Cento anni dopo il 1984 il mondo è governato da una Dittatura Democratica, una società del controllo, dove le donne hanno il potere – decisionale, sul corpo, totalitario – e i maschi sono assoggettati ai lavori manuali più pesanti e comuni e all’impollinazione in laboratorio delle Amazzoni – L’approfondimento sul romanzo del 90enne Gianni Clerici, mito del giornalismo

«Lo scontento era entrato nell’anima sua, e egli aveva mosso un piccolo passo verso l’umanità.»
(Arthur C. Clarke, 2001: Odissea nello spazio, Fanucci editore, 2016. Trad. it. Bruno Oddera)

Cento anni dopo il 1984 il mondo è governato da una Dittatura Democratica, una società del controllo, dove le donne hanno il potere – decisionale, sul corpo, totalitario – e i maschi, i vires, sono assoggettati ai lavori manuali più pesanti e comuni e all’impollinazione in laboratorio delle Amazzoni.

La distopia che Gianni Clerici scrive è il ritratto del mondo che conosciamo, risultato di profonde lacerazioni, di inettitudine e di crisi soprattutto sociale che trova la strada per reinventarsi sostituendo una dittatura maschilista e caotica in una dittatura femminista, prospera e pacifista.

2084. La dittatura delle donne

Le eroine di Gianni Clerici in 2084. La dittatura delle donne (Baldini + Castoldi, 2020) sono principalmente quattro: Livia, Evonne, Irma e Gipsy.

La prima, matriarca dedita alle arti soprattutto figurative, ha conosciuto il mondo prima, quello terribile governato dalle incertezze, dalle diseguaglianze, dal potere maschile e che un’ultima guerra e una pandemia hanno massacrato, cariandolo irrimediabilmente e proiettandolo verso un mondo nuovo.

Evonne, figlia di Livia, è l’anello della ragione, che si pone continue domande sulla giustezza della vita che sta vivendo, che va a fondo nell’analisi del prima e, cercando risposte all’istinto che l’attraversa, non riconoscendosi perfettamente con l’ordine costruito, incarna la giovinezza ribelle, aperta al futuro e a un’alternativa possibile. Se Livia è in gran parte interprete del prima, seppur critica, Evonne è il ponte verso il dopo: è portavoce del pensiero critico e, combattuta tra la ragione e il sentimento, rischia tutto per ipotecare un futuro nuovo.

Si tratta di Irma, nata con un peccato originale e per questo geniale e incompresa. Figlia di Evonne e di un vires, Vijai, Irma cela un segreto inconfessabile ed è l’evoluzione della specie, il terzo stadio dell’umanità divisa, che si ricongiunge per rifondarsi. Irma rappresenta la terza via, sia il maschile sia il femminile, accoglie in sé il mondo di Livia, i dubbi di Evonne e il futuro proiettato verso un paradigma più completo.

L’ultima eroina, Gipsy, è la gatta di casa, felino irrazionale e personificazione del caos, simbolo sfuggito al controllo delle Amazzoni, residuo degli umani di un tempo. Gipsy è clandestina, è fuorilegge, perché si accoppia come crede e partorisce dove riesce e va incontro senza regole alla sua natura felina. Gipsy è la porta verso la diversità: è lei che apre a Evonne un altro mondo possibile; è lei che dà a Livia la possibilità di non assoggettare completamente il suo pensiero alla Dittatura Democratica – Livia non la registra, non la sterilizza, la lascia vivere la sua vita all’interno del suo giardino, è sua complice; soprattutto, è Gipsy la creatura più vicina a Irma, la più umana di tutte.

Il romanzo di Gianni Clerici è una continua dicotomia: fra il prima e il dopo, fra ciò che accade e ciò che si cela, fra l’ammissione di una colpa e il segreto della stessa e fra il mondo in cui viviamo e quello che potremmo immaginare. Come la più classica delle distopie restituisce una “soluzione” al tempo presente, alle inquietudini che lo attraversano e lo fa con un universo distopico in cui tutto ha il suo ribaltamento nella realtà e la finzione narrativa, a guardar bene nel profondo, diventa cronaca.

L’autore-Clerici sembra suggerirci che ogni dittatura contiene un ossimoro e ogni ossimoro è al tempo stesso acuto e sciocco, nel descrivere la realtà che siamo abituati a conoscere. L’autore non ci lascia molta speranza nel futuro, se la realtà continua a essere contraddittoria per definizione, anche quella costruita per prosperare; come non sembra riservare alcuna fiducia nei robot che regolano la nuova vita del 2084, dato che le macchine si trovano impreparate ad affrontare il turbamento della passione sessuale o dell’innamoramento e cadono sconfitte ancor prima di gareggiare, mostrando i limiti della Dittatura Democratica.

Il corpo si manifesta attraverso la negazione dei rapporti sessuali, la mancanza di passione, la definizione di un solo sesso principale e lecito, l’assoggettamento dei vires a partire dalla principale dicotomia su cui si fonda questo romanzo breve e l’ordine del nuovo mondo: femmine vs. maschi, nel senso più anatomico possibile.

  1. La dittatura delle donne non ci lascia una previsione, ma solo una possibilità e non capiamo se, in fondo, l’essere umano sia pentito o meno di aver tralasciato l’amore, l’avventura, la passione e l’imperfezione che rendeva il mondo sì caotico, ma pulsante.

La Dittatura Democratica dimentica l’esistenza umana, il Cerebrorobot non la contempla, ma rilascia giudizi oggettivi e asettici. I vires sono lasciati a immaginare una ribellione e una lotta partigiana, ma Livia, Evonne, Irma e Gipsy tentano il difficile equilibrio di vivere nel mondo nuovo che hanno contribuito a creare, credere che possa essere il migliore possibile, e separarsene, per fare forse un passo indietro, per trovare, chissà, una via di uscita alternativa, per rendere la realtà più significativa.

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