Gianfranco Calligarich, giornalista, sceneggiatore e scrittore, è venuto a mancare all’età di 85 anni – I particolari
Nato ad Asmara (nell’odierna Eritrea) nel 1939, cresciuto prima a Milano e poi a Roma, è venuto a mancare Gianfranco Calligarich, come scrive la casa editrice Bompiani sui propri social.
Noto per la sua attività di giornalista e sceneggiatore (Storia di Anna, La casa rossa, Tre anni, Il colpo e Piccolo mondo antico tra le opere più di successo firmate per la Rai), Calligarich ha fondato a Roma il Teatro XX Secolo nel 1994.
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Intensa anche l’attività di scrittura: tra le sue opere più note (pubblicate da Bompiani) L’ultima estate in città (originariamente pubblicato da Garzanti nel 1973), Posta prioritaria (2015), La malinconia dei Crusich (2016), vincitore dei Premi Viareggio-Rèpaci e Fiuggi, Quattro uomini in fuga (2018), Privati abissi, vincitore del Premio Bagutta 2011, e Una vita all’estremo (2021).
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In una lunga intervista a Pulplibri, nel 2019, lo scrittore aveva raccontato: “Non ricordo, nella mia infanzia, che qualcuno mi abbia mai raccontato una favola. Ultimo di tre fratelli più grandi di me di dieci e tredici anni la mia infanzia è stata una sorta di prigione comandata da mio padre, uscito da sei anni di prigionia nel deserto egiziano, e accudita da mia madre, alle prese con quattro maschi in casa in una vita resa per tutti difficile da un mondo da ricostruire dopo la distruzione provocata dalla Seconda guerra mondiale. Per cui non c’era tempo per le favole e la mia solitudine di ultimo arrivato era totale e piena di paure. Poi i miei fratelli più grandi avevano cominciato a portare a casa degli oggetti misteriosi e in cui si immergevano assenti da tutto quello che li circondava prima di riporli in uno scaffale. Si chiamavano libri ed era stato intorno i dieci anni e steso a letto per una influenza che ne avevo preso uno e mi ero messo a leggerlo. Era Come era verde a mia vallata di Richard Lewellyn e, totalmente preso da quello che leggevo, quando lo avevo finito mi ero ritrovato così smarrito nel mio mondo abituale che immediatamente lo avevo ricominciato da capo. Era stata la mia prima favola e si chiamava letteratura. Da quel momento avrei deciso di raccontarmi favole, vale a dire mi ero messo a scriverne anch’io dando un corso tumultuoso alla mia vita marinando la scuola per chiudermi alla Biblioteca Nazionale di Milano a leggere e scrivere come un pazzo…”.
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E sul suo debutto, nella stessa intervista, aveva ricordato: “Da poco superati i vent’anni e in rotta con la famiglia, a causa della mia scioperataggine che mi aveva fatto smettere di andare a scuola, dove, del resto, ero stato regolarmente bocciato, mi ero trasferito a Roma per fare il giornalista, venendo letteralmente travolto dalla sua bellezza e dalla libertà della città al punto di rifiutarmi di tornare a Milano, dove il giornale mi aveva richiamato e venendo licenziato, regalandomi due anni di fame e di pressoché totale povertà. Ma avevo deciso di scrivere un romanzo sulla città e così era nato L’ultima estate in città. Rifiutato da tutti gli editori, una sera lo avevo lasciato nella portineria di Natalia Ginzburg che mi aveva telefonato la mattina dopo dicendomi che lo aveva letto durante la notte e che le era piaciuto molto. Era stata lei, facendomi vincere il Premio Inedito, a farlo pubblicare da Garzanti. Il libro, uscito in piena estate, in due mesi aveva venduto 17.000 copie ma non era stato ristampato e io, deluso e necessitante di soldi, avevo cominciato a fare lo sceneggiatore…”.
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Fotografia header: Gianfranco Calligarich, foto di Leonardo Cendamo-Getty Images (25/11/2024)