“Economia sentimentale” è il nuovo libro di Edoardo Nesi, vincitore del Premio Strega 2011. Grazie a “Storia della mia gente”: lo scrittore toscano torna in libreria con una storia che parla di tutti noi, del paese in cui viviamo, del momento storico che stiamo attraversando e delle difficoltà economiche che, ora più che mai, ci rappresentano… – Su ilLibraio.it un estratto dal libro, in cui l’autore dà voce all’economista ed ex ministro del lavoro e delle politiche sociali Enrico Giovannini

Tra le tante disparate conseguenze della pandemia, la più evidente è stata la messa a fuoco di situazioni sociali ed economiche insostenibili, che esistevano ben prima del coronavirus, ma sono diventate in qualche modo innegabili durante il 2020: Economia sentimentale (La Nave di Teseo), il nuovo romanzo di Edoardo Nesi, parla di questo.

Economia Sentimentale Edoardo Nesi

Scrittore toscano classe ’64, Nesi ha vinto il premio Strega nel 2011 grazie a Storia della mia gente (Bompiani), in cui raccontava la storia del settore tessile nella sua città natale, Prato, strettamente intrecciata con quella della sua famiglia, e di tante altre famiglie e aziende che avevano subito lo stesso destino; oggi, nel corso di una delle prove più ardue che l’economia italiana abbia dovuto affrontare, Nesi si rivolge nuovamente ai lettori che si erano appassionati a quel libro, che era allo stesso tempo un’autobiografia, un romanzo, un saggio economico.

Oggi, dieci anni dopo, Nesi ritorna sui suoi passi: Economia sentimentale eredita la lezione impartita da Storia della mia gente e ne trae il racconto di un paese che si trova a fare i conti con problemi ignorati troppo a lungo, un paese messo in ginocchio da problemi che esistevano ben prima del virus e non hanno nulla a che fare con esso, al di là del ruolo giocato dalla pandemia nell’esacerbare la situazione.

Traduttore, politico, autore, tra gli altri, di La mia ombra è tua (La nave di Teseo), L’età dell’oro (Bompiani) e Fughe da fermo (Bompiani), da cui ha tratto un film da lui diretto, Edoardo Nesi scrive di tutti noi: piccoli imprenditori, grandi industriali, lavoratori dipendenti, freelance, ristoratori, disoccupati, precari, per tutti coloro che hanno vissuto il 2020 con il fiato sospeso, Economia sentimentale si costruisce come un grande romanzo corale che racconta la storia e le difficoltà di ciascuno, una riflessione sull’economia e sulla struttura sociale che impone al paese.

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo un estratto

Un sogno convincente

Sento Enrico Giovannini sussurrare a qualcuno che ha quasi finito, e allora mi riscuoto e guardo il foglio delle domande. Me n’è rimasta una sola, così gliela pongo di nuovo, come un bambino:

– E allora? Cosa succederà?

– Voglio essere ottimista. A patto però che quando si riparte, si riparta in modo diverso. C’è il cambiamento climatico, e va affrontato subito, non è che il virus l’ha portato via. Prima parlavamo dei soldi dell’Europa che arriveranno. Ecco, se li spenderemo per ripristinare le vecchie filiere così com’erano, sbaglieremo. Se li useremo per cambiarle in profondità e renderle sostenibili, e soprattutto per costruirne di nuove, invece… Se, per esempio, smetteremo di dire e di pensare che il green sia un costo invece di un vantaggio, di un’opportunità straordinaria per far ripartire l’economia…

Lo sento infervorarsi – a modo suo, certo, con tutto il garbo del mondo – mentre avvia a elencare rammendi da fare subito all’economia e al mondo con la calma urgenza del padre di famiglia, e cerco invano di stargli dietro con gli appunti.

– Come del resto la formazione, che non ha davvero più senso considerare contabilmente un costo invece d’un investimento…

Si deve investire nella qualità delle persone, vanno inventati nuovi lavori, nuove forme di collaborazione… Vanno soddisfatti nuovi bisogni… Una trasformazione del sistema, renderlo più forte, più resiliente, più verde… Questa crisi può anche essere una straordinaria opportunità, ma non va sprecata salvando tutti indistintamente, anche gli evasori, anche chi ha spostato la sede legale in Olanda per risparmiare sulle tasse… Ci dev’essere una condizionalità per i salvataggi, e bisogna orientare gli incentivi, ma non come ora, meglio, con più coraggio, più decisione… I ruoli dello Stato e del mercato vanno ripensati, integrati… Lo Stato deve farsi sentire di più, intestarsi un potere d’indirizzo, ora che il capitalismo è fragile… Sì, è la vecchia politica industriale, si può ancora dire?… Passare all’economia circolare aumenta la produttività, non la riduce… Paghiamo molto di più per risanare i danni idrogeologici e sismici che per prevenirli, mentre la prevenzione genera occupazione, un’occupazione di qualità, tra l’altro non delocalizzabile… Non si devono tirar su nuovi grattacieli, se con gli stessi soldi si possono ristrutturare interi quartieri… Insomma, non mi voglio dilungare, ma se metteremo le basi per costruire un altro modo di vedere il mondo, e di viverci dentro, allora faremo la cosa giusta. E andrà tutto bene, davvero.

Sospiro, e deve sentirmi, perché cambia tono, e si fa accorato.

– Edoardo, un pezzo di storia è andato. Un sistema se n’è andato. Non c’è il tempo di stare troppo a pensarci, se non per imparare dagli errori fatti. Ora bisogna investire nel futuro. Nei giovani. Per i giovani. E questo vuol dire che non possiamo prendere da loro le risorse per fare le politiche che vogliamo noi. Le risorse dobbiamo metterle noi. Basta col debito. È il momento di essere generosi. E dev’esserci uno sviluppo, sì, e forte, ma deve ubbidire alla regola d’essere uno sviluppo sostenibile. Bisogna ristabilire una giustizia tra le generazioni. C’è la possibilità di farlo, credimi. Dopotutto, come sempre, basta volerlo. Fa una pausa.

– Va mostrato un sogno, certo, ma poi questo sogno va fatto diventare realtà. I progressisti, in tutto il mondo, vincono solo quando hanno un sogno convincente da raccontare, altrimenti vincono le destre, magari perché dicono di avere le soluzioni alle paure della gente, che talvolta hanno loro stessi contribuito a creare.

– Perché l’alternativa è intollerabile, – riesco a dire.

– Sì, l’alternativa è intollerabile. È questa qui, ci viviamo dentro.

E ci fa disperare, gli vorrei dire, ma non glielo dico. Voglio tenerla cara, e accesa, la fiammella d’ottimismo che m’ha regalato.

– L’intervista è finita, – annuncio, invece, e le lacrime di colpo mi si affacciano agli occhi per qualche stupida ragione sepolta dentro di me e che non mi va di raccontare. Lo ringrazio e lo saluto, e mi chiedo se sono e sarò, se saremo tutti all’altezza della rivoluzione immensa di cui parla quest’uomo tranquillo ed equilibrato.

Non so se son più vicino a capirla e approvarla senza riserve, o a temerla. Non so se è un futuro che posso abbracciare, o meglio imbracciare, come se invece d’un’idea fosse un fucile, perché per farlo prevalere ci sarà bisogno di combattere. Non so nulla, m’accorgo, sennonché, l’avessi davanti, Enrico Giovannini, Covid o non Covid, l’abbraccerei.

(continua in libreria…)

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