L’amore tra due donne in un mondo patriarcale. Il confine fra desiderio e sopruso, fra cura e possesso. La lotta di classe. Questi e altri temi attraversano “Chi dice e chi tace”, il nuovo romanzo di Chiara Valerio, in corsa per il Premio Strega 2024

Nella nota che chiude il suo nuovo libro, Chi dice e chi tace (pubblicato da Sellerio nella collana “La memoria” e proposto per il Premio Strega 2024 da Matteo Motolese) Chiara Valerio ricorda come l’idea di questo testo sia nata in un periodo in cui l’autrice si è ritrovata a riflettere sui personaggi femminili di Georges Simenon.

Non a caso, la struttura cui si appoggia la storia è quella dell’indagine: il romanzo si apre con una morte inaspettata e la protagonista, Lea Russo, cerca di saperne di più e comincia a investigare.

Copertina Chiara Valerio, Chi dice e chi tace, Sellerio editore Palermo, 2024

Ma, al netto del genere narrativo cui il libro sembrerebbe orientarsi, sarebbe sbagliato catalogare Chi dice e chi tace come un giallo. Infatti, il processo che porta Lea alla ricerca e alla scoperta di informazioni sulla defunta finisce per essere un pretesto che fa da motore dell’intreccio e l’indagine, dunque, risulta funzionale a guidare la protagonista lungo un percorso di scoperta di sé e dell’ambiente in cui vive; un percorso al termine del quale anche il lettore si scopre arricchito di una consapevolezza maggiore, forse anche critica, del patrimonio culturale occidentale.

La vicenda è ambientata negli anni Novanta a Scauri, paese natale di Valerio, al confine tra Lazio e Campania. Scauri è la tipica località di provincia sul mare dove d’estate si riversano masse di turisti e villeggianti, fino a far raddoppiare il numero degli abitanti del paese; un piccolo centro dove si sa tutto di tutti e dove non esiste alcun senso della privacy o virtù di discrezione; un centro dove la diversità viene concessa solo a pochi e solo a certe condizioni, e dove non sono permessi gesti o parole fuori posto.

Lea Russo è sposata con Luigi, professore di fisica, ha due bambine ed esercita a Scauri la professione di avvocato. Una mattina, mentre si trova nel suo studio, arriva inaspettata a Lea la notizia della morte di Vittoria. Una disgrazia: un qualche incidente l’ha portata ad affogare nella vasca, proprio lei che era una nuotatrice eccezionale.

L’annuncio viene da Mara, la donna con cui Vittoria conviveva. C’erano molte voci in paese su di loro, alla luce della grande differenza d’età che correva fra le due donne: chi diceva che Mara fosse la figlia di Vittoria, chi, invece, che fosse stata rapita da lei, mentre l’ipotesi più probabile, quella di un rapporto amoroso, veniva ignorata, taciuta da questa vox populi.

In effetti, a Scauri Vittoria era stata accolta vent’anni prima quasi come un animale esotico: una donna magnetica ma bizzarra, sorda alle norme sociali; farmacista ma con competenze da medico, appassionata di botanica, generosa, decisa, spesso diffidente nei confronti dei maschi, socievole e allegra con chiunque, ma misteriosamente restia a parlare del proprio passato.

Lea Russo si considerava sua intima amica, eppure con la sua morte comincia a rendersi conto di quanto poco sapesse di lei. A questo si aggiunge la sensazione che la tragica fine di Vittoria non possa essere liquidata con l’etichetta di disgrazia, l’idea che ci debba essere di più, del volutamente celato nel non detto. In Lea matura l’ansia di scoprire la verità sulla morte e sul suo passato, tenuto così gelosamente nascosto. E insieme a questo desiderio, quasi ossessivo, si insinua in Lea il dubbio: il dubbio che questo affetto per Vittoria fosse qualcosa di più, o almeno sarebbe potuto essere qualcosa di più, che Lea avrebbe potuto prendere un’altra strada se solo non si fosse legata a Luigi, se non fosse rimasta a Scauri.

Tutte le certezze di Lea cominciano a franare, ma lei affronta questa fase di crisi senza disperazione; si pone anzi in una coraggiosa condizione di apertura verso il cambiamento, l’esplorazione di dinamiche nascoste, la scoperta di fili invisibili, ma spessi come catene, che attraversano tutta la vicenda e la comunità di Scauri.

In questo romanzo Chiara Valerio affronta un’ampia sfaccettatura di tematiche, intime e collettive al tempo stesso, che si risolvono in una denuncia delicata ma vigorosa. Chi dice e chi tace delinea un ambiente che, al netto della forza narrativa contingente legata al piccolo paese, potrebbe essere una qualsiasi realtà sociale odierna.

Emerge così l’efficacia di una storia che si fa funzione sociale, filtro per leggere e conoscere la realtà impregnata di pregiudizi e giudizi. E, a partire da tale realtà e da tale dimensione romanzesca, la scrittrice sembra invitare il lettore ad assumere un occhio vigile, critico e, laddove possibile, propositivo alla risoluzione dei conflitti insiti nel contesto descritto. Valerio lo fa nella maniera più naturale e letteraria possibile: senza forzature, con una prosa leggera, elegante, e uno stile analitico.

Al centro del romanzo c’è, innanzitutto, l’amore tra donne, in tutte le sue sfaccettature: l’amore passionale, ma anche quello filiale, l’attrazione, l’amicizia, la complicità. A questo si intreccia il tema delle difficoltà dell’essere donna in un mondo patriarcale, tanto più se piccolo e chiuso, avendo un desiderio di emancipazione di cui Vittoria è l’emblema. Un desiderio che Lea, sposando Luigi, ha dovuto abbandonare per alcuni aspetti della sua vita.

In qualche misura c’è anche la lotta di classe: Lea e Luigi sono iscritti al Partito Comunista, in un mondo che si è ormai avviato pienamente verso un’ottica capitalista, “un posto dove accudimento e cura cominciavano ad avere un prezzo” e dove, quindi, le differenze fra classi sociali si fanno più evidenti e problematiche.

Il tema principale, tuttavia, è quanto sia sottile il confine fra desiderio e sopruso, fra cura e possesso: “Tutte queste cose insieme e una per una mi avevano fatto cadere nella trappola che cominciavo a intravedere in questa storia e cioè che premura e seduzione hanno gli stessi gesti. Farmaco e veleno”.

Farmaci e veleni sono composti degli stessi ingredienti; cambiano semplicemente i dosaggi. Allo stesso modo, questa dimensione della cura, della seduzione e dunque del possesso usano lo stesso linguaggio: cambia solo la misura, il peso.

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Fotografia header: Chiara Valerio, credit Getty Editorial

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