Jim Thorpe viene considerato ancora oggi il più grande atleta americano di tutti i tempi, capace di conquistare, alle Olimpiadi di Stoccolma del 1912, due medaglie d’oro nelle discipline multiple dell’atletica leggera, pentathlon e decathlon (ma è stato protagonista anche nel baseball e nel football). Fino ad arrivare alla comparsa a Hollywood, dove ha organizzato e guidato un sindacato per tutelare i diritti dei nativi americani sui set cinematografici… A raccontarne la vita, nel libro biografico “Afferrare un’ombra”, è Tommaso Giagni, autore classe ’85. – Su ilLibraio.it un estratto

Il nome di Jim Thorpe (che potrebbe risultare sconosciuto a molti lettori) riecheggia prepotentemente nella storia dello sport americano.

Cresciuto nei primi anni del Novecento, quando il governo degli Stati Uniti lanciava una massiccia campagna di assimilazione dei nativi sopravvissuti ai massacri del secolo precedente, Jim Thorpe viene considerato ancora oggi il più grande atleta americano di tutti i tempi, capace di conquistare, alle Olimpiadi di Stoccolma del 1912, due medaglie d’oro nelle discipline multiple dell’atletica leggera, pentathlon e decathlon.

Afferrare un'ombra di Tommaso Giagni

A raccontarne la vita in Afferrare un’ombra (minimum fax) è Tommaso Giagni, autore classe ’85 di opere come L’estraneo e Prima di perderti (Einaudi, 2012 e 2016) e I tuoni (Ponte alle Grazie, 2021). Giagni, tra le altre cose, ha partecipato alle antologie Voi siete qui e Ogni maledetta domenica (minimum fax, 2007 e 2012), Roma capoccia (DeriveApprodi, 2005), La caduta dei campioni e Rivali (Einaudi, 2020 e 2022) e Data di nascita (Solferino, 2022).

Racconta in questo volume la storia delle medaglie olimpioniche, che furono consegnate a Jim Thorpe personalmente dal Re di Svezia e che gli vennero poi tolte perché aveva giocato a baseball da professionista, ossia in cambio di un modesto compenso in denaro che gli consentisse di sbarcare il lunario.

Ma non solo: prima ancora di Stoccolma Jim Thorpe aveva trascinato la squadra di football della scuola Indiana di Carlisle, in Pennsylvania, a una clamorosa serie di successi, compresa una vittoria schiacciante contro gli avversari dell’Accademia Militare degli Stati Uniti, tra i quali spiccava il nome di Dwight Eisenhower.

Fino ad arrivare alla comparsa a Hollywood, organizzando e guidando un sindacato per tutelare i diritti dei nativi americani sui set cinematografici. Tommaso Giagni ricostruisce la vita di un personaggio affascinante e irripetibile, unendo il rigore della ricerca storica alla padronanza della narrativa. E costruisce una biografia che getta una nuova luce su Thorpe ma anche sull’America della prima metà del Novecento, tra razzismo, eugenetica e intrattenimento di massa.

Jim Thorpe (1888 - 1953)

Jim Thorpe (1888 – 1953)

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo un estratto:

Il corpo di Jim Thorpe ha la testa rivolta a Ovest. È dentro una bara scura e ingombrante, al centro di una capanna cerimoniale. La bara è stata pagata dall’impresa di pompe funebri, il titolare è appassionato di baseball. Quanto resta di Thorpe calza mocassini di pelle di daino, indossa una giacca di pelle di daino che è drappeggiata di perle, accanto ha un’ala d’aquila. Tiene, tra le grosse mani, tabacco consacrato da membri eminenti della sua nazione nativa – i Sac e Fox. Nell’aria fumosa c’è odore di mais, di carne di pollo, di manzo e di cervo. È la prima volta che tutti i figli dei suoi matrimoni sono riuniti. Invece non c’è nessuna delle mogli, neanche l’ultima – la vedova, Patricia. Sulle pianure appena fuori Shawnee, in Oklahoma, è la sera di sabato 12 aprile 1953.

All’inizio della settimana, il corpo è stato esposto in una camera ardente a Los Angeles. Circa tremila persone sono passate a omaggiare Jim Thorpe, molta gente di Hollywood. Sotto una lastra di vetro, stringeva un rosario, anche se da vivo non è mai stato un cristiano devoto. Ora i nativi anziani nella capanna celebrano riti della tradizione, intorno ai suoi resti mortali, tra antiche canzoni e preghiere. Su un fuoco sacro viene gettato tabacco. Qualcuno racconta vecchie storie a proposito di Thorpe. I figli, in accordo con Patricia, hanno deciso che verrà sepolto nel vicino Garden Grove Cemetery, a un miglio circa dalla casa in cui nacque, lo stesso cimitero dove sono le tombe del padre e del fratello Charlie. Il funerale andrà avanti per l’intera notte: solo con l’alba il corpo verrà trasportato fuori dalla capanna, attraverso una porta rivolta a Ovest per lasciare libero lo spirito. Ma il buio è appena sceso quando il funerale viene interrotto.

