomento, anche in Europa, e sono stati i primi a prendere sul serio i meme, a livello semiotico, analitico, politico anche. Era un mondo interessante da esplorare, perché tutte quelle valutazioni erano implicite nel mio approccio al meme. Ho così scoperto veri e propri studi, con tanto di analisi semiotiche e grafici”.

Com’è proseguito il suo approfondimento di una materia in evoluzione?
“Un altro punto di passaggio è stato l’articolo che ho scritto per Prismo nel 2016, Total Memification, che era, di fatto, una versione più breve del libro: dopo quell’articolo mi chiamò il mio editore, Effequ, chiedendomi di approfondire. Ho iniziato a studiare l’argomento e ho scoperto diversi saggi accademici sui meme; ad esempio, una ricercatrice olandese ha fatto uno studio diacronico sull’argomento, e ci sono varie pubblicazioni sul tema, nell’ambito dei digital studies“.

alessandro lolli la guerra dei meme intervista

Il suo discorso sui meme fa riferimento a un panorama soprattutto americano. Cosa cambia in Italia?
“Lo scenario è principalmente americano perché i meme nascono su 4chan, come piattaforma di diffusione iniziale, e anche i primi studi sull’argomento sono nati negli Stati Uniti. In Italia il fenomeno è arrivato quasi contemporaneamente, anche se in misura minore, perché abbiamo una cultura di umorismo su internet che è stata pesantemente influenzata dalle battute sullo stile di Spinoza.it, ed è come se questo nostro background avesse ritardato lo sviluppo di una cultura memetica per lo più figurativa”.

Cosa ha permesso ai meme di diffondersi in modo così capillare nella comunicazione contemporanea? E quanta parte di questo successo è dovuta alla possibilità di personalizzare un meme, adattarlo ai propri contenuti?
“L’aspetto di personalizzazione è ciò che li distingue, si può dire che sia l’essenza stessa dei meme. E il fatto che abbiano un formato composto da una parte invariabile e una variabile, quella ‘personalizzabile’, li rende strumenti intuitivi ed efficaci. Fra i motivi per cui sono così diffusi, inoltre, c’è sicuramente la possibilità di modificarli in base ai propri scopi: se sono così utilizzati nel marketing, e penso lo saranno sempre di più, è anche perché il social media manager di turno trova già pronto tutto un design di comunicazione”.

Un lavoro che prima veniva fatto da zero.
“Ora non è necessario, basta integrare, adattare ai propri scopi. Il social media manager che sceglie il meme del momento riceve una visibilità quasi garantita per il prodotto che deve promuovere, grazie al successo del meme stesso, ovviamente. È così che spesso oggi le campagne finiscono per diventare virali”.

La forza virale del meme, appunto.
“Senza dubbio oggi è uno strumento potente, che permette di accedere a una fanbase preesistente grazie all’elemento invariabile, mentre nell’elemento variabile, cioè la caption, si può inserire il proprio messaggio”.

alessandro lolli la guerra dei meme marketing

Nel suo libro spiega che i meme nascono come mezzo comunicativo dei cosiddetti “nerd” e, successivamente, si sono diffusi ad altri strati della popolazione. Qual è stato il catalizzatore di questo cambiamento?
“Senza dubbio Facebook: finché i meme circolavano soltanto sui forum, restavano confinati all’interno di una comunità composta principalmente da giovani, che con i meme scherzavano, senza fini economici o politici. L’esplosione, nel 2008, del nuovo social media ha visto i meme migrare rapidamente su Facebook, all’inizio solo come immagini divertenti, poi coinvolgendo i vari player e siti di riferimento. Ben presto sono diventati uno strumento di comunicazione innovativo, anche per fini commerciali”.

Nel libro e in alcune interviste lei ha associato il meme alla comunicazione politica di estrema destra. 
“Ci sono diverse teorie in proposito, una di riferimento è quella dell’Alt Right, l’estrema destra americana, che sostiene che The Left Can’t Meme: ‘la sinistra non può, non è capace, di usare i meme’. Questo perché i meme migliori sono spesso quelli più cinici, più politicamente scorretti, e quindi, almeno in teoria, più vicini alle retoriche della destra. Secondo Angela Nagle (autrice di uno studio sull’argomento, intitolato Kill All Normies: Online Culture Wars From 4Chan And Tumblr To Trump And The Alt-Right, ndr) l’ironia e la trasgressione non sono più strumenti validi per la sinistra, come si pensava nel ’68 e durante gli anni della contestazione”.

