Debutta un nuovo inserto culturale, “Finzioni” del quotidiano “Domani”, presentato come un mensile “di racconti e saggi dedicato alla nuova scrittura”. Ecco cosa ci sarà nel primo numero, e un estratto in anteprima dall’inedito di Tiziano Scarpa…

Con un’anteprima giovedì 19 maggio al Salone del Libro di Torino, e in edicola dal 21 maggio, fa il suo debutto un nuovo inserto culturale, Finzioni del quotidiano Domani, presentato come un mensile “di racconti e saggi dedicato alla nuova scrittura”.

Nelle 32 pagine, a cura di Beppe Cottafavi, spazio a racconti, saggi narrativi, filosofici e scientifici (anche in collaborazione con Il Tascabile), poesie e fumetti, e “cabaret culturale” (con Chiara Galeazzi, Alessandro Gori e Adelphighetti, nel primo numero).

Finzioni è inoltre arricchito dai ritratti e dai disegni di Tullio Pericoli.

Sempre nel primo numero spazio ai racconti di Teresa Ciabatti, Jennifer Egan, Chiara Tagliaferri, Ginevra Lamberti, Letizia Pezzali, Viola Di Grado, Eleonora Marangoni, Tiziano Scarpa, Nicola Lagioia e Luca Ricci.

Ci sono poi i “racconti urbani” di Jonathan Bazzi e Francesco Pacifico, che si soffermano rispettivamente su Rozzano e sul Pigneto.

Non solo narrativa contemporanea: un racconto di Antonio Delfini è accompagnato da due pagine inedite di Natalia Ginzburg e di Pier Paolo Pasolini, dedicate proprio allo scrittore modenese.

Nel debutto di Finzioni ci si imbatte nella “grammatica essenziale” di Ennio Flaiano, nelle visioni dei fratelli D’Innocenzo, nelle tavole di Fumettibrutti, e ci si può soffermare sulle immagini di Gianluigi Toccafondo e di Luca Zamoc.

“Finzioni è una rete dedicata alla nuova scrittura. Per ascoltare il sound della contemporaneità. È un laboratorio senza centro né gerarchie per provare a spostare un po’ d’immaginario. In un momento difficile. Tra guerra e malattia. Senza farsi scoraggiare. Per capire cosa sia reale e cosa sia simbolico. E scorgere l’inedito e il possibile. Provando a raccontare. Perché la vita, l’arte, la scienza, la politica si possono raccontare. Anche il sesso, l’amore, la morte. Persino l’internet e i social“, sottolinea il curatore Cottafavi. Che per la scelta del titolo, che subito porta la mente ai racconti di Jorge Luis Borges, ringrazia Walter Siti.

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Pubblichiamo, per gentile concessione della testata, l’incipit del racconto di Tiziano Scarpa

A carte scoperte

di Tiziano Scarpa

Chiama Beppe e mi fa: «Vorrei un racconto da te». «Un articolo, vuoi dire?» gli chiedo (ma nel frattempo il racconto l’ho scritto, eccolo, contiene qualcosa che nessun italiano ammette mai, vi racconterò quella volta che non mi si è drizzato l’uccello).

«No, no, un racconto. Stiamo per uscire con un nuovo supplemento del giornale. Lanciamo il primo numero al Salone del libro».

«Bel colpo».

«Avrà molta visibilità. Quindi dacci dentro».

Panico. Marasma. Ansia da prestazione a mille. La telefonata con Beppe prosegue commentando i candidati al premio Strega di quest’anno. «Ce ne sono solo due o tre di impianto veramente contemporaneo», dice lui. «A me interessa quello, nei romanzi, che siano davvero contemporanei».

Allora racconto qualcosa di contemporaneo, così lo faccio contento. Che cos’è contemporaneo? Questa la so. Contemporaneo è giocare a carte scoperte. Non ci va più di raccontarci frottole, ormai lo sappiamo cos’è che fa muovere le cose e le persone, quali sono i meccanismi, gli interessi, è inutile nascondersi dietro un dito, eccetera. I nostri padri e madri dovevano fingere, lo facevano per tenere in piedi la baracca, i rapporti sociali funzionavano così, e infatti guarda che schifezza ci hanno consegnato, un mondo incrostato di ipocrisie. Noi non ci stiamo più, a fare finta.

Perciò racconterò apertamente che questa roba che state leggendo serve a lanciare il nuovo supplemento, lo so io e lo sapete anche voi. Che palle, però. Mica vorrò fare letteratura sulla letteratura, scrittura che parla di sé stessa, metacomunicazione. Per carità. Qui ci vuole una storia. Ce l’ho, una storia?

Il segreto necessario

Questa cosa di giocare a carte scoperte c’entra con una storia che mi ronza in testa da settimane.

(Poi vedrete che alla fine ne ho scelta un’altra, quella dell’uccello che non mi si rizza, ma intanto sentite questa).

C’è una persona, non so ancora se uomo o donna, che sente il bisogno di avere un segreto. Ma non dev’essere un segreto del suo passato. Dev’essere un segreto attuale, un segreto attivo. Qualcosa che fa di nascosto. Come mai ne ha bisogno? Perché la società si fa sempre più “stretta”, come diceva Leopardi (già all’epoca; figurarsi oggi, con i social, gli smartphone, eccetera), tutti stanno a stretto contatto con tutti, tutti sanno tutto di tutti, e il protagonista del mio racconto (facciamo che è un uomo, mi riesce più facile) sente che quest’epoca lo consuma, lo sgretola; non gli lascia nessuna zona d’ombra, un guscio solo per lui, dove possa dire: «Ecco, questo sono io. Non lo sa nessuno che io sono così, e che di nascosto faccio questo; esiste ancora un posto, nella mia vita, dove io sono io e non sono in balìa degli altri; quest’epoca non si è mangiata tutto quanto».

(continua nelle edicole online e digitali…)

 

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