Patricia Askew detta Patsy è con la polizia, un carro funebre e alcuni uomini in giacca e cravatta. Un silenzio incredulo li circonda: nessuno riesce a fiatare perché l’interruzione è un atto sacrilego, un oltraggio al defunto. Impedisce allo spirito di andarsene, lo trattiene sulla terra. Poi la vedova parla e le sue parole risuonano incongrue come in certi sogni: dice che fa troppo freddo perché il marito possa rimanere lì. Dice agli uomini che l’hanno accompagnata di caricare il corpo e portarlo via. E davvero, poco più tardi, la capanna rimane vuota e le luci del carro funebre si allontanano sulla strada. Nemmeno i Sac e Fox più saggi, nemmeno dopo decenni, avranno argomenti teologici per spiegare dove si trovi lo spirito di Jim Thorpe.

Il corpo ricompare la mattina dopo, nell’incenso stucchevole della chiesa cattolica di Shawnee. Alla messa partecipano ottocento persone.

Probabilmente, Patsy ha trascorso sveglia le ultime ore, dopo aver disonorato la cultura del marito ed essersi avvalsa della forza pubblica per violare lo spazio più privato di una larga, sbrindellata famiglia. Ha deciso cosa sia meglio per lui, mettendo i privilegi di vedova davanti al parere dei discendenti. Soprattutto, pur mancando volontà scritte, davanti al probabile desiderio dello stesso Jim Thorpe. E secondo i principi dei Sac e Fox, è importante seppellire i morti dove da vivi desideravano essere seppelliti.

Quando la messa si avvia agli ultimi passaggi, Patricia deve contenere i pensieri frettolosi riguardo le prossime ore. È convinta che quel corpo, nonostante fosse già vecchio e ammaccato e ora si trovi in una bara, non smetta comunque di essere prezioso. Regalarlo sarebbe sminuirne la vita e la memoria: il cadavere deve guadagnarselo chi è pronto a riconoscergli un valore. Per questo, uscita dalla chiesa, Patsy corre a cercare acquirenti. È una specie di gara contro la decomposizione e il buio che seguirà, inevitabilmente, all’ultima scintilla d’interesse mediatico per Thorpe.

La prima trattativa è con lo Stato dell’Oklahoma, un’ipotesi lineare perché in quella terra Thorpe è nato. La vedova si azzarda a chiedere 25.000 dollari di denaro pubblico. Il governatore Johnston Murray è il primo uomo d’origini native alla guida di un esecutivo statale negli Usa, e conosce l’importanza di Jim Thorpe. Ma finisce per rifiutare: troppi soldi.

Patsy, delusa, non mostra cedimenti. Parcheggia le spoglie in una cripta a Shawnee, poi a Tulsa. Gli addetti delle pompe funebri le hanno spiegato che si conserveranno alla perfezione per almeno un anno e mezzo. Declina un’offerta, arrivata da un’istituzione nuova che punta a riunire celebri nativi americani in una hall of fame a Anadarko, sempre in Oklahoma. Patsy vuole un memoriale separato, che non abbia intorno figure importanti a distrarre – a contendere la concentrazione dei visitatori. È come se per lei il luogo di sepoltura di Thorpe debba rispondere a logiche di spettacolo.

Si orienta sulla Pennsylvania, seguendo il filo cronologico della vita di Thorpe. Ma nemmeno a Carlisle, la cittadina che può vantare di averlo allevato da studente e di averne scoperto il talento sportivo, si trova un accordo: le richieste della vedova sono considerate eccessive. Patsy va allora a cercare soluzioni nei dintorni. Tentativi senza vero criterio. Sbatte contro i rifiuti di Pittsburgh, di Harrisburg, di Philadelphia.

I figli di Thorpe, nel frattempo, non possono che aspettare furibondi lo svolgimento delle trattative. Insultati dalla violazione del rituale nativo, sono ora spossessati di qualunque decisione.

All’improvviso, poi, Patsy raggiunge un accordo per la sepoltura. Ce l’ha fatta. È trascorso quasi un anno dalla morte del marito. A comprare le spoglie sarà una cittadina dove Jim Thorpe non ha mai messo piede.

Tommaso Giagni, Afferrare un’ombra. Vita di Jim Thorpe, minimum fax

(continua in libreria…)

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