Lei è d’accordo con questa tesi?
“Non sono d’accordo con chi sostiene che l’incontro fra trasgressione e ironia sia stato un accidente storico per la sinistra. Però va anche detto che quel modo di intorpidire i discorsi e le posizioni, quella capacità di arrivare a un tale livello di meta-ironia per cui quello che viene detto non è mai univoco, quindi non vi è nessuna responsabilità, sono tutti aspetti tipici dei meme e tendono effettivamente a ridicolizzare molte prese di posizione forti dei movimenti di sinistra. Di contro, è una retorica che regge il gioco a quella goliardia nazistoide e fascistoide che punta solo a provocare”.

C’è poi da considerare l’aspetto ideologico.
“Penso che la sinistra abbia poco usato i meme, e che comunque finora lo abbia fatto in modo meno efficace, perché chi ha utilizzato per primo i vari meme, cioè 4chan, a un certo punto ha svoltato quasi completamente a destra. Questo non vuol dire che in un futuro la sinistra non possa imparare a utilizzarli, anche sfruttando diversi livelli di meta-ironia”.

alessandro lolli la guerra dei meme

Torniamo al rapporto tra meme e politicamente scorretto.
“Il punto è che il meme, nella sua vera forma, è spesso figurativo e, come diceva Roland Barthes, l’immagine impone il senso tutto insieme: nell’imporre il senso tutto insieme, dunque agendo nello stesso punto su vari livelli di lettura e di ironia, si possono veicolare diversi livelli di politicamente scorretto, andando poi a ripararsi dalle accuse sostenendo che la lettura corretta, la vera intenzione è proprio quella di ridicolizzare quel tipo di atteggiamento politicamente scorretto, non sostenerlo”.

Per esempio?
“In Italia è bravo a muoversi in questa direzione Bispensiero: ad esempio, prende una vera campagna di Casa Pound, la ripropone modificata e manda in corto circuito tutti, chi la sostiene e chi no, non si capisce più quello che vuole dire, perché cambiando un aspetto dell’immagine di partenza rende impossibile ricostruire l’opinione di chi sta parlando. I meme si prestano molto a rendere quasi irriconoscibile la differenza tra il politicamente scorretto e il voler mettere in discussione il politicamente scorretto stesso”.

Che rapporto c’è tra meme e maschilismo?
“Si tratta principalmente di maschilismo ‘nerd’, che presenta una sorta di varietà particolare. Siamo stati abituati, dalla fiction degli anni ’70 in poi, a vedere il cosiddetto nerd come un freak, un outsider, ma il nerd che deve raccontarsi da solo non è detto che individui automaticamente i suoi reali nemici, gli oppressori, quindi un sistema etero patriarcale che di un ‘uomo che non sa essere uomo’ non sa che farsene, e così via. Individua, a volte, dei colpevoli collaterali, ovvero le donne”.

Perché proprio le donne?
“Perché dalle donne non si sente considerato. Ricrea un sistema di pensiero che è quasi peggio del maschilismo più ‘tipico’: la frustrazione in certi casi può portare il nerd di turno a smarrire il contatto con la realtà e a sviluppare quel rancore maschilista che ha dato vita, ad esempio, alla man-o-sphere (insieme di siti e blog a predominanza maschile e atteggiamenti maschilisti, ndr). È una realtà che non coinvolge soltanto 4chan e Reddit, ma anche molti altri siti, dove prende piede un sistema di pensiero della pillola rossa, come nel film Matrix; in questo caso la pillola rossa va a simboleggiare la vera realtà dietro le finzioni: si diffonde la convinzione che siano finzione i progressisti e le femministe che raccontano un mondo di persone uguali, mentre la verità sarebbe rappresentata da una guerra di tutti contro tutti”.

alessandro lolli la guerra dei meme

E le donne sarebbero le responsabili?
“In queste realtà le donne vengono dipinte come coloro che hanno il potere fortissimo di scegliere tra i vari maschi, quelli scelti sono maschi alfa, tutti gli altri sono automaticamente maschi beta, che si riempiono di odio nei confronti di chi li ha fatti diventare tali, quindi le donne. È una variante del maschilismo standard, che però si può notare anche all’interno delle dinamiche maschiliste più diffuse, solo che nel caso dei nerd assume degli aspetti più paranoidi. Ma il punto è che il nerd non si rende conto che il suo vero nemico è il sistema, quello patriarcale del maschio alfa: lo stesso nemico della donna”.

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