Diminuiscono i lettori forti, crescono quelli occasionali. In attesa della presentazione del Rapporto Istat sulla lettura in Italia, il Giornale della libreria ha anticipato alcuni dati – Riprendiamo l’analisi di Giovanni Peresson (Aie), che entra nei dettagli di questa “(timida) inversione di tendenza”

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dal Giornale della Libreria (che ci ha gentilmente concesso di riprenderlo integralmente).

Nel 2015 la lettura di libri (esclusi gli e-book) è tornata, dopo due anni, a crescere. L’annuale indagine di Istat indica una ricomparsa del segno positivo: +1,7% rispetto al 2014. Così, se nel 2014 era il 41,5 della popolazione a dichiarare di aver letto almeno un libro non scolastico nei 12 mesi precedenti, questo valore è salito, nell’anno appena concluso, al 42%.

In questi anni (dal 2011 al 2013) si erano «persi» 2,4 milioni di lettori di libri di carta. Lo scorso anno vi sarebbe stato invece un recupero di circa 412 mila lettori. È probabile, considerando anche coloro che hanno letto libri in formato digitale, che il saldo possa essere leggermente maggiore: potremo verificarlo non appena verranno diffusi i dati più analitici dell’indagine.

Le linee del profilo del mercato restano comunque immutate:
leggono più le donne (48,6%) degli uomini (35%);
più i giovani (53,9% tra i 15-17enni) rispetto alla media nazionale (42%);
si legge di più nelle aree del nord ovest (49,6%) e del nord est (48,8%) rispetto a quelle del sud (28,8%) o delle isole (33,1%);
– il 56,4% degli abitanti (+6%) del Trentino Alto Adige e il 51,3% di quelli del Friuli Venezia Giulia hanno letto nel 2015 almeno un libro, contro il 25% di quelli della Calabria, il 27,5% di quelli di Campania e Puglia, il 31,1% di quelli della Sicilia.


Il 42% della popolazione italiana nel 2015 avrebbe letto almeno un libro non scolastico (sono esclusi gli e-book) nel corso dell’anno. Meno, molto meno della metà della popolazione italiana con più di sei anni. Di per sé sarebbe una notizia della quale non gioire particolarmente, soprattutto se si considera il confronto con gli indici di lettura di altri paesi europei.

Il fatto è che, dopo due anni di catastrofici risultati in cui si è passati dal 46,1% di lettori nel 2012 (dato di per sé già non entusiasmante) al 41,5% del 2014, per la prima volta nel 2015 si è registrata una (timida) inversione di tendenza. Avevamo perso 2,451 milioni di lettori e ne abbiamo ritrovati (viene da chiedersi se siano gli stessi) circa 412 mila. Prendiamolo come un altro piccolo segnale che sta a indicare al settore che la fase recessiva è ormai alle spalle. Ora si tratta di recuperare il terreno perduto in un contesto – di consumi, aspettative, comportamenti, disponibilità di spesa, penetrazione delle tecnologie e capacità legate al loro uso – profondamente diverso da quello del 2010. Il «paesaggio dopo la tempesta» è mutato. A cominciare dalla «domanda».

Intanto i primi dati alcune cose iniziano a dircele. Il recupero c’è stato soprattutto tra i lettori occasionali – quelli che leggono un libro ogni quattro mesi (+1,7% rispetto al 2014) – e quelli «medi» (da 4 a 11 libri l’anno) che fanno segnare un +3,1%. Due gruppi di popolazione che (un po’ a spanne) possiamo immaginare come forti utilizzatori di smartphone piuttosto che di libri. Su queste fasce di popolazione non è da escludere che abbiano in qualche misura agito anche le diverse iniziative e campagne di promozione della lettura dell’anno scorso, e che hanno comunque avuto il merito di collocare la lettura in una dimensione più medializzata.

Diminuiscono – questo sì – i forti lettori (quelli che leggono più di un libro al mese): dal 14,3% del 2014 scendono al 13,7% del 2015: un -2,5% attratto probabilmente da altre forme di lettura e di consumo (anche culturale) e da una destinazione diversa del tempo libero (dai musei alle nuove forme di serialità televisiva, fruibili da piattaforme digitali e device mobili, alla lettura su e-reader o tablet).
Piuttosto, in riferimento a un arco temporale più lungo (2011/2014), la lettura di libri sembrerebbe ormai diventata una questione per anziani più che per giovani.

Certo, gli 11-14enni e i 15-17enni leggono nel 2011, e anche nel 2014, ben più della media nazionale della popolazione (il che è di per sé una riflessione da tenere presente quando si vanno a proporre manichee contrapposizioni tra lettura di libri, uso del tempo e disponibilità tecnologica). Ma è comunque rilevante che le perdite maggiori si siano avute trasversalmente alle fasce di età, ma solo fino ai 55-59 anni, dove le due curve – nonostante i quattro anni che le separano – tornano a sovrapporsi. Anzi, nel 2015, i «vecchi» leggono un pochino di più di quanto non facevano quattro anni prima.

In calo tutte le altre fasce di età: 6-10 anni dal 51,8% al 44%; 11-14 anni dal 62% al 52,1%, 15-17 anni dal 58,5% al 53,9%. Per loro la lettura di libri resta un elemento importante nella composizione del tempo libero, ma molto meno rilevante di quanto non lo fosse quattro anni fa!

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