Diretta da Steven Sodebergh, “Mosaic” è una serie tv, un giallo, con al centro un classico omicidio. Ma anche un’applicazione per smartphone che permette all’utente un’esperienza attiva nella risoluzione del mistero. Potrebbe essere uno sguardo sul futuro della televisione… – L’approfondimento

Il cinema è la nuova letteratura; il giornalismo è la nuova letteratura; i podcast, cioè il nuovo giornalismo, sono, quindi, la nuova letteratura; i videogame sono la nuova letteratura; naturalmente anche la musica è la nuova letteratura (Bob Dylan, no?); a volte, le pubblicità sono la nuova letteratura. Soprattutto, storia vecchia, la televisione è la nuova letteratura.

storyboard mosaic soderbergh

Lo storyboard di Mosaic è complesso. (via)

Ci mutava antropologicamente, ma oggi, sostiene Amanda D. Lotz, l’idea che abbiamo della tv riflette logiche culturali ferme agli anni ‘50. Non funziona più come un mezzo di comunicazione di massa, sono cambiati tutti i paradigmi. Di recente (mentre si parla di golden age) tutto è più veloce. Nel 2003, riporta Lotz, Les Moonves (Cbs), sosteneva che “il mondo come lo conoscevamo è finito”. L’industria televisiva accarezza il sogno sovietico di una continua rivoluzione permanente. E ogni rivoluzione, oltre che di un ballo, ha bisogno di avanguardie e alfieri. Steven Soderbergh è tra questi.

soderbergh cannes mosaic

Lo prova la sua storia: con Sesso, Bugie e Videotape vince la Palma d’Oro a Cannes: al tempo, il più giovane. Fallisce con Schizopolis; poi Erin Brokovich; Traffic (vince un Oscar); gli Ocean’s; Bubble, per cui l’hanno chiamato “copertina della generazione Sundance”. Dietro i Candelabri, uscito direttamente in tv. È il più nerd tra gli auteur, ma sempre diverso da sé. Dichiarava: “Io provo sempre ad approcciarmi a un nuovo film come se dovessi distruggere tutti quelli che sono venuti prima”. Decide di darsi alla pittura e smetterla: dura poco, letto il soggetto di The Knick, lo ha trasformato in una serie.

Ora, con Hbo, ha lavorato a Mosaic, una serie interattiva che ha l’obiettivo di rivoluzionare il modo in cui guardiamo la televisione e con cui, ancora più ambiziosamente, fruiamo delle storie.

Mosaic è sia un’app, sia una serie. Ma è prima un’applicazione. Ha debuttato sugli smarthpone a novembre, mentre dal 22 gennaio una versione ‘lineare’ della storia si può vedere su Hbo (in Italia dal 30 gennaio su Sky Atlantic). È un giallo con al centro l’omicidio di Oliva Lake (Sharon Stone) e le indagini per scoprire il colpevole, ambientato a Park City, la città del Sundance. Nell’applicazione, la storia è introdotta da un primo video, ma dopo la narrazione si fa interattiva: l’ordine, la prospettiva, il punto di vista sono lasciati all’utente. Ci sono dei momenti di scelta in cui la storia si biforca si ha un ruolo attivo. Il giallo è il genere che ci si presta meglio: una modifica della prospettiva cambia la catena di indizi del processo deduttivo.

Oltre ai video ci sono documenti, immagini, articoli attraverso i quali cercare di capire il colpevole. L’Hbo – riportava il Post – se n’è innamorata tanto da non permettere a nessuno di uscire dalla stanza senza un contratto firmato. Sarà un primo esperimento, ma ce ne sono già in cantiere altri. Infatti, è un universo chiuso: non ci sarà una proliferazione di diversi finali. Il regista ha dichiarato di voler mantenere il controllo della storia. I fili sono annodati, ma è lui che li gestisce. Il riscontro è stato positivo, ma a qualcuno questo non è piaciuto. Su Slate, Inkoo Kang, ha una visione sfaccettata: pur parlando di fallimento è un “nobile fallimento”, che “forse sarà visto in futuro come il primo esperimento di un nuovo medium”.

In ogni caso, sembra poter rivoluzionare (di nuovo!) la televisione: e sarà ancora più interessante capire come si contamineranno l’esperienza dell’app con quella della serie lineare. Soderbergh non si è sbottonato, dichiara che si vedrà in tv come ha risolto la questione. Ma, come dice Marco Gui (che si occupa di Sociologia dei media e  ha pubblicato, tra gli altri, A dieta di media, Il Mulino, 2014), l’uso di un secondo schermo è già una tendenza affermata. E che gli universi narrativi vivano in diversi formati, ognuno con le proprie potenzialità, è ormai la norma (la cultura convergente). Quando la tecnologia lo permette, ci sono nuove rivoluzioni. Staremo a vedere, davanti allo schermo, magari coi pop-corn (salvo avere le mani occupate: dal telefono).

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