Perdita dell’innocenza, violenza, solitudine, ma anche riscatto, ribellione e speranza: sono questi i temi affrontati in “L’avversione di Tonino per i ceci e i polacchi”, romanzo d’esordio del giornalista Giovanni di Marco, che racconta la storia di un bambino diventato adulto troppo in fretta
Perdita dell’innocenza, violenza, solitudine, ma anche riscatto, ribellione e speranza: sono questi i temi affrontati in L’avversione di Tonino per i ceci e i polacchi (Baldini+Castoldi), romanzo d’esordio del giornalista Giovanni di Marco, che racconta la storia di un bambino diventato adulto troppo in fretta.
Siamo in un paesino dell’entroterra siciliano: Tonino ha sette anni, è curioso, intelligente e vitale, e ha una passione smodata per la Juventus. Il giorno in cui si celebra il funerale di sua madre, la gente non parla d’altro che dell’attentato a Karol Wojtyla. Ma in quel momento, il piccolo sta provando una rabbia e una confusione che scavano nel suo animo, lasciando cicatrici profonde.
Tonino pare destinato al ruolo di vittima: non solo in quanto orfano, ma anche perché da lì a breve riceverà le attenzioni morbose di Padre Alfio. In risposta agli abusi, e quasi obbedendo a un impulso autodistruttivo, Tonino rischia di diventare il carnefice di sé stesso.
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Mentre nel mondo di fuori si ragiona di guerra fredda e si festeggia il Mondiale dell’82, dentro di lui tutto sembra andare lentamente in frantumi: le amicizie, la bellezza dell’amore, la possibilità di un futuro, il rapporto con la famiglia. Del bambino che era non rimane che un’eco lontana, che Tonino crescendo faticherà ad ascoltare, perseguitato dal senso di colpa. La sua speranza di salvezza è Tania, la giovane vicina di casa che gli farà da seconda madre, una ragazza con uno spirito indomito e un passato burrascoso, nonché l’unica persona disposta a lottare perché Tonino abbia giustizia.
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